Sentenza per l’amianto all’Olivetti: tutti condannati

Sentenza per l’amianto all’Olivetti: tutti condannati

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TORINO – Tutti condannati al processo per l’amianto Olivetti. Ai fratelli Carlo e Franco De Benedetti sono stati inflitti cinque anni e due mesi. Sono stati riconosciuti colpevoli di lesioni colpose e omicidio colposo per dieci casi di malattie da amianto. Il giudice Elena Stoppini, dopo mezz’ora di camera di consiglio, ha pronunciato la sentenza contro gli ex proprietari e dirigenti dell’azienda informatica di Ivrea. Le pene più dure proprio per i De Benedetti, mentre l’ex ad Olivetti, Corrado Passera, è stato condannato a un anno e 11 mesi, anche gli altri imputati sono stati giudicati colpevoli. I pm Laura Longo e Francesca Traverso avevano chiesto 6 anni e 8 mesi per l’ingegnere e 6 anni e 4 mesi per il fratello.

Sia per i condannati che per Telecom Italia spa, considerata responsabile civile per le morti di amianto, è stato anche deciso che dovranno risarcire le vittime per centinaia di migliaia di euro. Assolti invece Camillo Olivetti perché il fatto non costituisce reato, e anche Onofrio Bono e Roberto Colaninno che hanno gestito la società dopo la vendita da parte di De Benedetti. Tra 90 giorni le motivazioni.

“Sono stupito e molto amareggiato – ha commentato Carlo De Benedetti – per la decisione del Tribunale di Ivrea di accogliere le richieste manifestamente infondate dell’accusa. Sono stato condannato per reati che non ho commesso, come ha dimostrato l’ampia documentazione prodotta in dibattimento sull’articolato sistema di deleghe vigente in Olivetti e sul completo e complesso sistema di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, da me voluto e implementato fin dall’inizio della mia gestione.

I servizi interni preposti alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e alla manutenzione degli stabili non mi hanno mai segnalato situazioni allarmanti o anche solamente anomale in quanto, come emerso in dibattimento, i ripetuti e costanti monitoraggi ambientali eseguiti in azienda hanno sempre riscontrato valori al di sotto delle soglie previste dalle normative all’epoca vigenti e in linea anche con quelle entrate in vigore successivamente.

È stato inoltre ampiamente dimostrato in dibattimento che la società non ha sicuramente acquistato talco contaminato da fibre di amianto fin dalla metà degli anni ’70. Per tali ragioni, attendo di leggere le motivazioni di questa sentenza ingiusta, ma presenterò certamente impugnazione in Appello, fiducioso della mia totale estraneità rispetto ad accuse tanto infamanti quanto del tutto inconsistenti. Sono vicino alle famiglie dei lavoratori coinvolti, ma ribadisco ancora una volta che – durante la mia gestione – l’Olivetti ha sempre tenuto nella massima considerazione la salute e la sicurezza in ogni luogo di lavoro”.

Soddisfatta la pm Laura Longo: “L’impianto accusatorio è stato confermato – ha detto subito dopo la lettura della sentenza – Si tratta però dell’ennesima tragedia per morti d’amianto per questo la soddisfazione è limitata perché erano morti che si potevano e si dovevano evitare. In Olivetti, a differenza di altre realtà aziendali, l’amianto si è continuato a usare fino a metà degli anni Novanta”.

Duro anche il sindaco di Ivrea, Carlo Dellapepa: “Si è fatta chiarezza su quanto avvenuto in Olivetti in quegli anni, vista la durezza delle pene si dimostra che c’è stata come minimo superficialità nella gestione di questo problema. Condanna significativa che mette un punto fermo sulla storia dell’Olivetti. Una vicenda che inficia una storia positiva che però non può esser sporcata da una mala gestione che non è stata solo per la questione amianto ma anche sul piano industriale”.

Anche Federico Bellono, il segretario provinciale della Fiom, che si è costituita parte civile e ha ottenuto il risarcimento del danno, era presente al momento della lettura della sentenza: “Siamo soddisfatti perché è stata riconosciuta la responsabilità dei massimi vertici dell’Olivetti ed è un fatto di grande rilievo – commenta a caldo – Un  aspetto importante è che viene confermato l’impianto accusatorio complessivo che offre uno squarcio drammatico di come è stato affrontato il problema della salute dei lavoratori per molti anni. Questo è solo il primo passo di una vicenda che continuerà a toccare questa città per molti anni. Una sentenza però che fa ben sperare”.

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