Raggi dice no ai cinque cerchi

by Giuliano Santoro, il manifesto | 22 Settembre 2016 7:35

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 ll mito della politica onesta e competente crolla di fronte alla gigantesca macchina delle Olimpiadi. La prima cittadina espone le ragioni del rifiuto, le stesse di sempre. E evita l’incontro con Malagò

ROMA «È da irresponsabili dire sì a questa candidatura». Virginia Raggi si presenta in conferenza stampa per la prima volta da quando si è insediata in Campidoglio per sbarrare in maniera netta la strada che conduce alle Olimpiadi di Roma nel 2024. È accompagnata dal vicesindaco (e assessore allo sport) Daniele Frongia, guardata a vista da un drappello di consiglieri comunali e assessori della sua giunta che la interromperanno con applausi diverse volte, dando le spalle alla folla di giornalisti col taccuino pieno di domande accumulatesi in questi mesi.

È reduce, la sindaca, dal mancato appuntamento, causa ritardo, con Giovanni Malagò e Luca Pancalli che già ha fatto intuire che piega prende la giornata. Espone le ragioni del rifiuto scorrendo delle slide, che ripropongono con spietata freddezza i numeri delle voragini nei conti pubblici[1] lasciate dai giochi olimpici negli altri Paesi, le immagini delle colate di cemento eredità di altri eventi romani come i campionati mondiali di nuoto, i tweet con le dichiarazioni entusiaste di esponenti del Pd quando Mario Monti respinse la candidatura per il 2020.

Dire sì ai giochi, spiega Raggi, implicherebbe «continuare a investire con proprie risorse su progetti che sono lontani dagli interessi dei cittadini. Non abbiamo nulla contro le Olimpiadi né contro lo sport, che è parte integrante del nostro programma di governo. Però non vogliamo che lo sport sia un pretesto per ulteriori colate di cemento in città. Questo non lo permetteremo. Le Olimpiadi del mattone si rivelano un affare per le grandi lobby, per i grandi costruttori. Diversamente, sono una grande presa in giro per i cittadini».

Tutto lineare, dunque? Non proprio. «Quello che faremo è trasformare cantieri fatiscenti in opportunità di sviluppo per la città», dice Raggi rivendicando il no ai Giochi espresso già durante la campagna elettorale.

Dice che il referendum sulla candidatura, quello che hanno proposto per primi i Radicali e che oggi viene chiesto anche dal Pd, c’è già stato col voto delle elezioni comunali. «I cittadini si sono già espressi», argomenta in un impeto di passione per la rappresentanza e disamore per la democrazia diretta. «Non abbiamo mai cambiato idea, anzi la abbiamo rafforzata sulla base degli ultimi dati», sostiene la sindaca. Che a precisa domanda ribadisce: «Non abbiamo avuto nessun tentennamento».

In realtà, più fonti confermano di qualche tentazione nelle ultime settimane. «Come faccio a dire sì dopo quanto ho sostenuto prima delle elezioni?», diceva Raggi fino a qualche giorno fa ad alcuni assessori e ai suoi collaboratori più fidati. Di contro, era il pensiero inconfessabile, le risorse economiche delle Olimpiadi avrebbero aiutato ad uscire dall’impasse. Senza assessore al bilancio, con un gigantesco debito sulle spalle e senza la forza politica di rompere il patto di stabilità e mettere in discussione l’austerity, la sindaca poteva sostituire alle cinque stelle i cinque cerchi olimpici.

Alla vigilia della bocciatura olimpica, nella serata di mercoledì, l’incontro «tecnico» tra i rappresentati del comitato promotore Roma 2024 e quelli del Comune aveva seminato ulteriori dubbi. Nella forma e nella sostanza, perché gli esponenti del comitato avevano di fatto cancellato il dossier sui giochi e garantito carta bianca alla nuova amministrazione comunale. Mossa che ha incrinato qualche certezza. E che anche ai più irremovibili ha posto il problema, più prosaico: «Come motivare il no in maniera convincente?».

È venuta fuori la soluzione trapelata fin dal mattino successivo: sarà il consiglio comunale a votare una mozione che impegnerà la giunta a dire no ai giochi. Il testo è lapidario: ci si limita a dire che «anche a fronte di una approfondita analisi, non sussistono le condizioni per proseguire nella candidatura della Città di Roma ai Giochi olimpici e paralimpici del 2024» e a citare l’esempio di Boston, Amburgo e delle altre città che hanno rifiutato di ospitare le Olimpiadi. Frongia insiste molto sulla necessità di occuparsi dell’«ordinario» e non dello «straordinario». ll mito della politica onesta e competente crolla di fronte alla gigantesca macchina dei giochi: «Se le Olimpiadi hanno creato debiti enormi anche in una città efficiente come Montreal, ci sarà qualche problema», dice. Eppure, la tentazione è balenata nei momenti di maggiore distanza coi vertici nazionali del M5S, che non a caso hanno preso a cuore la ragioni del ritiro della candidatura proprio nei giorni in cui scendeva il gelo tra Virginia e il direttorio.

«Pensa che questa mossa contribuirà a rasserenare i suoi rapporti col M5S?», viene chiesto alla sindaca. Lei smentisce ogni tensione, voltandosi dall’altra parte quando le ricordano i dubbi emersi dall’interno del M5S. Adesso andrà a Palermo, sul palco di Italia a 5 Stelle, a ricostruire il suo rapporto con Grillo.

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Endnotes:
  1. voragini nei conti pubblici: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2804554
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