Salvatore Palidda. Il dominio liberista, i dominati e la resistenza necessaria

Salvatore Palidda. Il dominio liberista, i dominati e la resistenza necessaria

Loading

Intervista a Salvatore Palidda, a cura di Orsola Casagrande, per il Rapporto sui diritti globali 2016

In un mondo sempre più vittima di una “distrazione di massa”, che occulta insicurezze ignorate, Salvatore Palidda, docente di sociologia, argomenta che forse l’unica possibilità risiede nella paziente e continua ricerca di costruzione ex-novo di momenti e luoghi di azione collettiva, praticando innanzitutto la decostruzione rigorosa dei discorsi dei dominanti e delle loro traduzioni pratiche.

Rapporto Diritti Globali: Se prima “the enemy within” era la classe operaia o una parte di essa, pensiamo ai minatori in Inghilterra ma anche ai metalmeccanici in Italia, oggi sono gli immigrati. Come si è arrivati a questa ridefinizione del nuovo “nemico”?

Salvatore Palidda: Come suggerivano gli amici e colleghi Abdelmalek Sayad e Maurizio Catani, sugli immigrati si sperimenta quello che poi il potere cerca di fare sui dominati. In realtà, questa pratica si ripete sin dal XIX secolo (si veda fra altri il magnifico documentario Pane Amaro su youtube). L’immigrato è sempre stato utile per la riproduzione della gerarchizzazione sociale: chi arriva per ultimo è costretto a collocarsi al più basso rango della scala sociale e diventa utile anche perché in genere disposto a ogni sacrificio per emanciparsi e a volte anche a schiavizzare i suoi stessi parenti, cioè a essere la pedina nella competizione accanita (etica migrante e spirito del capitalismo si sono sempre combinati). L’ideale del dominio liberista di oggi è disporre di tre sottomessi: l’autoctono, il migrante regolare e il migrante irregolare (clandestino) per ricattare tutti e tre e abbassare il salario e obbligare a condizioni di lavoro peggiori, se non alla neo-schiavitù. La logica del governo delle migrazioni – in particolare dal 1990 – è di riprodurre immigrazione irregolare, selezionare i “buoni”, i più docili, il “buon selvaggio”. Gli Stati Uniti si nutrono di 13 milioni di clandestini in particolare da 25 anni, ma fanno loro pagare le tasse e i contributi! Persino la Rand Corporation, in un suo Rapporto al Congresso, ha scritto che senza di questi gli USA non avrebbero avuto le performances economiche di questi 25 anni e anche l’uscita dalla crisi del 2007. In questi 25 anni gli USA hanno espulso ogni anno circa un milione di “clandestini”, ne hanno ammazzato alla frontiera messicana circa un migliaio l’anno, ma hanno anche integrato 70 milioni di stranieri (nel 2016 contano più di 320 milioni di residenti regolari, mentre nel 1990 era 250 milioni).

La riproduzione dell’immigrazione irregolare è essenziale per le economie sommerse e le neo-schiavitù di cui si nutrono tutti i Paesi di immigrazione (Americhe, Europa, Paesi arabi ma anche in Asia).

 

RDG: E l’Unione Europea come gestisce le politiche migratorie?

SP: L’UE è invece l’estremo dell’ipocrisia: da un lato, si vanta di rispettare i diritti umani e, dall’altro, pratica un esasperato protezionismo e proibizionismo. Infatti, nell’Unione, che conta oltre 550 milioni di abitanti, gli immigrati regolari e irregolari sono meno che negli USA, si integra di meno ma si riproduce l’immigrazione clandestina proprio attraverso le misure proibizioniste. Questo è un fatto politico che corrisponde alla stessa postura dell’UE: affermare la superiorità della cittadinanza europea, mostrare che qualsiasi cittadino UE può schiavizzare un immigrato. E la criminalizzazione razzista degli immigrati serve innanzitutto a questo e a riprodurre “clandestini”. La logica dei partiti razzisti, come dei Brexit, è appunto quella di negare categoricamente l’eguaglianza di diritti fra autoctoni UE e immigrati. Tutto ciò s’è esasperato proprio a seguito della svolta liberista cominciata all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso (massimizzare i profitti, esasperare la competizione e la concorrenza, favorire il libero arbitrio del dominante, meno Stato più mercato).

 

RDG: Se è abbastanza chiaro il disegno inaugurato da Margaret Thatcher contro i sindacati, non lo è – o non lo dovrebbe essere – quello di Tony Blair che non ha fatto nulla per smantellare le leggi antisindacali della Thatcher, anzi, le ha approfondite. Perché? In altre parole, c’era anche l’idea della costruzione di una nuova base di consenso diversa da quella tradizionale (la middle England per il Labour)?

SP: La pseudo sinistra europea ha maturato una sfacciata conversione liberista a partire appunto dagli anni Ottanta. Blair è stato il capofila di questa conversione, che ha avuto diversi seguaci ed emuli anche in Italia. Una volta che la sinistra tradizionale ha sposato la via liberista la sua base sociale è ovviamente cambiata; una parte della vecchia base di sinistra resta sempre “nei secoli fedele” (un po’ come i carabinieri), ma la maggioranza della base s’è sbandata: chi è approdato al liberismo, per esempio, diventando padroncino e neo-schiavista e razzista è finito nelle braccia di Silvio Berlusconi, come del resto tanti socialisti e anche ex della “sinistra-sinistra”, altri sono finiti persino nei ranghi della Lega e qualcuno della “sinistra-sinistra” è passato nelle file dei non-votanti o recentemente in quelle del M5S. Lo stesso è avvenuto in Francia, dove tanta base di sinistra è finita nel lepenismo. Diverso il caso tedesco, dove sono finiti nei Verdi, più che con Oskar Lafontaine. In Inghilterra, purtroppo il Labour non riesce a svincolarsi dalla deriva liberista e Jeremy Corbyn sembra non ce la faccia, nonostante qualche sua buona intenzione. Ma il Brexit è la vittoria della Vandea inglese e anche della base popolare che prima era di sinistra. Il liberismo della sinistra ha raggiunto vette inimmaginabili: ha sposato le scelte della riproduzione delle “guerre permanenti”, alimentandola con una fabbricazione e commercio di armamenti che ha assorbito le nuove tecnologie e persino la ricerca fondamentale in tutti campi ed è questo che palesemente alimenta i terrorismi, il nemico di turno, eccetera. François Mitterrand ha amplificato gli affari sporchi del commercio di armi peggio di come aveva fatto Valéry Giscard d’Estaing; François Hollande e Manuel Valls hanno superato Nicolas Sarkozy.

 

RDG: E il panorama italiano?

SP: Come constatano molti, confrontando le pratiche di governo adottate da Berlusconi e Renzi, il secondo è riuscito in ciò che il primo non ha mai potuto realizzare e che la destra non avrebbe mai potuto fare sia in economia, sia nelle politiche sociali, sia nello sfacciato sostegno all’aumento della ricchezza di pochi e della povertà della maggioranza della popolazione. Questo perché il liberismo incarnato dalla ex-sinistra ha raggiunto un obiettivo fondamentale: l’erosione delle possibilità e capacità di agire politico accentuando l’asimmetria di potere dei dominanti sui dominati. Quando gli operai arrivano al punto di minacciare di buttarsi giù dalla gru o dal tetto dell’impresa vuol dire che non intravedono più possibilità di negoziazione e potere contrattuale, quindi invocano pietà, come nel XIX secolo. Prima dello sviluppo del movimento operaio, una canzone diceva: «noi andremo a Roma a gridare al papa e al re che la miseria c’è!». L’ex-sinistra liberista ha dato un contributo decisivo all’erosione dell’agire sindacale e politico e all’esasperazione dell’asimmetria di potere, perché ha sostenuto la rivoluzione finanziaria che ha anche ridotto lo stesso potere degli Stati, dei governi e delle amministrazioni pubbliche, come, ad esempio, ci ha ben mostrato con i suoi studi e libri Luciano Gallino. Si può scendere in piazza anche in massa, ma non si riesce a condizionare i poteri forti che stanno dietro i giochi finanziari. Non c’è un “Grande fratello”, né un pensiero unico, ma tanti grandi fratelli che agiscono sfruttando ogni occasione buona per le loro speculazioni, sempre a danno della maggioranza della popolazione.

 

RDG: Come dici, la storia della guerra alle migrazioni si confonde con quella dello sviluppo della criminalizzazione. Anche qui, se il disegno della destra è chiaro (vedi gli antecedenti della repressione in Irlanda del Nord o di nuovo contro i minatori nel Regno Unito, per esempio), perché il centrosinistra non si distingue da questo disegno?

SP: Il successo della deriva liberista su scala locale, nazionale, europea e internazionale è dovuto innanzitutto alla capacità dei dominanti di imbastire una gigantesca “distrazione di massa” e quindi la loro biopolitica. L’opinione pubblica, di dominati e anche la stragrande maggioranza degli intellettuali sono stati bombardati da una potente e super pervasiva diffusione del discorso (nell’accezione foucaultiana) sulla sicurezza e sulle insicurezze che consiste nell’additare la causa di tutti i mali economici, sociali e politici nel nemico di turno: il terrorismo, a volte le mafie, le migrazioni dette clandestine e persino i tossicodipendenti, i marginali, i nuovi poveri, chi avrebbe comportamenti lesivi dell’ordine, della morale e del decoro (secondo la visione degli integrati) e ovviamente anche chi osa ribellarsi o semplicemente resistere alle scelte devastanti dei poteri liberisti (quindi chi è classificato come sovversivo o, tout court, terrorista: i No TAV, come i No global contro i G8 e persino chi sradica le piante OGM). La straordinaria riuscita di questa “distrazione di massa” (pari a quella sulle armi di distruzione di massa per giustificare la guerra contro Saddam Hussein in Iraq) sta nell’essere riuscita a occultare le vere insicurezze, le loro cause e i loro responsabili, cioè i poteri liberisti e le loro scelte economiche e sociali, l’impoverimento generalizzato della maggioranza della popolazione, le gigantesche speculazioni finanziarie e delle “grandi opere” devastanti. Anche noi intellettuali di sinistra che abbiamo decorticato il sicuritarismo, la riproduzione delle guerre permanenti, la criminalizzazione razzista, la carcerizzazione di massa e il business militare-poliziesco sicuritario, non ci siamo accorti che lo scopo principale della distrazione di massa era di occultare le insicurezze ignorate: i disastri sanitari-ambientali, l’enorme diffusione delle malattie oncologiche o simili, le economie sommerse e le neo-schiavitù alimentate dall’immigrazione irregolare dovuta al proibizionismo e agli intrecci con la corruzione delle agenzie di controllo (fra le quali le polizie) e con la criminalità che spesso usa il caporalato. Ogni anno nel mondo oltre 13 milioni di persone muoiono di tumori ed è probabile che questo dato ufficiale sia in difetto e che tendi ad aumentare, poiché non si fa nulla per il risanamento e la vera prevenzione, mentre si favorisce il discorso psicologizzante sulla resilienza, scaricando quindi la colpa dei tumori sui cattivi comportamenti alimentari e di vita degli individui. La COP21 ha sancito solo vaghe promesse, già dimenticate dai poteri responsabili dei disastri sanitari-ambientali.

 

RDG: L’11 settembre ovviamente fornisce la scusa perfetta per irrigidire ancora di più la repressione. Si vedano le varie deroghe alla Convenzione di Ginevra sui diritti umani…

SP: Le agenzie di controllo e le polizie sono aizzate a usare più il bastone che non la carota, sino a praticare abitualmente la tortura (per esempio sui migranti che rifiutano di essere identificati per non essere costretti a restare nel Paese di arrivo mentre hanno familiari altrove), contro chi resiste alle devastazioni delle scelte liberiste e tutto ciò a discapito della tutela che il cosiddetto Stato di diritto democratico dovrebbe garantire alle persone che sono più suscettibili di essere vittime di schiavizzazione, abusi sessuali e violenze di ogni genere (fra questi bambini e donne che lavorano nelle economie sommerse). Le vittime delle insicurezze ignorate sono quindi prive di ogni protezione, mentre spesso i caporali e i padroni responsabili di tale vittimizzazione sono tollerati o a volte persino protetti da complici nei ranghi delle polizie. Questi fatti si verificano quotidianamente sia nei Paesi cosiddetti democratici e ancor di più nei Paesi delle delocalizzazioni itineranti dei grandi marchi del mondo.

 

RDG: Un quadro desolante…

SP: I fatti che si sono succeduti in questi mesi non sono certo segnali di inversione di tendenza: attentati terroristici sempre più vigliacchi e atroci, l’uso del tentativo di colpo di Stato in Turchia per l’instaurazione del regime fascista pseudo-religioso di Erdogan, il continuo aumento delle spese militari nel mondo e la continua alimentazione della riproduzione del terrorismo pseudo-islamico e quindi delle guerre permanenti, il fallimento di Obama, le scelte liberiste della Commissione Europea, persino a spregio del Parlamento Europeo sempre più reso inutile, il generale disprezzo per i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani… Tutto ciò ci dice che siamo in una delle peggiori congiunture politiche della storia dall’inizio del XXI secolo

Ma come diceva Pier Paolo Pasolini: «diffidate degli spacciatori di speranze».

 

RDG: In questo quadro quali possono essere le strategie perlomeno di resistenza?

SP: L’unica possibilità sta forse nella paziente e continua ricerca di costruzione ex-novo di momenti e luoghi di azione collettiva, praticando innanzitutto la parresia, la decostruzione rigorosa dei discorsi dei dominanti e delle loro traduzioni pratiche. Ci sono tanti esempi di resistenza nel mondo, ma siamo lontani dal capire come si possa rovesciare effettivamente l’asimmetria di potere che permette al dominio liberista di imporsi a livello locale, nazionale e mondiale.

I think tanks liberisti hanno potuto approfittare della conversione a destra della sinistra e dei limiti e ritardi di chi in questi ultimi trent’anni ha cercato di resistere. Senza illusioni e con la consapevolezza che, purtroppo, a volte il peggio può ancora arrivare, non resta che continuare a provare a resistere.

 

*****

 

Salvatore Palidda: è nato in Sicilia, militante sindacale e politico da giovane; all’inizio degli anni Settanta ha anche lavorato come operaio fra gli immigrati in Germania e poi in Francia dal 1978. Dal 1981 ha iniziato la carriera accademica all’EHESS di Parigi e come ricercatore straniero del CNRS francese. È rientrato in Italia nel 1992 prima all’IUE di Fiesole, poi a Milano e infine a Genova dove è docente di sociologia. I suoi principali campi di ricerca, seguendo una prospettiva critica, sono gli affari militari e di polizia, le migrazioni, la criminalità e le conseguenze della deriva liberista su scala locale e mondiale. Ha pubblicato oltre 70 testi in diverse lingue e oltre 80 in italiano. Fra i suoi studi più noti: Governance of Security and Ignored Insecurities in Contemporary Europe (Routledge, 2016); Racial criminalization of immigrants in 21th Century (Routledge, 2011, tradotto anche in italiano, francese e spagnolo), Mobilità umane. Introduzione alla sociologia delle migrazioni (Cortina, 2008); Polizia postmoderna (Feltrinelli, 2000). Collabora con “Alfabeta2” e altre riviste.



Related Articles

Pd. Nazionale e personale ovunque primo partito

Loading

Fino a ieri la base elettorale del centrosinistra era addensata nell’Italia centrale. Renzi è riuscito a intercettare la fiducia di ceti sociali e zone da sempre ostili al Pd

L’Iran tira dritto e impicca Reyhaneh

Loading

Vani gli appelli di Amnesty International per la revisione di un processo viziato. La donna era accusata per la morte del suo stupratore. La madre, nota attrice di teatro: «Mia figlia con la febbre ha ballato sulla forca». Malgrado Rohani, è emergenza diritti a Tehran

Cina. Big data e polizia predittiva al servizio della repressione

Loading

Cina. Dati, Ai e modelli predittivi forniti dalle grandi aziende aiutano la Cina nel controllo totale della minoranza uigura in Xinjiang

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment