Equitalia chiude in sei mesi cartelle esattoriali scontate addio a sanzioni e interessi

by ROBERTO PETRINI, la Repubblica | 16 Ottobre 2016 7:40

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ROMA. Stavolta non ci sono dubbi: dopo molti annunci, Equitalia va in pensione. La società controllata dall’Agenzia delle entrate e dall’Inps, nata da più di un decennio con il compito di fare da pubblico esattore delle tasse, sarà inglobata dall’Agenzia delle entrate. Nel giro di sei mesi sarà accorpata all’interno dell’ente «controllante»: abbandonerà dunque la forma di spa, che la portava a stressare i bilanci e a condotte esasperate nei confronti dei contribuenti, e si trasformerà in una agenzia. A sancire la fine di Equitalia arriva anche una mega operazione di rottamazione dei ruoli che prevede incassi per 4 miliardi che scendono a 2 in termini di gettito utilizzabile come copertura.

L’obiettivo di Renzi è raggiunto: il nome associato a molte grane e alcune tragedie nel passato scompare. «Basta con le vessazioni », ha annunciato ieri il premier nel corso della conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri. E ha rilanciato una misura già in linea con il nuovo corso, tenuto a battesimo da qualche tempo dall’amministratore delegato Ernesto Maria Ruffini: «Quando non paghi una tassa ti arriverà un sms, “se mi scordo” e non l’ufficiale giudiziario», ha ironizzato.
L’addio di Equitalia viene accompagnato da una gigantesca operazione di rottamazione delle cartelle, cioè dei debiti esecutivi con il fisco e dalla riapertura della voluntary disclosure, cioè del rientro dei capitali dall’estero. Due sanatorie che daranno un gettito stimato, inseribile in legge di Bilancio, di 4 miliardi, circa la metà degli 8,5 miliardi che il governo intende affidare alla voce nuove entrate per far quadrare i conti della manovra 2017. Sanatorie, e non condoni, perché il dovuto, sia per la voluntary sia per la rottamazione, dovrà essere interamente corrisposto allo Stato: lo sconto ci sarà solo sulle sanzioni e gli interessi.
«Un successo», commenta il viceministro dell’Economia Enrico Zanetti che ha lanciato l’idea da prima dell’estate. «Le imposte si pagano per intero, ma si fa piazza pulita di altre voci che spesso portano a raddoppiare e triplicare l’importo dovuto in cartella». Dal punto di vista pratico la rottamazione prevederà il pagamento delle intera imposta dovuta, ma ci sarà la cancellazione degli interessi di mora e delle sanzioni che possono arrivare fino al 200 per cento. I contribuenti che aderiranno saranno tenuti invece a sostenere gli interessi di «ritardato pagamento», quelli che decorrono dal momento in cui si smette di pagare a quello in cui Equitalia emette il ruolo. In pratica lo sconto complessivo per il contribuente sarà da un terzo al 50 per cento dell’intera somma dovuta. La platea è notevole: secondo recenti calcoli diffusi da Equitalia ci sono circa 50 miliardi di crediti che possono andare a buon fine e 25,4 in corso di rateizzazione che potrebbero entrare nella sanatoria.
Alla rottamazione delle cartelle si associa la riedizione della voluntary disclosure: durante la precedente operazione, che si è svolta durante il 2015, le adesioni sono state circa 130 mila, per un imponibile emerso di 59,5 miliardi, il gettito è stato di 3,8 miliardi tra Irpef, Irap, Iva e quant’altro. Oggi si valuta che in giro pronti a rientrare ci siano circa 30 miliardi e il gettito dovrebbe ammontare come dice il governo a circa 2 miliardi. La fine di Equitalia segna un passaggio epocale sottolineato anche da Renzi: «Equitalia ha due papà, Visco e Tremonti, è stata pensata da entrambi da una idea giusta ma il modello è stato inutilmente polemico nei confronti dei cittadini». La nascita risale al 2005 quando, la società pubblica fu battezzata con il nome Riscossione spa, in seguito fu ultimato il processo di fusione con i vecchi esattori privati di origine bancaria.
Il vecchio sistema tuttavia aveva molte zone d’ombra: nella migliore delle ipotesi a gestire la riscossione per conto dello Stato erano le banche: beneficiavano di un forte aggio, cioè una percentuale sui ruoli, che negli Anni Novanta arrivava fino al 9 per cento, ma la raccolta non superava il 5-6 per cento del carico aggredibile. Al Sud andava peggio: i piccoli concessionari privati dell’esazione erano spesso in mani come quelle dei Salvo in Sicilia. In altri casi, come avvenne per Tributi Italia, ci fu chi scappò con la cassa.
Equitalia migliorò di molto la situazione, ma in mezzo a questa storia ci fu la drammatica crisi della finanza pubblica italiana e la difficoltà congenita del Paese nello stanare gli evasori. L’obiettivo fu quello di colpire «a valle» se non si riusciva «a monte»: così gli strumenti in mano ad Equitalia, con un «picco » nel 2010 quando tornano al governo Berlusconi e Tremonti, diventarono micidiali. Equitalia poteva pignorare la casa di abitazione, sequestrare l’auto e i beni strumentali (magari il camioncino delle consegne), entrare in banca, bloccare il conto corrente e inserirsi sullo stipendio.
Per artigiani, piccoli commercianti, imprenditori del Nord Est, già colpiti dalla recessione tra il 2010 e il 2012, la situazione diventò devastante e tragica. Nel biennio 2012-2013 si contano 238 suicidi attribuibili in un modo o nell’altro a motivazioni economiche. L’artigiano che si dà fuoco nel 2012 a Bologna di fronte ai locali uffici tributari non lascia dubbi interpretativi: scatta la rivolta con le molotov contro le sedi di Equitalia.

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