Roma. C’è chi dice No alla riforma costituzionale di Renzi

Roma. C’è chi dice No alla riforma costituzionale di Renzi

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Le ragioni del “No sociale” e “costituente” contro la riforma Renzi-Boschi della Costituzione e il colpo di stato delle banche e dei governi che ha introdotto un regime di stato di eccezione in Europa e nel nostro paese. In serata concerto a piazza del Popolo con, tra gli altri, 99 Posse, E’Zezi, Assalti Frontali, Daniele Sepe

Dopo lo sciopero generale dei sindacati di base del 21 ottobre, e la manifestazione del giorno successivo a Roma, i cortei degli studenti del 7 ottobre e del 17 novembre e la contestazione a Firenze durante la “Leopolda del Sì”, oggi a Roma un nuovo corteo dei movimenti sociali per il “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre. Il corteo “C’è chi dice no” partirà alle 14 da piazza della Repubblica fino a Piazza del popolo. Al termine della manifestazione è previsto un concerto al quale parteciperanno, tra gli altri i 99 Posse, E’Zezi, Assalti Frontali, Daniele Sepe. Qui le adesioni al corteo. 

Preparato anche da un’assemblea nazionale che si è tenuta all’Università Sapienza di Roma, il corteo vedrà in prima fila il Comitato romano per il “No” alla riforma costituzionale, i movimenti ambientali e contro le grandi opere (No tav, no grandi navi, trivelle zero, stop biocidio), gli studenti per il “No”, i movimenti per il diritto all’abitare. La riforma Renzi-Boschi è stata definita in un appello dei “territori per il No” sottoscritto da un vasto cartello di associazioni e movimenti, come “un attacco da parte di quello stesso Governo che, in spregio ai valori della democrazia, ha sbeffeggiato con un #ciaone gli oltre 13 milioni di persone che il 17 Aprile scorso hanno votato per un modello energetico libero dal petrolio”. “La democrazia nel nostro Paese va riformata, sì. Ma nel senso che va estesa e restituita alle collettività locali. Non possiamo accettare una costituzionalizzazione della sospensione democratica, né accogliere la becera logica sottesa a provvedimenti dannosi come lo Sblocca Italia”.

I sottoscrittori dell’appello annunciano “un No pacifico che è un Sì per una diversa e nuova concezione democratica per il nostro Paese, per una autentica e più moderna riforma dello Stato”. “Renzi fa finta che il NO sia un’accozzaglia di vecchi parrucconi e riciclati della politica. Siamo stati nei mercati, nelle scuole e nei centri impiego a fare campagna, dietro questo No c’è tanto altro – spiega Lorenzo, 27 anni – Le 5 milioni di persone in soglia povertà, i senza casa, i risparmiatori truffati, i giovani che scappano dall’Italia”. “Questa riforma del titolo V serve solo ad accentrare il potere nelle mani del governo e privare i territori di decisionalità. A cosa serve la clausola di supremazia statale? Solo a costruire Inceneritori, grandi opere, trivellazioni” sostiene Marta, 30 anni, del comitato No grandi navi di Venezia.

Il “No sociale” e “costituente”

Il corteo è stato presentato in una conferenza stampa e da una serie di editoriali sui siti di movimento.Il giudizio sulla riforma Renzi-Boschi è articolato e converge su un’unica valutazione: dimostra che “il presidio democratico, la partecipazione, la qualità della politica siano inutili – si legge in un editoriale del sito MilanoInMovimento –  È un modo per dire che basta qualcuno che sappia decidere in fretta, e può mettere in pratica quello che decide, per risolvere tutti i problemi. È, di nuovo, la teoria dell’uomo forte tanto radicata nell’immaginario di questo Paese da esercitare ancora un fascino perverso”.

“La velocizzazione dei tempi della politica è in realtà una costituzionalizzazione dello stato di eccezione, della logica dell’emergenza costante per la quale è necessario il più solerte decisionismo – si legge nell’analisi dei movimenti “Agire nella crisi” – Se ci fosse poi alcun dubbio sulla questione, il contenuto della decisione deve andare incontro agli interessi della speculazione dei mercati, alla rendita ed al profitto, con l’attuazione delle politiche di abbassamento del costo del lavoro e con il finanziamento delle grandi opere e delle infrastrutture strategiche”.

E’ emersa, la necessità di non farsi chiudere all’angolo dalla propaganda renziana secondo la quale il sostenitori del “Sì” sarebbero per il “nuovo”, mentre quelli del “No” i difensori dello status quo. Il “Sì”, invece, è considerato la continuazione dell’offensiva contro le costituzioni antifasciste, la seconda puntata dopo l’inserimento del pareggio di bilancio nelle costituzioni degli stati membri dell’Unione Europea (l’articolo 81 di quella italiana). Il 4 dicembre una vittoria del “Sì” chiuderà il perimetro delle istituzioni che governano, di fatto, l’economia e la società dopo “il colpo di stato delle banche e dei governi” (così lo definiva Luciano Gallino) iniziato tra il 2010 e il 2011 a livello europeo.

La formula del “No sociale” è stata usata in questi mesi per allargare l’opposizione alla riforma di Renzi alle politiche del suo governo, a cominciare dal Jobs Act e dalla Buona Scuola. La formula è stata declinata durante lo sciopero generale dei sindacati di base e evoca una prospettiva dopo il 4 dicembre. A partire dalla vittoria del No, da tutti auspicata. Il tentativo è fare riemergere una prospettiva di opposizione sociale diffusa che oggi stenta a prendere forma, anche se esistono focolai di resistenza. La manifestazione di oggi vorrebbe “rappresentare quel movimento popolare emerso con la campagna,  che più o meno consapevolmente sta ponendo al centro dell’agenda politica  i temi che nessuna forza politica ha intenzione di toccare. Parliamo del tema del lavoro, del diritto alla casa, della qualità dei servizi pubblici, del rifiuto dell’austerità” si legge ad esempio in un editoriale sul sito Clash City Workers .

“Ogni battaglia difensiva per la Costituzione è destinata a perdere perché non coglie la sfida che sul piano europeo è necessario porre: la sfida della riapertura della sperimentazione democratica e dell’immaginazione istituzionale – scrivono Francesco Brancaccio e Francesco Raparelli, attivisti del centro sociale Esc di Roma, in un saggio sulla rivista “Alternative per il socialismo”,- Una lotta difensiva è una lotta perdente non solo perché incapace di stimolare nuove sperimentazioni democratiche, ma anche perché rischia di rimanere confinata, dunque isolata, all’interno dei perimetri di una costituzione nazionale. Ciò di cui oggi le singole lotte necessitano è il consolidamento di istituzioni e di contro-poteri che consentano l’estensione delle istanze di libertà, di autonomia e di cambiamento. Anche se in forma del tutto parziale e frammentata, le esperienze di municipalismo e di sindacalismo sociale su base metropolitana, ci stanno consegnando una nuova cassetta degli attrezzi e un inedito modo di fare politica”.

Il sito InfoAut, ragiona sulle prospettive di questo percorso: “La scommessa con cui guardiamo a questo autunno è quella di riuscire a far scendere la contrapposizione referendaria dal piano separato della politica a quello incarnato della partecipazione per poi spostarlo di nuovo in alto verso il piano del conflitto – si legge in un editoriale – Questo è il nostro NO sociale. Proprio per questo, niente sarebbe più sbagliato che giocare una contrapposizione tra un presuntamente posticcio NO politico e un ancora più presuntamente genuino NO sociale […] Dobbiamo lavorare su questa tendenza passando al setaccio delle nostre lotte questa composizione con l’obiettivo di approfondire la polarizzazione all’interno dello stesso fronte del NO in vista della vera partita che, forse, si aprirà dopo il 4 dicembre. Questo processo passa anche dall’opinione. Esiste un uso antagonista dell’opinione ? Sì, è l’opinione contro il potere, l’opinione del debole contro il forte, quella della ragione contro l’arroganza. Se crediamo sia importante riuscire a bloccare un passaggio di innovazione sistemica giudicato fondamentale dalla nostra controparte (e lo crediamo), bisogna essere coscienti che la prima tappa passa per le urne. Votare NO fa male alle istituzioni. Questo ci basta e avanza”.

Le proteste

Negli ultimi giorni molti attivisti hanno lamentato l’oscuramento mediatico sulla manifestazione. Il silenzio ha spinto alcuni attivisti romani a manifestare venerdì al Nazareno, la sede nazionale del Partito Democratico a Roma. “Sembra che in Italia possa parlare solo chi ha il PD dietro, allora andati davanti al Nazareno – hanno spiegato – La polizia ci ha subito aggrediti, strappando lo striscione, identificandoci e comunicando che saremo tutti denunciati. Ormai l’abbiamo capito i cosiddetti democratici sono tutti i giorni in televisione a parlare delle ragioni del sì, mentre quelle del No vengono da tutti censurate”.

Un altro episodio va segnalato, sempre da Roma. All’università Roma tre gli studenti di Link hanno denunciato il divieto delle autorità accademiche di una conferenza sulle ragioni del No tenuta dall’ex magistrato Ferdinando Imposimato. Un decreto rettorale ha bloccato le iniziative studentesche per garantire il “silenzio elettorale” nei 15 giorni precedenti il voto del 4 dicembre. All’iniziativa, che si è tenuta su una scalinata,hanno partecipato un centinaio di persone. “Un atto pacifico di disobbedienza civile” lo hanno definito gli studenti.

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