La sconfitta di Pablo, l’ex indignato che sognava i palazzi del potere

by OMERO CIAI, la Repubblica | 27 Giugno 2016 9:18

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MADRID «Ancora una volta niente sorpasso», sussurra Bruno sconsolato, sulla porta del Teatro Goya, quartier generale di Podemos a Madrid. Alla fine dello scrutinio di questo secondo turno elettorale in Spagna è evidente che l’effetto Brexit c’è stato, e che la conseguenza può essere uno scenario politico ancora più bloccato di quello uscito dalle urne sei mesi fa.

Trascinati dagli exit poll, che davano per sicuro il sorpasso a sinistra di Podemos sui socialisti del Psoe, centinaia di ragazzi erano arrivati qui fin dal primo pomeriggio al Teatro Goya – una multisala, un po’ fuori dal centro, dietro lo stadio dell’Atletico Madrid e vicino al Manzanare, il fiumiciattolo della capitale spagnola – dove Podemos aveva dato appuntamento ai suoi militanti. Soprattutto universitari e ragazzi sotto i 35 anni come più del 50% dei votanti di Podemos. Ma con il passare delle ore serpeggiano solo sconforto e delusione.

L’effetto Brexit ha disinnescato la mossa di Pablo Iglesias che, alleandosi con Izquierda Unida, sperava finalmente di battere i socialisti del Psoe, rovesciando i rapporti di forza a sinistra. Doveva essere la grande novità di queste elezioni invece non lo è. Le ha vinte di nuovo Mariano Rajoy, anche se la sua rischia di essere l’ennesima vittoria di Pirro, perché è molto lontano da una maggioranza che gli consenta di formare il governo. Però la sua pervicacia è stata premiata e, probabilmente per la crisi europea, una parte consistente dei voti che aveva perso a dicembre a favore di una formazione nuova, di destra pulita, che lo aveva attaccato con successo sulla corruzione (Ciudadanos) sono tornati all’ovile. E c’è stato anche un effetto Brexit a favore di Pedro Sanchez e del Psoe, che è riuscito nella sostanza a conservare i seggi di sei mesi fa e a respingere ancora una volta “l’assalto al cielo” di Podemos.

Il vero problema però è che il voto non riesce a dare nessuna indicazione esplicita sul possibile governo. L’effetto Brexit lascia la Spagna in uno scenario ancora più bloccato di prima. Nei seggi la destra e la sinistra adesso sono praticamente alla pari e l’unica maggioranza possibile sembra essere quella di una

Grosse Koalition alla tedesca che metta insieme i popolari di Rajoy, rafforzati dal voto, e i socialisti di Sanchez. Grosse Koalition che era possibile anche sei mesi fa ma che i socialisti, nonostante i tentativi di seduzione di Rajoy, hanno rifiutato ponendo come condizione non negoziabile l’uscita di scena del leader popolare.

Verrebbe da dire che hanno perso tutti ma non è vero. Da domani, Mariano Rajoy, l’inossidabile della politica spagnola, scampato agli scandali sul finanziamento illecito del suo partito, alle mazzette ricevute come doppio stipendio, e al tentativo d’abbordaggio di Ciudadanos, potrà con maggior convinzione provare ad attirare i socialisti nei suoi piani governativi. Anche perché Paese e elettori sono stanchi. Un leit motiv,ascoltato spesso in questi giorni fra la gente, è che i politici dovrebbero vergognarsi per la loro incapacità di fare compromessi e formare finalmente un governo stabile per il bene degli spagnoli.

Così mentre lo scrutinio avanza verso la conclusione diventa sempre più evidente che il vero sconfitto è Pablo Iglesias. Il “nemico” di tutti, che i socialisti, senza peli sulla lingua, negli ultimi giorni hanno definito «un tipo spregiudicato, audace e senza scrupoli», un corsaro della politica che ha mutuato le sue regole da ring dal Muhammad Ali del «bisogna muoversi come una farfalla e pungere come un’ape». Pablo “el coleta”, per il vezzoso codino che sfoggia sulla nuca, è stato bravissimo negli ultimi mesi a muovere il suo assedio ai socialisti del Psoe. In meno di tre anni da radicale bolivariano, simpatizzante di Hugo Chávez, è diventato un alfiere della socialdemocrazia scandinava. E alla fine ha perfino rivendicato l’eredità politica di Zapatero, il leader Psoe dei diritti civili della Spagna di qualche anno fa: quella che stupì l’Europa con le sue leggi progressiste, dai matrimoni gay, all’aborto per le minorenni, al divorzio express. Alla fine però la sua cavalcata verso la conquista dell’egemonia a sinistra rimane monca.

Iniziata cinque anni nelle piazze di Spagna con la rivolta degli indignados, la marcia di Podemos semina ancora soltanto delusioni. Ora la sinistra è spaccata in due, un po’ più della metà al Psoe, un po’ meno a Podemos. Mentre la destra si è ricompattata intorno a Rajoy, forse perché non ha niente di meglio, forse perché il Paese più europeista d’Europa ha avuto davvero paura di Brexit.

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