Morte di Ivan, il bracciante di 20 anni che viveva nel «Ghetto dei Bulgari»

Morte di Ivan, il bracciante di 20 anni che viveva nel «Ghetto dei Bulgari»

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Schavitù e sfruttamento in Puglia. È morto carbonizzato a soli 20 anni nel tristemente famoso «Ghetto dei Bulgari», situato a 20 chilometri da Foggia tra Borgo Tressanti e Borgo Mezzanone. Si chiamava Ivan Miecoganuchev e divideva una baracca di fortuna con il padre

FOGGIA È morto carbonizzato a soli 20 anni nel tristemente famoso «Ghetto dei Bulgari», situato a 20 chilometri da Foggia tra Borgo Tressanti e Borgo Mezzanone. Si chiamava Ivan Miecoganuchev e divideva una baracca di fortuna con il padre. È accaduto tutto nel giro di pochi minuti, intorno alle due del mattino: le fiamme hanno avvolto un centinaio di baracche, mandando in fumo i pochi averi dei residenti.
Il giovane bulgaro non è riuscito a fuggire in tempo perché dormiva: quella che si è presentata agli occhi dei soccorritori è stata una scena raccapricciante, con i vigili del fuoco che sono riusciti a portare via soltanto una parte del corpo della vittima. Un dramma che poteva finire in una carneficina, visto che nell’area interessata dall’incendio di oltre 300mq che ha distrutto oltre l’805 delle baracche del ghetto, si trovavano anche decine di bombole del gas messe prontamente in sicurezza dai soccorritori.

Inizialmente si era pensato che l’origine dell’incendio fosse un corto circuito dovuti ai tanti allacci abusivi presenti nel campo. Poi, con il trascorrere delle ore, le indagini avviate dalle forze dell’ordine hanno ricostruito quella che pare essere la versione più credibile: due giovani, in stato di ebbrezza, avrebbero cominciato a litigare all’interno del campo e uno dei due, non si sa ancora bene per quale ragione, avrebbe dato fuoco alla propria baracca, adiacente a quella dove stava dormendo il 20enne rimasto vittima del rogo. «Al momento, pur avendo ascoltato le dichiarazioni spontanee di alcuni bulgari – hanno precisato dal Comando provinciale dei Carabinieri di Foggia – non abbiamo ancora elementi sufficienti per poter collegare le due circostanze. Stiamo valutando, anche perché, di litigi nella comunità ce ne sono spesso. Al momento, quindi, non siamo in grado di dire se l’incendio è di natura dolosa o accidentale».

I ghetti della vergogna in provincia di Foggia tornano alla ribalta per l’ennesima morte assurda. Oltre al «Ghetto dei Bulgari» ci sono quello «più famoso» di Rignano, il «Ghetto Ghana House» a Cerignola e l’insediamento presso la pista dell’ex aeroporto militare attiguo al Cara di Borgo Mezzanone. In tutto sono 55 ghetti i pugliesi: 40 quelli più numerosi dove vi sono oltre 100 «ospiti». Sono invece almeno 50mila i lavoratori a nero nelle campagne pugliesi. Un fenomeno legato a doppio filo al caporalato, una piaga che da anni non si riesce a debellare. Il ghetto dei Bulgari esiste da almeno 7-8 anni: definito una vera e propria cloaca a cielo aperto dove manca persino l’acqua corrente. E dove risiedono in maniera stanziale tra le 2-300 persone che arrivano a raggiungere le mille unità nei periodi di raccolta dei pomodori nei mesi estivi. Un luogo definito da molti «agghiacciante» dove, a differenza degli altri ghetti, sono presenti anche donne e bambini. Un luogo conosciuto ma dimenticato da tutti, tranne dai sindacati e dalle associazioni di lotta. Costituito da baracche di legno e plastica, spesso a completamento di alloggi di fortuna realizzati attorno a roulotte vecchie e fatiscenti, con piccoli pergolati per darsi un contegno nel degrado totale.

Il problema, da sempre, è l’assenza totale delle istituzioni. E, purtroppo, il silenzio delle popolazioni locali e di gran parte delle aziende agricole del territorio che sfruttano questi migranti stagionali ed economici senza alcuna remora. Solo pochi giorni fa, tra martedì e mercoledì, un altro incendio è divampato nel «Gran Ghetto», distruggendo gran parte dell’enorme villaggio di cartone che, al momento del rogo, ospitava circa 500 braccianti di origine africana. Il bilancio: un contuso e un intossicato. A causare il rogo è stato il malfunzionamento di una stufa. In serata, il prefetto di Foggia ha convocato una riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica per una valutazione congiunta delle iniziative e delle misure da porre nell’immediato. Nel corso dell’incontro sono stati pianificati mirati servizi di vigilanza e controllo dell’area da parte delle Forze di Polizia e tracciati percorsi da attuarsi a cura dell’amministrazione comunale per la bonifica del sito dopo il devastante rogo della scorsa notte. Ma non può essere solo questa la soluzione.

Gli abitanti dei ghetti devono essere trasferiti in alloggi dignitosi e devono essere tutelati anche e soprattutto come lavoratori stagionali. Occorre costruire un sistema dell’accoglienza valido ed efficace che possa durare nel tempo. Perché purtroppo alle soglie del 2017 la schiavitù e lo sfruttamento dei più deboli, anche nella civile Italia e nella Puglia del boom turistico, è ancora una triste realtà.

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