6,5. Il terremoto in centro italia

by MICHELE BOCCI PAOLO G. BRERA, la Repubblica | 31 Ottobre 2016 8:13

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TOLENTINO (MACERATA). Il ragazzo con il trolley rosa, la signora con la bimba in braccio e i vestiti in carrozzina che cammina veloce osservando i cornicioni; l’-I-dea blu con il pallone appiccicato al vetro, zeppa di valigie e di vite in fuga. «Centomila sfollati », stima la protezione civile. Prendono quel che possono, e scappano da un incubo senza fine. Ieri alle 7.41 milioni di italiani hanno sentito sotto i piedi il terremoto più forte che abbia scosso l’Italia dal sisma dell’Irpinia, che uccise 2.914 persone nel 1980. Questa volta non ci sono morti, solo una ventina di feriti leggeri; ma è scomparsa una fetta del Centro Italia dei borghi e dei monasteri, che dal 24 agosto sta perdendo gioielli inestimabili.

Una botta lunghissima, dieci chilometri sotto i monti a metà strada tra Norcia e Castelsantangelo sul Nera, ha fatto tremare pure la scala Richter: “7,1”, annunciano le tv e i giornali online correggendo poi il tiro a 6,1, finché l’Ingv non fissa a 6,5 la magnitudo definitiva scatenando i cacciatori di complotti. La terra trema tutto il giorno: più di duecento scosse, diverse sopra i 4 gradi, prendono a schiaffi gente coi nervi a pezzi, i volti stralunati e le lacrime in agguato.
I GIOIELLI D’ITALIA
Persino l’ermo colle cantato da Leopardi nell’Infinito si squassa: «Si è aperto uno squarcio, e lo scivolamento del colle ha provocato danni forse irreversibili », lancia l’allarme il sindaco di Recanati, Francesco Fiordomo. A Norcia l’intero, stupendo centro storico è segnato da crepe e cosparso di macerie, ed è venuta giù la basilica di San Benedetto: è rimasta in piedi la facciata, una vela al vento su navate distrutte. A Castelstantangelo «stavolta non è rimasto niente — racconta il sindaco Mauro Falcucci — si è alzata una nube di polvere e quando è andata via il paese e le frazioni non c’erano più». Persino sulla valle del Tronto, già devastata il 24 agosto, i nuovi danni sono impressionanti: «Arquata ormai è identica a Pescara del Tronto, è sbriciolata e restano in piedi solo tre o quattro edifici», spiegano dal Comune inviando foto da brividi. «Qui siamo isolati, senza luce né acqua — racconta il sindaco di Accumoli, Stefano Petrucci — e il paese è crollato definitivamente ».
I PAESI DEVASTATI
Dalla val Nerina alla val Castoriana e alla val di Chienti decine di borghi — anche quelli che avevano resistito alle scosse di due mesi infernali — ieri sono diventati zona rossa integrale: meraviglie come San Ginesio, Cascia e Preci sono gusci vuoti, le case rosicchiate come torsoli avvizziti. Quell’eremo incantevole di Castelluccio, il borgo incastonato in un altopiano dipinto dai fiori di lenticchie e roveja, è isolato e “semidistrutto”. A Tolentino — 21mila abitanti e un’economia solida che produce il pellame per l’alta moda — hanno allestito aree riscaldate con migliaia di brandine: «Non sappiamo come ospitare tutti quelli che lo chiedono, che non vogliono abbandonare la città per andare in albergo al mare», spiega il segretario generale, Sergio Morosi. Sono crollati palazzi, e il centro storico è disseminato di crepe.
Ma per molti non c’è alternativa: da Norcia e dai borghi umbri i pullman partono per gli alberghi sul Trasimeno, i marchigiani puntano verso il mare ma è dura trovar posto a tutti. Davanti all’albergo Holiday di Porto Sant’Elpidio, scelto da Regione e protezione civile per raccogliere e smistare gli sfollati, Augusto e la moglie sono preoccupati dalle voci: «A Rimini? Se ci assegnano l’albergo a Rimini prendiamo l’auto e torniamo al paese, sotto casa».
FUGA DALLE MACERIE
In fila su strade dissestate tra deviazioni e macigni, è un esodo di auto riempite con tutto ciò che si è riusciti a recuperare dalle case. Niente tende, fa troppo freddo: la sera si trema e la notte si va vicini allo zero. Gli sfollati di Pievebovigliano e Visso, Montecavallo, Tolentino e di tutti i paesi del cratere devono avere posto in albergo, se costretti ad andarsene dalle ordinanze o dal panico: voi continuereste a dormire in casa, se pure fosse rimasta in piedi? È una domanda a cui era già difficile rispondere prima di domenica: Gianni e Patrizia Sposetti, a San Giuseppe di Tolentino, dormivano separati: lui dentro, lei nell’auto par- cheggiata. Ieri il sisma ha schiantato i muri di casa. Il loro vicino Kumr Pardeep, invece, indiano di Delhi che da dieci anni viveva nella casa parrocchiale, ha salvato i figli per istinto: «Li ho abbracciati sotto lo stipite ma non siamo usciti». C’è un monte di pietroni, ora, davanti alla soglia.
E allora, sfollati per forza o per paura, in migliaia arrivano all’Holiday, compilano un modulo, aspettano di essere convocati e di sapere dove andranno. Sono così tanti che ci vogliono ore per una risposta. Così siedono all’interno dell’albergo, mentre i bambini giocano con i volontari. Quando arriva la sistemazione, un addetto urla il cognome della famiglia. Talvolta basta menzionare il paesino di provenienza, gruppetti di abitanti vogliono restare insieme. Per i più fortunati c’è un posto in hotel a Porto Sant’Elpidio, non troppo lontano da casa. Altri andranno più a sud, ad Alba Adriatica, e a qualcuno è proposta anche la Romagna. Ci vogliono i pullman per trasportare chi non ha l’auto, soprattutto anziani. A chi è scappato da casa e non ha più niente vengono dati maglioni, pantaloni, ciabatte, sapone da bagno, spazzolini e reggiseni per affrontare l’inizio di questa emergenza che terrà migliaia di persone lontane da casa per mesi. Almeno fino a primavera, a giudicare dalla disponibilità chiesta dalla Protezione civile agli albergatori.
LA CREPE NELLA CAPITALE
Il terremoto distrugge il cuore dell’Appennino ma spaventa buona. La scossa sveglia Roma: migliaia scendono in strada, le linee della metropolitana vengono fermate. E anche nella capitale si contano i danni: crepe (non gravi) dalla Basilica di San Paolo alla cupola del Borromini di Sant’Ivo alla Sapienza. Del resto l’onda d’urto si era propagata per quasi mille chilometri: l’hanno avvertita da Bari a Bolzano.

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