Pugni contro il degrado. E a Roma si vince

Pugni contro il degrado. E a Roma si vince

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ROMA Nelle ultime settimane, più che mai, il degrado delle periferie romane sta al centro del dibattito politico. Tra espandersi dell’economia criminale e assenza totale delle istituzioni,  troppo spesso i media scelgono il sensazionalismo, rinunciando a un approccio analitico della complessa situazione dei quartieri periferici della Capitale.  Ma se l’abbandono da parte delle istituzioni è una realtà tutt’altro che recente,  assume però nuovi risvolti in un contesto di crisi della collettività, del senso di comunità e delle relazioni di solidarietà e mutuo soccorso. Fenomeni di precarizzazione dell’esistenza che scuotono la società tutta, ma che producono gli effetti più drammatici ai margini.

Eppure ci sono comunque importanti esperienze di autogestione e autorganizzazione dal basso. Processi, più o meno spontanei, di partecipazione, che spesso nascono dall’esigenza di ciascuno di riprendersi i diritti, cancellati dalla privatizzazione dei servizi sociali, come per esempio il diritto allo sport. È questo il caso della palestra popolare del Quadraro, nella periferia sud della Capitale. Un quartiere dove il senso di appartenenza alla romanità è da lungo tempo declinato in chiave antifascista, in ossequio al ruolo chiave svolto dalla borgata durante la resistenza nazifascista.

Lo scorso 17 dicembre 2016, Claudio Kraiem, catanese di 21 anni ma residente a Roma, ha conquistato ad Asti il titolo italiano di Neo Pro, nella categoria pesi medio-massimi. «Claudio è capitato qui per caso: nel quartiere gli hanno parlato di noi. Questo di sabato è il più importante obiettivo raggiunto dalla nostra palestra fino ad ora, perché è una competizione nuova, un primo scalino delle competizione tra professionisti», spiega Silvano Setaro, giovane maestro della Quadraro Boxe (punta di diamante della palestra) e tra gli abitanti del quartiere che occuparono lo spazio nel dicembre del 2008. «Questo era un garage, inizialmente destinato a creare posti macchina per i palazzi qui di fronte alla palestra. Però, quando l’abbiamo occupato stava in una condizione di degrado totale. Ci furono diversi incendi, che causarono anche la morte di persone che vivevano qua dentro. Ma non solo, lo spazio veniva utilizzato anche per traffici illegali, si parlava anche di armi e altri giri…».

Mentre parliamo con Silvano, zuccotto in testa e orecchini, inizia l’allenamento del pomeriggio: bambini, ragazzi e ragazze cominciano a scaldarsi; Marco, un altro giovane del quartiere attacca il telefono alle casse per far partire la musica. «Dopo un anno di lavori, d’interventi di ogni tipo, siamo riusciti a mettere in piedi una palestra dignitosa, con non pochi sforzi e senza nessun sostegno dalle istituzioni». Con Silvano, cresciuto e conosciuto per le strade del quartiere, altri giovani del Quadraro e diversi attivisti del Centro sociale Spartaco, a due passi dalla palestra, lavorarono per trasformare quel vecchio garage abbandonato in un luogo di sport e socialità. Qui, proprio a lato della palestra, qualche anno più tardi un altro garage abbandonato è stato trasformato in uno spazio di arte e cultura, che gli occupanti hanno chiamato Galleria Zero e che ospita spesso eventi, mostre fotografiche, iniziative musicali. «Da subito il rapporto con il quartiere è stato molto positivo, quasi tutti ci hanno appoggiato, anche perché ci conoscevano, visto che già da prima frequentavamo il quartiere. I primi tempi sono stati tosti, ma ora abbiamo ingranato e abbiamo più di cento iscritti». Boxe giovanile e agonistica, ma anche diversi corsi danza aerea, afro e contemporanea. Silvano ci tiene a spiegare che uno dei punti fermi della palestra è garantire l’accessibilità allo sport a tutti e tutte. «I ragazzi da 6 ai 12 anni si allenano gratuitamente: ci teniamo a fare allenare anche i bambini delle famiglie che non possono permettersi di affrontare i costi di una palestra».

Qualche mese fa, la palestra popolare Quadraro ha prodotto un video di denuncia sulla mancanza del diritto allo sport a Roma. Nel video, realizzato da Andrea di Biagio, che è poi stato utilizzato dal Movimento 5 Stelle come argomentazione contro le Olimpiadi a Roma (arrivando a centinaia di migliaia di visualizzazioni sul web), il collettivo della palestra denunciava l’abbandono della «Città dello Sport», gigantesco progetto a Tor Vergata, mai terminato, che sarebbe dovuto essere il fiore all’occhiello di Santiago Calatrava per i mondiali di nuoto del 2009. A spiegarci il perché di quell’iniziativa viene Fabrizio. «Con quel video volevamo denunciare lo smantellamento e la distruzione di interi quartieri per progetti che poi non portano alcun beneficio ai territori. Nel caso dell’opera di Calatrava, stiamo parlando di centinaia milioni sprecati per quello che oggi è un gigantesco rudere abbandonato, sorto su uno spazio che apparteneva all’università di Tor Vergata ed è stata dato in appalto a privati, senza poi nessun ritorno positivo per gli abitanti della zona. Se si vuole puntare sullo sport per migliorare le periferie, ma anche per riuscire nelle competizioni, serve tutto meno che regalare ettari di terreno alla speculazione edilizia. Insomma, con quei due minuti di immagini e di video, volevamo chiedere a chi ha amministrato ed amministra questa città perché le risorse non vengono destinate a supportare e far crescere palestre come le nostre che già sono trampolini di lancio per giovani atleti, che come abbiamo dimostrato ancora questo sabato possono raggiungere alti livelli».

Quello dello scorso 17 dicembre, è solamente l’ultimo dei titoli della palestra popolare, che quest’anno aveva già vinto altri due titoli italiani e uno europeo, in competizioni non professionistiche. «Comunque – interviene Marco – le vittorie sportive non sono tutto. Per me la qualità più importante di un progetto come questo è dare una casa ai ragazzi e alle ragazze del quartiere. È autogestirci, autofinanziarci, prendere coscienza della forza che abbiamo per trasformare le nostre vite se siamo capaci di unirci e batterci per una causa comune. È un modo di attirare i giovani alla partecipazione politica, con lo sport, in un modo più dolce, senza usare una simbologia che ti identifica, ma cercando di portare avanti quei valori di solidarietà e di dignità popolare che vogliamo costruire». D’altronde, riprende parola Silvano, «il miglior modo di dire una cosa, è farla. Noi vogliamo stare dentro le dinamiche del quartiere, utilizzando forme e simboli che stiano al passo con i tempi e che veramente ci permettano di camminare a fianco delle persone. Questa è la nostra politica». Dietro di lui, un murales colora l’ingresso della palestra: «Boxe against racism». È ancora vivo lo spirito ribelle e resistente del Quadraro. Qui, grazie all’autogestione e alla partecipazione, capita che un vecchio garage abbandonato si trasformi in uno spazio per ballare, allenarsi e fare a pugni con il mondo, in una palestra partecipata e titolata. E che gli ultimi arrivino ad essere i primi, non solo nel pugilato.

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