Discorso del comandante FARC Timochenko a Cartagena

by Timochenko * | 2 Ottobre 2016 10:32

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Le mie prime parole, dopo la firma di questo Accordo Finale, sono rivolte al popolo colombiano, un popolo generoso che sempre ha sognato questo giorno, un popolo benedetto che non ha mai perso la speranza di poter costruire la patria del futuro, dove le nuove generazioni, ovvero i nostri figli e nipoti, le nostre donne e i nostri uomini, possano vivere in pace, democrazia e dignità, per secoli a venire.

Penso anche agli emarginati che popolano le sacche di miseria di questa Cartagena, la Città Storica, che desideravano essere qui in questa celebrazione, ma non hanno potuto partecipare. A loro tendo la mia mano di fratello e un abbraccio di cuore. Anche voi, insieme al resto della società colombiana, sarete artefici della semina della pace che è appena ai suoi albori.

Si dice che questa leggendaria città di mare, spiagge bellissime, di brezza, di muraglie antiche, di storia coraggiosa e gente straordinaria, sia riuscita a far innamorare il nostro Nobel Gabriel García Márquez, che si spinse a dire: “Mi fu sufficiente fare un passo all’interno della muraglia per vederla in tutta la sua grandezza, alla luce malva delle sei della sera, e non fui capace di reprimere la sensazione di essere tornato a nascere”. Bene, così ci sentiamo sicuramente noi tutti oggi che assistiamo a questo evento del giorno in cui rinasciamo per dar vita ad una nuova era di riconciliazione e costruzione della pace.

Compatrioti: questa lotta per la pace che oggi inizia a dare i suoi frutti, viene da Marquetalia, ispirata dal sogno di concordia e giustizia dei nostri padri fondatori, Manuel Marulanda Vélez y Jacobo Arenas e più recentemente dalla tenacia dell’indimenticabile comandante Alfonso Cano. A loro, a tutti i caduti di questa ricerca per la pace, il nostro eterno riconoscimento.

Come sapete, la X Conferenza Nazionale dei Guerriglieri delle FARC-EP ha approvato all’unanimità gli Accordi dell’Avana e ha dato luce verde alla creazione del nuovo partito o movimento politico, che rappresenta il passo definitivo dalla forma di lotta clandestina e sollevazione armata alla forma di lotta aperta, legale, verso l’ampliamento della democrazia.

Che nessuno abbia dubbi sul fatto che il nostro cammino verso la politica sarà senza armi. Prepariamoci tutti per disarmare le menti e i cuori.

D’ora in avanti, la chiave sta nell’implementazione degli accordi, di modo che quanto scritto sulla carta prenda vita nella realtà. E perché questo sia possibile, oltre alla verifica internazionale, il popolo colombiano dovrà trasformarsi nel principale garante della materializzazione di quanto accordato.

Noi rispetteremo i patti, speriamo che il governo faccia altrettanto.

Constatiamo con enorme soddisfazione che il processo di pace colombiano è già un esempio per la soluzione di altri conflitti nel mondo.

Quanto desideriamo che l’autorità palestinese e Israele trovino la via della riconciliazione. Quanto desideriamo con tutto il cuore che in Siria tacciano le bombe e l’orrore di una guerra che colpisce un popolo, che lo costringe a lasciare la sua terra e fuggire via mare in imbarcazioni insicure per cercare rifugio in paesi che lo rifiutano, senza nessun sentimento di umanità. Pace negoziata per la Siria, chiediamo da oltreoceano, da Cartagena de Indias! Pace per il mondo intero; non più conflitti bellici con i loro terribili drammi umani in cui donne, bambine e bambini ci commuovono con le loro lacrime e dolore.

Con l’Accordo che oggi sottoscriviamo aspiriamo a mettere punto finale in Colombia alla lunga storia di lotte e scontri continui che hanno dissanguato la nostra patria, come un destino crudele e fatale, fin da epoche remote. Solo un popolo che ha vissuto tra il dolore e le sofferenze di più guerre, per tanti decenni, poteva tessere pazientemente sogni di pace e giustizia sociale, senza perdere mai la speranza di vederli raggiunti per vie diverse a quelle del confronto armato, attraverso la riconciliazione e il perdono. Un popolo che anela al superamento definitivo della persecuzione, repressione, morte e il paramilitarismo che ancora persistono, così come le multiple cause del conflitto e lo scontro.

Il summit più recente della CELAC ha stabilito, con il consenso di tutti i paesi di America Latina e i Caraibi, che questa parte del mondo deve essere territorio di pace. L’Accordo Finale dell’Avana ratifica questo proposito ponendo fine al conflitto più lungo del continente. La Terra intera dovrebbe essere dichiarata territorio di pace, senza più spazio per le guerre, perché tutti gli uomini e le donne del mondo possano chiamarsi e agire per quello che effettivamente sono, fratelli e sorelle, sotto la luce del sole e la luna, lasciando dietro di noi ogni traccia di povertà e disuguaglianza.

Il trattato di pace che sottoscriviamo oggi a Cartagena, non solo pone fine ad un conflitto nato a Marquetalia nel 1964, ma aspira anche a chiudere per sempre la via delle armi, una via che si è così a lungo percorsa nella nostra patria.

Chi può dire quale destino vandalico si impadronì di ampi settori della classe dirigente colombiana, dal grido di indipendenza dalla Spagna, visto che le innumerevoli guerre civili del diciannovesimo secolo offrono la chiara testimonianza dell’odiosa mania di voler risolvere tutte le differenze con le armi, eliminando fisicamente l’oppositore politico anziché sconfiggendo le sue idee con il sostegno popolare; coprendo in questo modo propositi oscuri per la preservazione e prolungamento di sistemi di privilegio e arricchimento a beneficio di pochi.

A nostro avviso, ogni forma di violenza in senso filosofico e morale è un attentato contro l’umanità intera, però dolorosamente rappresenta allo stesso tempo la drammatica testimonianza della storia umana.

Se una cosa ha dimostrato la storia, è che non esiste popolo che tolleri in maniera indefinita la brutalità del potere, quale sia il nome che gli viene dato successivamente. Allo stesso tempo, i popoli, vittime iniziali e finali di tutte le violenze, sono i primi a sognare e desiderare la pace e la convivenza che sono state loro rubate. Ogni popolo ama i suoi figli e le sue figlie e sogna con la speranza di un futuro felice per loro. Questa è stata la nostra incessante ricerca.

All’Avana si è concordata la realizzazione di rigorose ricerche per chiarire la verità storica del conflitto colombiano. Lasciamo pertanto a questo lavoro le conclusioni. Che si riconosca però che le FARC-EP sempre hanno cercato, con ogni mezzo, di evitare alla Colombia le sofferenze di un prolungato scontro interno. Altri interessi, troppo potenti sul piano internazionale e nei centri urbani e rurali del paese, hanno fatto in modo di inclinare l’ago della bilancia in senso contrario, con molti mezzi diversi e una intensa azione di comunicazione in cui la manipolazione mediatica e la menzogna hanno fatto parte del piano quotidiano.

Nonostante ciò, mai potrà essere cancellato dalla storia il fatto che per oltre trent’anni, ogni processo di pace ha significato una conquista degli insorgenti e dei settori popolari che tali processi hanno voluto. E che pertanto abbiamo pieno diritto a dichiarare come una vittoria di questi settori la sottoscrizione di questo Accordo Finale con il Presidente Juan Manuel Santos e lo stato maggiore delle FARC-EP. Per essere ugualmente giusti, dobbiamo dire che questo accordo di pace è anche una vittoria della società colombiana nella sua totalità e della comunità internazionale.

Senza questo ampio appoggio sociale e popolare che è andato crescendo in tutta la patria in questi ultimi anni, non ci troveremo oggi davanti a questo magnifico evento della storia politica del paese. Oggi dobbiamo ringraziare per il loro contributo al raggiungimento di questo obiettivo collettivo le donne e gli uomini di questa bella terra colombiana, i contadini, gli indigeni e afro-discendenti, i giovani, la classe lavoratrice in generale, gli artisti e i lavoratori dell’arte e della cultura, gli ambientalisti, la comunità LGBI, i partiti politici e i movimenti sociali, le diverse comunità religiose, importanti settori industriali, e soprattutto le vittime del conflitto. I nostri bambini e le nostre bambini, i più beneficiati, loro che sono il seme delle generazioni future, ci hanno commosso con le loro grandi espressioni di dolcezza e speranza.

Dobbiamo ammettere che il nostro obiettivo di ricerca di una soluzione politica al dissanguamento fratricida della nazione, ha trovato nel Presidente Juan Manuel Santos un coraggioso interlocutore, capace di superare con interezza le pressioni e le provocazioni dei settori bellicisti. A lui riconosciamo la provata volontà di costruire l’Accordo che oggi si firma nella nostra Cartagena eroica.

Per la prima volta in oltre un secolo si è riusciti a riunire volontà sufficienti per dire no agli amici della guerra che per tanto tempo si sono impadroniti della vita nazionale per costringerla a un caos interminabile e doloroso.

Tutta questa costruzione sociale e collettiva è riuscita a dar frutti grazie all’instancabile appoggio dei paesi garanti. Il nostro ringraziamento va a Cuba, al Comandante di questa gloriosa Rivoluzione, Fidel Castro Ruz, al Generale dell’esercito e Presidente Raul Castro Ruz e al popolo cubano in generale. Così come al Regno di Norvegia e a tutto il popolo norvegese per il suo deciso sostegno al processo.

Un riconoscimento speciale merita il Comandante Hugo Chavez, senza il lavoro paziente e discreto del quale questo finale felice non avrebbe avuto un inizio. A Nicolas Maduro, continuatore di questo generoso sforzo di pace, nella sua condizione di Presidente della Repubblica Bolivariana di Venezuela, paese accompagnante e al popolo di questa repubblica sorella. Il nostro ringraziamento va al Cile, nella sua qualità di paese accompagnante, al suo popolo, la sua presidente Michelle Bachelet. Grazie anche alle Nazioni Unite. La pace di Colombia è la pace della Nostra America e di tutti i popoli del mondo.

Con l’Accordo Finale si è compiuto un trascendentale passo in avanti nella ricerca di un paese diverso, ci si è impegnati in una Riforma Rurale Integrale per contribuire alla trasformazione strutturale della campagna. Si promuoverà una Partecipazione politica denominata Apertura Democratica per costruire la pace con la quale si cerca di ampliare e rafforzare la democrazia. Le FARC-EP lasciamo le armi mentre lo Stato si impegna a proscrivere la violenza come metodo di azione politica. Questo significa la cessazione definitiva della persecuzione e dei crimini contro l’oppositore politico, che avrà piene garanzie per la sua attività legale e pacifica. Insieme al Cessate il Fuoco Bilaterale e Definitivo, Cessazione delle ostilità e decommissione delle armi, con il quale cessa per sempre il confronto militare, è stata pattata la Reincorporazione delle FARC-EP alla vita civile, economica, sociale e politica d’accordo ai nostri interessi, e si è sottoscritto l’accordo sulle Garanzie di sicurezza e lotta contro le organizzazioni criminali o paramilitari che dissanguano e minacciano la Colombia.

Speciale attenzione merita il Patto Politico Nazionale, attraverso il quale il governo e il nuovo movimento politico sorto dalla nostra transizione all’attività legale, promuoveranno un gran accordo nazionale e dalle regioni con tutte le forze vive della Nazione al fine di rendere concreto l’impegno di tutti i colombiani e le colombiani affinché le armi non vengano mai più utilizzate nell’arena politica, né si promuovano organizzazioni violente come il paramilitarismo. Con la concretizzazione di questo proposito comune, la Colombia avrà compiuto un gigantesco passo in avanti nel cammino della civiltà e l’umanesimo.

Di una cosa siamo assolutamente sicuri, se questo Accordo Finale non soddisfa settori delle classi potenti del paese, in cambio rappresenta una boccata di aria fresca per i più poveri di Colombia, invisibili per secoli, e per i giovani nelle cui mani sta il futuro della patria e che saranno la prima generazione di colombiani che crescerà nel mezzo della pace.

Sono quasi trecento le pagine dell’Accordo Finale che sottoscriviamo oggi, difficili da riassumere in così poco spazio. La firma non significa che il capitalismo e il socialismo abbiano cominciato a singhiozzare riconciliati uno nelle braccia dell’altro. Qui nessuno ha rinunciato alle sue idee, e neppure abbiamo ammainato bandiere sconfitte. Abbiamo concordato che continueremo a confrontarci apertamente nell’arena politica, senza violenza, in un gigantesco sforzo per la riconciliazione e il perdono; per la convivenza pacifica, il rispetto e la tolleranza, e soprattutto per la pace con giustizia sociale e reale democrazia.

Ricordando San Francesco d’Assisi dobbiamo ripeterci che quando ci riempiamo la bocca parlando di pace, dobbiamo prima di tutto essere sicuri che i nostri cuori siano pieni di pace.

In ogni contesto possibile continuerà a risuonare la nostra voce contro le ingiustizie inerenti al capitalismo, denunciando la guerra come strumento favorito dei potenti per imporre la loro volontà ai deboli per mezzo della forza e la paura, esigendo la salvezza e la difesa della vita e la natura, esigendo la fine di ogni patriarcato e discriminazione, proponendo soluzioni davvero umane e democratiche a tutti i conflitti, sicuri che la maggioranza dei popoli preferisce la pace e la fratellanza agli odi e si merita pertanto un posto privilegiato quando si tratta di prendere decisioni che riguardano il futuro di tutti.

La Colombia richiede trasformazioni profonde per rendere davvero reali i sogni di giustizia sociale e progresso. La pace è senza dubbio l’elemento essenziale per il grande futuro che ci aspetta come nazione, che dovrà caratterizzarsi più per le sue idee che per la sua forza, come direbbe il Libertador, Simon Bolivar.

Per rendere ciò possibile la nostra pace richiede, oltre ad un rinascimento etico, quella restaurazione morale che predicava Jorge Eliécer Gaitán prima di essere assassinato in quel fatidico 9 aprile del 1948. L’arricchimento facile e l’inganno sfacciato, la zizzania seminata nelle menti dei cittadini attraverso l’abituale menzogna mediatica, la farsa dell’educazione fondata con l’animo di lucro degli impresari senza principi, la alienazione quotidiana seminata dalla pubblicità, tra altri gravi mali, esigono, per essere superati, il meglio dei valori umani dei nostri compatrioti.

La società colombiana deve essere chiaramente inclusiva in campo economico, politico, sociale e culturale. Lo Stato colombiano, dopo la firma di questo Accordo, non può continuare ad essere lo stesso nel quale si consente che la sanità sia un business. I tristemente famosi “corridoi della morte” e le agonie alle porte degli ospedali devono sparire per sempre. Non più famiglie condannate alla strada e la miseria, per colpa di debiti di usura con il sistema finanziario o le bande di usurai. La sicurezza che tanto sognano i colombiani e le colombiane non deve dipendere tanto dalla grandezza delle forze di sicurezza dello Stato, ma dalla lotta alla povertà, la disuguaglianza e la mancanza di opportunità per milioni di compatrioti, fonte reale delle forme più presenti della delinquenza. I servizi pubblici devono essere per tutti e tutte. E’ a questo lavoro che vogliamo unirci a partire da questo momento, senza armi che non siano quelle delle nostre parole. Ed è questo che lo Stato colombiano ha promesso solennemente di rispettare e proteggere.

Al contrario di quanti dicono che il nostro ingresso in politica in Colombia rappresenta una minaccia, sento che milioni di colombiani e colombiane ci stanno accogliendo a braccia aperte e felicitano il loro governo per aver raggiunto almeno la cessazione del conflitto armato. Da ogni parte del mondo ci arrivano emozionati saluti e congratulazioni per quanto abbiamo ottenuto. La pace di Colombia è la pace di Nostra America, ci ripetono tutti i governi del continente.

Davanti a loro sigilliamo il nostro impegno di pace e riconciliazione. Da ora in avanti dove un antico combattente delle FARC-EP metterà piede, potete essere certi di avere davanti a voi una persona decente, serena, incline al dialogo e la persuasione, una persona disposta a perdonare, semplice, solidale e disinteressata. Una persona amica dei bambini, degli umili e ansiosa di lavorare per un nuovo paese in maniera pacifica.

Quasi cinque anni fa, in una nota destinata a essere letta dal Presidente Santos, pochi giorni dopo la morte del nostro Comandante Alfonso Cano, terminavo dicendogli “così non si fa, Santos, così non si fa”. Con la convinzione che la Colombia si meritasse un accordo molto migliore e che forse con un po’ più di volontà avremmo potuto raggiungerlo, devo riconoscere che quello firmato oggi rappresenta una luce di speranza, impregnata di desiderio di pace, giustizia sociale e democrazia reale, un documento di enorme trascendenza per il futuro dei nostri figli e delle nostre figlie e della patria intera.

Gli oltre dieci miliardi di dollari invertiti nella guerra con il Plan Colombia e la enorme spesa per il finanziamento della guerra avrebbero potuto essere utilizzati per risolvere buona parte dei mali del popolo colombiano. Però, come direbbe il nostro comandante Jorge Briceño non è il momento di lamentarsi, ma di andare avanti. Dopo centinaia di migliaia di morti e milioni di vittime, sottoscrivendo insieme questo documento, le dico, Presidente, con emozione patriottica che questo sì era il cammino indicato, questo sì lo era.

I soldati e la polizia di Colombia devono sapere che hanno smesso di essere nostri avversari, che per noi è chiaro che il cammino corretto è quello della riconciliazione della famiglia colombiana. Da loro ci aspettiamo, come hanno assicurato diversi dei loro comandanti di più alto rango, che hanno giocato un ruolo importante al Tavolo dei Negoziati dell’Avana, che ci guardino con occhi diversi da quelli con cui ci hanno sempre guardato in passato. Tutti siamo figli dello stesso popolo colombiano, i problemi di questa terra ci riguardano tutti nello stesso modo.

Alle nostre guerrigliere e guerriglieri, alle nostre prigioniere e prigionieri di guerra, alle loro famiglie, ai nostri ex guerriglieri e mutilati, vogliamo inviare un messaggio di sollievo: voi avete vissuto e lottato come eroi, avete aperto con i vostri sogni il cammino della pace per la Colombia. I tre monumenti che si costruiranno con le vostre armi, saranno testimonianza eterna di quello che ha rappresentato la lotta dei e delle combattenti delle FARC-EP, e del popolo umile e coraggioso di questa patria.

La Colombia spera ora che, grazie alla riduzione della percentuale di spesa pubblica destinata alla guerra, che dovrebbe portare la fine del confronto, e il conseguente aumento dell’investimento sociale, mai più né nella Guajira, né nel Choco, né in nessun altra località del territorio nazionale, continueranno a morire di fame, malnutrizione o malattie curabili bambini e bambine.

Abbiamo ottenuto, con il dialogo, la fine del più lungo conflitto dell’emisfero occidentale. Siamo pertanto noi colombiane e colombiani un esempio per il mondo: che d’ora in avanti dimostriamo di essere degni di un simile onore.

Riconosciamo che ognuno di noi ha qualcuno per cui piangere. Abbiamo perso figlie e figli, sorelle e fratelli, padri e madri, amici e amiche.

Gloria a tutti i caduti e le vittime di questo lungo conflitto che oggi giunge al termine!

In nome delle FARC-EP chiedo perdono a tutte le vittime del conflitto, per tutto il dolore che abbiamo potuto causare in questa guerra.

Che dio benedica la Colombia. La guerra è finita. Stiamo cominciando a costruire la pace. L’amore di Mauricio Babilonia per la Meme potrà essere ora eterno e le farfalle che volavano libere dietro di lui, simbolo del suo infinito amore, potranno ora moltiplicarsi nei secoli ricoprendo la patria di speranza.

Benvenuta sia questa seconda opportunità sulla Terra!

 

Cartagena de Indias, 26 settembre 2016

* Timoleon-Jimenez comandante in capo FARC-EP

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