Il ricatto turco agli Usa passa per l’Isis

Il ricatto turco agli Usa passa per l’Isis

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Uno degli esiti del mancato golpe in Turchia è la tensione sorta nei rapporti di questa nazione con gli Stati Uniti. Subito, sin dal ritorno di Erdogan al comando, la Turchia ha neppure troppo velatamente accusato l’America di essere dietro questo golpe e di star proteggendo Fethullah Gulen, l’imam e magnate turco che dal 1999 vive in auto-esilio in una tenuta super-protetta in Pennsylvania, e di cui il governo di Ankara chiede da tempo l’estradizione.

Non ci sono state solo parole dure tra le due nazioni; per alcune ore è stata interrotta l’erogazione di corrente elettrica alla base aerea americana di Incirlik, che ospita velivoli e 1.500 militari americani (ma anche inglesi e tedeschi). Secondo il quotidiano turco Hurriyet, il governo di Ankara sospetta che la base sia stata utilizzata per rifornire un caccia dirottato dai golpisti durante la notte di venerdì.

Per alcune ore i controllori del traffico aereo turco non hanno consentito i decolli Usa da Incirlik, la base è stata isolata dall’esterno dai militari di Ankara e dei caccia F-16 turchi hanno effettuato passaggi a bassa quota nei pressi della base.

Questo provvedimento è stato giustificato ufficialmente con l’esigenza di ristabilire il controllo in quella zona a seguito del tentato golpe. Gli effettivi americani in Turchia – contando anche il personale civile – sono circa 2.200, la maggior parte di stanza nella base Nato di Incirlik, da dove partono le operazioni aeree contro lo Stato Islamico (Isis).

Durante il black out il livello di allerta nella base è stato portato a “delta”, vale a dire quello applicabile in caso di allarme terroristico o di attacco considerato imminente: tutte le attività non essenziali sono state sospese, tutte le risorse sono state concentrate sulla difesa, pronti nel caso di un attacco esterno.

Quando l’energia elettrica è stata ripristinata e la situazione si è normalizzata, ovviamente, non è tornato poi tutto così normale come se nulla fosse accaduto. Obama ha convocato il Consiglio di sicurezza nazionale e il segretario di Stato Kerry si è detto preoccupato per le reazioni turche.

La base di Incirlik oltre ad essere quella da dove partono i raid americani e tedeschi delle operazioni anti-Isis sulla Siria, è anche il principale caposaldo logistico dell’aviazione americana, uno snodo chiave per decine di operazioni che comprendono anche le guerre in Iraq e la missione in Afghanistan; non solo, Incirlik è anche un deposito di armi nucleari. La base, che esiste dal 1951, per via della sua posizione geografica, è sempre stata un aeroporto strategico per gli Stati Uniti: da qui, nel 1956 partivano gli aerei spia U2 che sorvolavano l’Unione sovietica.

Ma una volta rientrata l’emergenza Incirlik, la tensione non si è abbassata, anzi, e le accuse della Turchia nei confronti degli americani sono diventate più incalzanti. A lanciare le accuse più dure ed alzare ulteriormente i toni, come riportato dalla Bbc, è stato il ministro del Lavoro turco, Suleyman Soylu, che ha apertamente suggerito come dietro il fallito golpe ci sia stata la mano di Washington.

Un attacco diretto quello di Soylu, che non è stato poi rilanciato da nessun altro membro dell’esecutivo turco, ma che ha provocato una dura reazione di Kerry che dà il senso della tensione tra i due Paesi.

Il segretario di Stato americano, da Bruxelles dove si trova al momento per il Consiglio degli Esteri, dedicato alle crisi in atto dalla Siria alla Turchia, dall’Ucraina all’Iraq, ha immediatamente definito quelle di Soylu «pubbliche insinuazioni» e ha definito i toni usati dalla cancelleria turca come «irresponsabili», spiegando che i sospetti di Ankara non solo «sono totalmente falsi» ma anche volti a «danneggiare i rapporti».

Kerry si è poi unito all’Unione Europea nel chiedere che la Turchia «rispetti la democrazia, le libertà fondamentali e lo stato di diritto» in una conferenza stampa congiunta con Federica Mongherini dopo la colazione di lavoro del segretario di Stato Usa con i 28 ministri degli Esteri Ue. Kerry ha aggiunto che «la Nato valuterà molto attentamente cosa sta succedendo in Turchia». Al momento Obama sta preferendo non rilasciare dichiarazioni pubbliche, ma non ce n’è bisogno per definire la tensione tra i due Paesi.

I rapporti tra Turchia e Russia, invece, vanno a gonfie vele: Erdogan e il presidente russo Putin, in una conversazione telefonica, resa poi pubblica, hanno dichiarato l’intenzione di volersi incontrare personalmente, il prima possibile. «Mosca desidera una Turchia stabile», ha detto Putin che ha augurato a Erdogan il «veloce ripristino di un robusto ordine costituzionale e della stabilità».

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