Il confronto si decide in periferia

Il confronto si decide in periferia

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Sarà la Milano di Sala o la Milano di Parisi, la città della continuità o quella del disincanto? Vista con gli occhi della periferia, l’immagine del futuro sfuma in una catena irrisolta di problemi, disagi, drammi, fatiche. Altro che innovation district . Nel seggio di via Monte Velino, quartiere Molise-Calvairate, una vecchia scuola che i disegni degli alunni alle pareti rendono dolce, non ci sono i tracciati globali della smart city: si parla di stranieri e di tasse, di abusivi e di spaccio, di case e sicurezza. Gente sofferente, carrozzelle, invalidi, anziani. Una precarietà che non grida, un disagio rispettoso: «Guardi come sono ridotte le case in via degli Etruschi…». Andiamo. Cento metri di squallore e di degrado. Appartamenti sfitti. Abitazioni occupate. Un’infilata di parabole. Cellophane sui balconi al posto delle tende. E scope. «Quando esco con il cane la sera ho paura». I citofoni anneriti parlano del meticciato in corso: El Moufarri, Konik, Ziraqui, Martinez, Riviera. Il centro sociale è chiuso, ma un gruppo di ragazzi staziona sulla porta. Più avanti c’è piazza Insubria: vent’anni fa nei giardinetti, i coetanei cadevano come mosche. Eroina. «Oggi c’è un parco, i giochi dei bambini, le coppie che mangiano il gelato», dice una signora che rivendica l’orgoglio di quartiere. «Non mi chieda per chi voto, la mia battaglia è un’altra: non voglio assimilare case popolari a degrado. Le persone che ci vivono sono magnifiche, ma il senso di abbandono che dura da anni ci fa sentire cittadini di serie B».

Ore 19. Piove, al seggio aumenta la ressa. Giovani coppie, studenti, ragazze con le zeppe ai piedi e l’anellino al naso: è quasi una divisa. La Milano di Sala o la Milano di Parisi? «A noi basterebbero meno promesse, più pulizia e meno smog». Qui sembra tutto difficile. Passa l’ex preside della facoltà di Medicina, Guido Coggi. Abita in una via a fianco. Case curate, giardini, il parco Alessandrini, regalo delle giunte Albertini e Moratti, un’oasi verde intitolata al magistrato assassinato da Prima Linea. Com’è possibile? «Ci vorrebbe più cura, una maggiore manutenzione, smettere di scaricare problemi nella zona».

Molise Calvairate è un deposito di errori. Più in là, in piazzale Cuoco, l’anarchia politica ha lasciato crescere un suk metropolitano, al quale si è aggiunto un mercato che qui chiamano il mercato dei ladri, e un tendone che ospita il Ciak, storico teatro sfrattato da Città Studi. La domenica mattina è un delirio. Gli abusivi vendono direttamente sul marciapiede. Il Comune ha promesso un intervento: toccherà al successore di Pisapia. «È possibile fare qualcosa soltanto se c’è la volontà», dice Elisabetta Carattoni, rappresentante della lista Parisi. È un avvocato, vive nel quartiere da 15 anni, spera nella svolta dei consigli di zona. In passato hanno predicato nel deserto. Anche l’irriducibile Franca Caffa, cuore e anima del Comitato Molise-Calvairate, che ha creato con una rete di volontari, doposcuola, corsi di lingue per immigrati, comitati inquilini. E non si è ancora arresa.

È una Milano che soffre per non essere quella che è, a mandare un avviso a chi sarà il nuovo sindaco. Il rammendo è urgente. «Certe situazioni vanno affrontate a prescindere dal colore politico», dice Vito Tesse, rappresentante della lista Sala. «Io vengo da via Tommei e le assicuro che le cose sono cambiate in meglio ». Via Tommei una volta era off limits. «Gli interventi fatti si vedono, l’assessore De Cesaris ha dato una bella spinta, quel che ha creato problemi alla zona è il ritardo di certi lavori…». Intorno a Calvairate c’è un elenco di incompiute. Porta Vittoria è una. L’Ortomercato un’altra: un’antica eccellenza della città. Che doveva essere ricostruito, per alleggerirne l’impatto sul quartiere. Il nuovo progetto, approvato dalle giunte Moratti e Pisapia, è stato bloccato in commissione. Ennesimo rinvio.

Ore 22. Si aprono le urne. Affluenza in calo. Una signora sbuffa: «Chiediamo più rispetto per gli italiani». Nella città che si divide tra Sala e Parisi uno scrutatore spiega: «Qui nessuno si deve sentire straniero in patria». In un portone delle case popolari è appesa una bandiera italiana. Non è quella del due giugno. È una bandiera per la legalità. «Le case occupate sono uno scandalo». Quando si parla di Aler, in Molise Calvairate, si accende una miccia. Nella Milano che va al ballottaggio, nella città che ha ritrovato fiducia e leadership, c’è un angolo buio. È la periferia, che non vuole essere chiamata periferia, e usa il voto per farsi sentire.

Giangiacomo Schiavi



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