«Peggio che a L’Aquila nel 2009»

by Carlo Lania, il manifesto | 26 Agosto 2016 8:51

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«Temiamo un bilancio peggiore dell’Aquila», sospira il capo della protezione civile Fabrizio Curcio. Per ora i soccorritori hanno raccolto più di 250 [259, secondo l’ultimo dato fornito, ndr] vittime, 205 delle quali solo ad Amatrice e nelle sue frazioni. Oltre 300 scosse che saranno anche di assestamento, come spiegano gli esperti, ma non per questo fanno meno paura e meno danni. Le ultime, di magnitudo 4.5 e 4.3 si sono avute nella notte e verso le 2.30 del pomeriggio, la prima ancora con epicentro ad Accumoli, il piccolo centro diventato suo malgrado il cuore triste di questo terremoto. E tutte hanno provocato nuovi crolli e nuova angoscia tra gli oltre mille sfollati. Il palazzetto dello sport di Amatrice, punto di ritrovo per chi non ha più una casa, è stato evacuato per permettere ai tecnici del genio di effettuare i controlli.

La buona notizia, si fa per dire, è che all’Hotel Roma, dove si temevano decine di vittime, i morti sarebbero sei mentre la maggioranza degli ospiti mercoledì notte avrebbe fatto in tempo a mettersi in salvo. Nel frattempo si avviano i primi atti amministrativi.

Un’ordinanza del prefetto di Rieti ha dichiarato «zona rossa», e quindi impraticabili, le aree colpite dal sisma. Spetta adesso ai sindaci perimetrare le zone interdette a tutti, anche a chi le abitava fino a tre giorni fa a meno che non sia accompagnato.

Amatrice ha decine di frazioni che la circondano. Con molte di esse il terremoto è stato più generoso. Quelle dove invece si è abbattuto con violenza, i tecnici della protezione civile le hanno riunite in quella che hanno chiamato Zona 1. Piccoli centri ognuno dei quali abitato tutto l’anno da poche famiglie, ma che d’estate, specie a agosto, si riempiono di centinaia e centinaia di persone. Sono i vecchi abitanti emigrati a Roma o in altri centri della regione in cerca di lavoro, ma che non rinunciano a tornare nel proprio paese per passare le vacanze insieme alla famiglia.

Morti che, come un rosario, si sgranano frazione dopo frazione. 22 a Saletta, 12 a Casale (uno solo era residente). 8 a San Lorenzo, 10, tra cui un bambino di 10 anni, a Sant’Angelo. A Saletta, d’inverno ci vivono appena venti persone che d’estate diventano più di duecento. È stato così anche quest’anno, nessuno è voluto mancare e anche se chi è partito aveva promesso di tornare domenica prossima, giorno in ci era previsto «l’evento clou», come lo chiama il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, vale a dire il cinquantesimo anniversario della sagra dell’amatriciana. Chi ha promesso di tornare, senza saperlo si è salvato la vita. Almeno cinquanta di loro aveva invece scelto di restare e quasi la metà adesso non c’è più. Per capire come sono morti basta un’occhiata a quello che è rimasto della frazione. Per arrivare alla piazza della Chiesa dovevi percorrere una ventina di metri in salita lungo una stradina che costeggia le case.

La piccola parrocchia era lassù, nella piazzetta con il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale. Adesso devi letteralmente scalare una montagna di detriti, farti largo tra materassi sventrati, sedie rotte e vecchi dvd che testimoniano la passione per il cinema di chi abitava quelle case. Della chiesa è rimasto solo un povero Cristo in ferro appeso all’unico muro rimasto in piedi. «Un disastro» commenta il gestore del B&B Margherita che si trova lungo la strada. Lui e la moglie si sono salvati uscendo da una finestra ma hanno pagato il loro prezzo al sisma. Quando, con la prima scossa, la casa si è afflosciata su se stessa come un budino riuscito male, sotto le macerie è rimasta una famiglia romana di tre persone. «Per fortuna c’è anche qualcuno che si è salvato quasi miracolosamente», prosegue Francesco. E racconta di quella signora che si è salvata infilandosi nella canna fumaria del camino («qui da noi i camini sono grandi, sa?»), oppure dei ragazzi che al momento della scossa si trovavano dentro la scuola. «D’estate diventa un punto di ritrovo per i giovani che vengono in vacanza». Mercoledì notte erano una decina e stavano giocando a carte. Si sono salvati perché la scuola, al contrario delle loro case, ha retto la scossa del sisma. «Uno di loro era tornato a casa per farsi un panino – prosegue Francesco – si è salvato, ma è rimasto quattro ore sotto un’intercapedine con il cane in braccio».

Frazioni che oggi sono vuote, se non proprio abbandonate. Strade deserte nelle quali – quando non ci sono soccorritori all’opera – senti il rumore dei passi, vecchi cascine diroccate, macerie ovunque che però non riescono a nascondere quella che doveva essere la bellezza di questi centri, molti dei quali sono antichi borghi medioevali.

A Sant’Angelo ora stanno montando una nuova tendopoli. Ospiterà i cento sfollati del paese, più altri duecento da Amatrice e le frazioni intorno. La protezione civile l’ha montata in un campo messo a disposizione da un’associazione locale.

Quindici tende, una mensa, un punto di raccolta comune a tutti. La diocesi ha anche deciso che ogni tendopoli dovrà avere una tenda da adibire a chiesa. Inoltre già ieri sera dovrebbero essere arrivate le prime stufe elettriche, perché sarà anche estate ma la notte da queste parti fa già freddo. Ma anche qualcosa in più. Come le altalene e gli scivoli per i bambini.

Tutto per provare a rendere un po’ più normale ciò che non lo è. «Dobbiamo creare dei luoghi che non intristiscano le persone, non dobbiamo perderci d’animo», non si stanca di ripetere il sindaco Pirozzi. Ce la faranno, se il terremoto lo permetterà.

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