Nullo il referendum sui migranti ma Orbán rilancia “Non li vogliamo”

Nullo il referendum sui migranti ma Orbán rilancia “Non li vogliamo”

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BUDAPEST. Primo schiaffo, sebbene soltanto simbolico e non rilevante, per il popolare premier nazionalconservatore ungherese Viktor Orbán. Al referendum di ieri che chiedeva di dire sì oppure no (come voleva il governo) all’imposizione di quote i ripartizione di migranti da parte della Ue, i no — quindi i sì a Orbán — sono stati attorno al 98 per cento, secondo i risultati provvisori serali. Ma Orbán ha fallito il bersaglio più significativo, cioè il quorum di un minimo di 50 per cento di partecipanti. Quorum sotto il quale il risultato è nullo.

«Siamo sotto il quorum», ha ammesso Andras Pulai, presidente della Commissione elettorale nazionale. Molto sotto: 43, 42 per cento. Ma il premier non molla, anzi contrattacca deciso: «L’Europa non può e non potrà imporci la sua volontà, non potrà violare la nostra sovranità nazionale», ha detto, spiegando poi: «Sebbene il quorum non sia stato raggiunto è un risultato eccezionale, la Ue dovrà tenerne conto, pensandodi più a rispettare l’opinione sul tema migranti di tutti i cittadini europei. Bruxelles non potrà imporre la sua volontà di distribuire folle di migranti da noi quando 98 ungheresi e oltre su cento hanno detto no».
Aggiunge Lajos Kosa, capogruppo parlamentare di Fidesz (il partito di Orbán, membro dei Popolari europei): «Ci saranno conseguenze giuridiche». Riforme costituzionali sono in cantiere. «È stata una nostra vittoria schiacciante», incalza Gergely Gulyas, numero due di Fidesz.
Ma l’opposizione promette battaglia. «Orbán deve dimettersi, ha perso», dicono a sinistra l’ex premier socialista Ferenc Gyurcsany, all’ultradestra Gabor Vona leader dei neonazi di Jobbik, secondo partito.
Dal referendum di Orbán l’Ungheria esce con una leadership decisa a restare forte, ma alla guida di un Paese ormai spaccato.

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