Il precariato a scuola è illegale e la Consulta grazia Renzi
Corte Costituzionale. I docenti precari dopo 36 mesi di servizio vanno assunti, ma non il personale Ata a cui è riconosciuto solo un indennizzo. Per i giudici la “Buona Scuola” ha riparato le ingiustizie compiute dallo Stato per decenni, ma non vedono le altre prodotte dalla riforma del governo
La storia infinita della sentenza della Corte Costituzionale sul precariato a scuola, attesa da anni e più volte rinviata, ha trovato una conclusione parziale e deludente il 12 luglio scorso. Un comunicato della Consulta ha condannato il precariato dei docenti e del personale Ata a cui lo Stato italiano è ricorso per decenni. La sentenza è l’inevitabile risposta a un pronunciamento della Corte di giustizia europea che aveva condannato l’Italia per abuso del personale costretto a rinnovare il contratto di lavoro per oltre 36 mesi negli ultimi cinque anni di attività. La condanna ha un valore rilevantissimo perché riconosce in maniera incontrovertibile l’illegalità del «rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale Ata, senza che ragioni obiettive lo giustifichino».
In attesa della lettura completa del dispositivo, non si può non notare l’anomalia delle considerazioni della Consulta in merito alla «Buona Scuola» del governo Renzi che ha previsto l’assunzione di 56 mila docenti aventi diritto, più 46 mila entrati in ruolo in base ai pensionamenti già programmati. «La pronuncia di illegittimità costituzionale – scrivono i giudici – è stata limitata poiché l’illecito comunitario è stato cancellato, come da decisione della Corte di Giustizia Ue che ha interpretato la normativa comunitaria sui contratti a tempo determinato […]. La «Buona Scuola» prevede la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni […] Per il personale amministrativo prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno».
Al di là del cambiamento radicale dello status del docente operato dal governo Renzi (negata la titolarità della cattedra), la Consulta in questo modo giustifica l’esclusione degli altri 100 mila docenti precari aventi diritto alla stabilizzazione. Sulla base dello stesso ragionamento, si potrebbe anche sostenere che queste assunzioni andrebbero fatte direttamente, e non attraverso un concorso che costringe una buona parte di questi docenti a ripetere una prova che hanno già sostenuto in una formazione a cui tuttavia è stato negato nel frattempo il valore concorsuale. Le infinite strade usate dal legislatore italiano per tradire il dettato costituzionale non finiscono qui.
Una doppia ingiustizia è stata fatta al personale Ata per il quale tutti i sindacati si sono mobilitati presentando, anni fa, il ricorso vittorioso alla Corte di giustizia europea che poi ha portato al pronunciamento della Consulta. La «Buona Scuola» ha escluso la stabilizzazione di queste persone che si trovano in una situazione non diversa da quella dei docenti. La Corte Costituzionale le ha escluse un’altra volta dal godimento di un diritto acquisito e riconosciuto a livello europeo. Si dovranno accontentare di un risarcimento fino a 12 mensilità per il quale il governo si è già premunito, finanziando un apposito fondo.
«Non si capisce dalla sentenza quale possa essere la sorte di quella parte dei docenti che, non rientrando nel piano straordinario di immissione in ruolo e non avendo accesso alla stabilizzazione, resta in attesa di avere tutela – sostiene la Flc-Cgil – Per il personale Ata non si comprende come il risarcimento del danno possa considerarsi in linea con la sentenza della Corte di giustizia europea sull’abuso dei contratti a termine». «Allarmante è il riferimento alla riforma di Renzi che vieta la reiterazione del precariato, ma non stabilizza i docenti. E quindi ne prefigura il licenziamento» sostiene la Gilda.
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