Il Ceta bloccato dal “no” vallone
Christia Freeland, ministra canadese del Commercio internazionale, ha preso in fretta ieri l’aereo da Bruxelles, per rientrare a casa. «La Ue non è nemmeno capace di concludere un accordo commerciale con il Canada», ha commentato irritata. Il Consiglio europeo infatti si è concluso a Bruxelles con un nulla di fatto sul Ceta, l’accordo tra Ue (500 milioni di abitanti) e il Canada (35 milioni), che avrebbe dovuto concludersi dopo un negoziato durato 5 anni.
Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, adesso aspetta una decisione degli europei entro lunedì. Trudeau, grande difensore dell’accordo, potrebbe annullare il viaggio a Bruxelles, dove era prevista la firma del Ceta il prossimo 27 ottobre. Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker vuole però ancora credere che la situazione si sbloccherà.
IL GRANELLO DI SABBIA che sta facendo fallire il negoziato commerciale è la Vallonia, la regione francofona belga, che rifiuta il testo, che deve essere approvato da tutti i parlamenti dei 28.
Per il ministro-presidente, il socialista Paul Magnette, sono stati fatti «dei progressi, ma non sono sufficienti» per arrivare a un voto favorevole del parlamento regionale, indispensabile al primo ministro belga Charles Michel per dare il via libera del suo paese (le Fiandre hanno votato già a favore).
Ieri al Consiglio è stato risolto il problema dell’opposizione di Romania e Bulgaria, che avevano legato il loro accordo all’abolizione dei visti per i loro cittadini (ma i visti non fanno parte del Ceta).
Magnette pone la domanda di tutti gli oppositori, numerosi nella popolazione europea: «Come essere sicuri che il Ceta non sia un cavallo di Troia per il Ttip?», l’accordo commerciale in discussione tra Ue e Usa (i negoziati sono di fatto sospesi e non riprenderanno prima della seconda metà del 2017). C’è il timore in effetti che le multinazionali Usa che hanno una sede in Canada utilizzino il Ceta per sfondare sul mercato Ue.
PER LA UE UN FALLIMENTO del Ceta significherebbe la fine annunciata di tutti i trattati commerciali internazionali in corso di discussione – sono 18 – a cominciare da quelli con il Vietnam, il Giappone o il Messico. Sarebbe una ri-nazionalizzazione delle questioni commerciali, una sconfitta dell’Europa, del resto sognata dai britannici del Brexit. La Commissione paga l’arroganza di essere passata oltre le raccomandazioni del Parlamento europeo. Più di 80 europarlamentari hanno firmato una lettera di sostegno alla Vallonia.
IL PARLAMENTO EUROPEO prima, come i valloni adesso, chiedeva una revisione del testo: rendere vincolanti non soltanto le clausole commerciali e di investimento (con sanzioni allegate) ma anche quelle sociali e ambientali, che nel testo sono solo facoltative. Le critiche riguardano anche il ricorso ai tribunali arbitrali privati per i contenziosi stato-multinazionali. Ma questi tribunali esistono già (vedi il caso Germania-Vattenfall) e nel Ceta il Canada ha accettato garanzie su una protezione delle leggi statali che potrebbe essere usata per cambiare il testo del Ttip.
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