La tendopoli dei morti e il dolore dei vivi

La tendopoli dei morti e il dolore dei vivi

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AMATRICE (RI)  A prima vista sembra una tendopoli come le altre. Quindici tende blu allineate sotto i pini nel cortile dell’Istituto don Minozzi e di fianco alla Porta Santa della Misericordia. Al contrario delle altre, però, polizia e carabinieri la circondano completamente, rendendo impossibile l’accesso senza autorizzazione.

È qui che si trovano le vittime del terremoto che il 24 agosto ha reso Amatrice un cumulo di macerie. Ed è qui che i familiari devono affrontare il momento più difficile, quello del riconoscimento della salma della persona cara.

Ieri pomeriggio erano ancora 40 quelle in attesa di essere identificate. Si aspetta seduti nel cortile e poi , quando arriva il proprio turno, si entra uno alla volta, accompagnati dagli uomini della polizia scientifica in tuta bianca e mascherina e dagli psicologi della Croce rossa e della Protezione civile. In molti casi il nome della persona che si sta cercando, un figlio, una moglie, una madre, figura già nella lista messa a punto dalla polizia e questo rende il tutto più veloce.

Seduto su una sedia nel cortile, il signor Alfredo ha appena riconosciuto il corpo della cognata. La signora Domenica ad Amatrice la conoscevano tutti. Per trenta dei suoi 71 anni aveva lavorato come infermiera nell’ospedale del paese, fino a quando non era andata in pensione.

Da allora, aveva preso l’abitudine di passare l’inverno a Roma dalla sorella e in paese ci tornava d’estate, per godersi il fresco e gli amici. Forse non si è nemmeno accorta che stava per morire. «I soccorritori l’hanno trovata dopo due giorni. Era a letto, distesa su un fianco», racconta adesso Alfredo. «La casa dove si trovava gliela abbiamo indicata noi, ma solo perché mio figlio ha riconosciuto il giardino del vicino».

In situazione come questa, avere accanto una persona sconosciuta che ti aiuta può essere fondamentale. Per questo il lavoro degli psicologi è fondamentale. Perché hai bisogno di sapere che non sei solo a dover affrontare qualcosa che sembra, anzi è, più grande di te. Perché hai bisogno di condividere il dolore. E non solo.

«Tutto questo è molto importante, noi ci occupiamo di capire se hanno bisogno anche di cose materiali, come un posto dove dormire, una coperta, oppure semplicemente dell’acqua», spiega la dottoressa Simona Torre, referente per il Lazio del servizio psicosociale della Croce Rossa.

«Naturalmente c’è anche un lavoro di preparazione del familiare a quanto sta per affrontare. È importante capire chi, tra i componenti del nucleo familiare, è la persona che più degli altri può vivere un’esperienza simile, spiegandogli che potrebbe anche trovarsi di fronte un corpo non riconoscibile».

Sotto un albero, un po’ in disparte rispetto agli altri, aspetta una piccolo gruppo di rumeni. Quella rumena è una comunità numerosa e ben integrata ad Amatrice. «Circa 200 persone, gli uomini lavorano in agricoltura, le donne negli alberghi oppure come badanti» dice padre Attanasio, sacerdote della Chiesa ortodossa.

Quando colpisce, il terremoto non ti chiede dove sei nato, uccide basta. Così anche i rumeni di Amatrice hanno pagato il loro tributo. In sette hanno perso la vita, e tra questi Emanuel, appena 11 anni.

«Sua madre è rimasta ferita ed è ricoverata all’ospedale di Rieti» prosegue questo sacerdote grande e grosso, ma con una faccia dolce circondata da un barbone nero. Insieme ai padri Nicodemo, Bogdan e Constantin è venuto a portare un po’ di conforto ai suoi connazionali. E oggi ad Amatrice arriva anche il vescovo ortodosso Silvan Span.

«Il problema è che essere da soli è difficile» prosegue padre Attanasio dimostrando come in fondo in certi momenti le difficoltà si assomiglino per tutti. «Noi cerchiamo di aiutarli anche con le pratiche burocratiche, visto che in molti vogliono riportare le salme dei propri cari in Romania».

A un centinaio di metri di distanza comincia la zona rossa dove si continua a scavare senza sosta. A quattro giorni dal sisma il numero totale delle vittime è salito a 291, 230 delle quali ad Amatrice. Nessuno spera più di trovare sopravvissuti, ma ci sono ancora almeno una quindicina di dispersi da ritrovare. Almeno ufficialmente. Quindici sono infatti i residenti che mancano all’appello, ma tra le macerie potrebbero esserci ancora i corpi di qualche turista.

I vigili del fuoco hanno fotografato la zona con i droni riuscendo a realizzare una mappatura di tutto il centro storico di Amatrice, che adesso andrà sovrapposta a una fotografia della stessa area precedente il sisma. Questo permetterà anche di individuare quali aree sono le più rischiose.

In alcuni casi i tecnici sono riusciti a entrare con i droni anche all’interno delle abitazioni, verificando così l’esistenza o meno di corpi. Si scava lentamente, perché i rischi sono alti anche per dei professionisti. Come succede all’Hotel Roma, l’albergo storico di Amatrice apprezzato in tutto il mondo per i bucatini all’amatriciana nel quale sono morte sei persone.

Tre corpi sono stati recuperati, compresi quelli di Matteo Gianlorenzi e Barbara Marinelli, una coppia di Orvieto. Ne restano da recuperare ancora tre, ma le operazioni, spiegano i vigili del fuoco, sono particolarmente difficili perché i corpi si troverebbero parecchi metri sotto le macerie.

Come era prevedibile, intanto scoppia l’allarme sciacalli. Ieri sono stati fermati due calabresi di 28 e 30 anni mentre si aggiravano tra le macerie della zona rossa. A segnalarli agli agenti di Roma Capitale sono stati i residenti insospettiti dal fare dei due giovani che hanno giustificato la loro presenza nell’area proibita affermando di essere dei volontari venuti in aiuto ai terremotati. Consegnati ai carabinieri, si sono rivelati essere due pregiudicati con precedenti per rapina e furto.

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