Centri sociali, studenti e immigrati La piazza «contro» in una Roma blindata

Centri sociali, studenti e immigrati La piazza «contro» in una Roma blindata

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ROMA «Hasta la victoria siempre!». Le bandiere cubane sventolano accanto a quelle con il volto di Che Guevara. Il ricordo di Fidel Castro si propaga veloce fra slogan e striscioni soprattutto al centro del corteo, dopo i giovani della Rete antifascista e prima dei Cobas. A reggere i vessilli anche disoccupati, studenti, operai e impiegati. Assunti e precari. Italiani e molti stranieri.

Sono una parte delle anime del No al referendum — con No Tav, No Triv e No Dal Molin — che come annunciato da settimane si sono date appuntamento ieri a piazza della Repubblica in una città blindata. Obiettivo principale e dichiarato, «mandare a casa Renzi e il suo governo, e chiarire che con gli altri del fronte del No non abbiamo nulla a che spartire», precisano i partecipanti al corteo. Un appuntamento temuto dalle forze dell’ordine per il rischio di incidenti provocati da infiltrati, da gruppi antagonisti e anarchici. In realtà non accade nulla, a parte il lancio di uova contro la sede della Banca d’Italia in via XX Settembre. Polizia e carabinieri intercettano però in autostrada spranghe e bastoni nascosti su pullman provenienti da Piemonte, Lombardia e Trentino. Uno anche da Padova. Le preoccupazioni della vigilia erano fondate.

«Siamo più di 50 mila», gridano i promotori della manifestazione dal palco di piazza del Popolo (7-10 mila per le forze dell’ordine). Con loro anche la pasionaria dei No Tav, Nicoletta Dosio, evasa per l’ennesima volta dai domiciliari (ora rischia una nuova denuncia). Prende la parola prima del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che annuncia: «Vogliamo un governo popolare di liberazione nazionale». Poi spazio alla musica fino a tarda sera, anche con i gruppi rock dell’ultrasinistra.

Rinaldo Frignani



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Se davvero il vento è cambiato, nel Palazzo non ne è entrato un solo refolo. Né poteva essere altrimenti. Berlusconi ha innovato appena il look (senza doppiopetto). Per il resto, si è mimetizzato dietro Tremonti e Napolitano. Ha fatto propria la linea del ministro sui conti pubblici— subito la manovra da 40 miliardi, poi la riforma fiscale con tre aliquote— e il richiamo del Quirinale su Libia e missioni all’estero.

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