Hollande guarda passare i treni (fermi)

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PARIGI  L’ultima carta del governo è la comparazione tra la Loi Travail, contestata dallo scorso marzo dalla Cgt e Fo con scioperi in corso e una nuova manifestazione nazionale prevista per il 14 giugno, e la versione della riforma che da ieri è nella mani del Senato, dove la destra ha la maggioranza.
«Dibattito interessante – ha spiegato Hollande – vedremo cosa la destra propone in materia di diritto del lavoro, la comparazione farà senza dubbio fare passi avanti alla ragione». La Cgt apre qualche spiraglio. Il segretario Philippe Martinez ha ribadito la richiesta del «ritiro» del famigerato articolo 2 (l’inversione della gerarchia delle norme e il primato degli accordi di impresa), ma afferma che è possibile «ridiscutere un certo numero di articoli». Martinez ammette che nella riforma «ci sono alcune cose positive», come per esempio il «conto personale di attività», che permette a un lavoratore di non perdere i diritti acquisiti cambiando posto di lavoro, che la Cgt chiedeva da tempo. Il «conto personale di attività» potrebbe non sopravvivere alla revisione del testo di legge da parte della destra al Senato, un’operazione che è considerata come una «prova generale» prima dell’alternanza del 2017.

La destra intende ridurre all’osso il diritto del lavoro, allargando gli spazi della flessibilità: verrà fissato un tetto alle indennità per licenziamento abusivo (eliminato dalla legge El Khomri), i licenziamenti per motivi economici saranno più facili (ad esempio, per le multinazionali verrà tenuto conto della situazione solo in Francia), le 35 ore saranno di fatto soppresse grazie alla possibilità di accordi di impresa. La destra non vuol sentir parlare di «conto per lavoro usurante» o della «garanzia giovani».
Hollande aspetta gli eventi, sperando in un rovesciamento dell’opinione pubblica, che resta favorevole a grande maggioranza al ritiro della Loi Travail. Più nervoso il governo, che ha fretta di chiudere questo capitolo di confusione, mentre i treni funzionano a singhiozzo anche oggi, giornata di sciopero anche nella metropolitana parigina, a una settimana dall’inizio dell’Euro16 di football, con tutti i riflettori del mondo puntati sulla Francia. Oggi scendono in sciopero tutte le 19 centrali nucleari, ha annunciato la Cgt.

L’opinione pubblica mostra segni di schizofrenia. Rifiuta la riforma del lavoro (per motivi anche opposti), rigetta Hollande, si prepara a votare per la destra (l’ex primo ministro Alain Juppé, quello del «grande sciopero» del ’95, è ampiamente in testa) e a portare Marine Le Pen al ballottaggio del 2017. Se si votasse oggi, secondo un ultimo sondaggio Cevipof, Hollande arriverebbe al primo turno solo in terza posizione, raccogliendo non più del 14% dei voti (28% invece a Marine Le Pen), cioè quasi alla pari con il centrista François Bayrou, tallonato da Jean-Luc Mélenchon (12%).

Ieri, lo sciopero nelle ferrovie è stato seguito, la direzione Sncf sostiene invece che il 17% dei macchinisti ha sospeso il lavoro, ma gli effetti si sono fatti sentire notevolmente sulla circolazione dei treni, 3 Tgv su 5 per esempio, peggio sui treni locali. La protesta potrebbe essere estesa a tutto il fine settimana. Da venerdì (a domenica), c’è sciopero dei controllori aerei a cui potrebbero unirsi anche i piloti di Air France. Nelle ferrovie, il governo ha cercato di «sminare» la situazione, facendo pressione sulla direzione perché non modifichi il contratto di lavoro in corso (in particolare il «19-6», che impedisce di far lavorare un ferroviere in riposo nel week end dopo le 19 del venerdì e prima delle 6 del lunedì). La Cfdt ha rinunciato allo sciopero. Adesso, per convincere l’Unsa, il governo promette di intervenire per alleggerire il debito della Sncf, che è di 50 miliardi di euro. I guadagni che la Sncf pensava di poter ricavare dalla flessibilità del lavoro dei ferrovieri (intorno ai 300 milioni di euro l’anno) saranno finanziati da un intervento pubblico. La destra grida allo scandalo e prevede «il fallimento» della compagnia ferroviaria pubblica, che dal 2020 dovrà far fronte alla concorrenza sui binari.

Hollande non sa fare altro che aspettare che la tempesta passi e che gli spiragli di ripresa economica si confermino. In effetti, c’è qualche segnale positivo, la crescita quest’anno dovrebbe essere dell’1,5%, la disoccupazione è diminuita per due mesi successivi. «C’è la ripresa, ma resta deludente», riassumono all’Ofce (Osservatorio francese delle congiunture economiche). In un clima di smarrimento, l’estrema destra resta in agguato.

Il Fronte nazionale non si fa sentire sulla Loi Travail, perché ha un programma economico confuso e contraddittorio, tra Marine Le Pen che promette «protezione» e l’ala liberista e anti-statalista, che resta potente.



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