Il business dei profughi in Veneto

Il business dei profughi in Veneto

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Dal consorzio inter-comunale dei rifiuti alle coop “sussidiarie” non solo ai migranti. La vicenda di Cona rinvia al profilo di Simone Borile e alle inchieste aperte dalle Procure di Padova e Rovigo.

Borile è un ex Dc, poi consigliere provinciale di Forza Italia, che ha ottenuto più di un incarico pubblico: dal CdA dell’istituto per minorati della vita Configliachi a quello dell’Ater fino alla breve presidenza del Parco Colli Euganei. Poi passa al Consorzio Padova Sud, anche con il ruolo di direttore di Padova Tre Srl (gestione dei rifiuti nei Comuni della Bassa). Proprio su iniziativa di questa società nasce nel 2011 la prima coop: Ecofficina Educational che fornisce servizi e gestisce asili nido, con al vertice Paolo Mastellaro, esponente del Pd. Nel febbraio 2015, la “scissione”: da una parte Edeco con sede a Battaglia Terme e Sara Felpati – moglie di Borile – come amministratore; dall’altra Ecofficina Servizi con sede a Este gestita da Mastellaro che colleziona progetti di educazione ambientale nelle scuole pagati dal Consorzio.

Edeco, invece, si dedica solo ai profughi. Non solo a Cona, perché ha ottenuto anche le ex basi militari a Bagnoli di Sopra (Padova) e Oderzo (Treviso) e l’anno scorso si è occupata dell’ex caserma Prandina, hub provvisorio nel centro di Padova. Un vero affare: più di 15 milioni secondo l’ultimo bilancio che contabilizza 180 dipendenti, di cui solo una cinquantina soci della cooperativa.

Ma il “sistema” di Borile & C non è inossidabile. A maggio 2015, il pm Federica Baccaglini apre un fascicolo sul bando per venti posti del servizio Sprar a Due Carrare: «Carte false» con l’avallo di una funzionaria della prefettura. E si moltiplicano i guai giudiziari con la Guardia di Finanza che setaccia le fatture delle due coop, le verifiche dei carabinieri sugli addetti alle pulizie, la denuncia per maltrattamenti e truffa nelle strutture di Montagnana. A quel punto diventa inevitabile la “scomunica” di Ugo Campagnaro, presidente regionale di Confcooperative: «Non esiste una legge che impedisce di ospitare centinaia di profughi in un’unica struttura. Questo però è un sistema che non risponde alle logiche della buona accoglienza, della qualità dell’intervento, dell’integrazione e della relazione. È un modello che guarda soprattutto al business. E per questo vogliamo prendere le distanze da un simile soggetto e dalla maniera in cui opera».

Del resto, la cronaca di Andrea Priante pubblicata otto mesi fa dal Corriere Veneto non lasciava molti dubbi sullo stile di Edeco: «Lavorerò sei giorni su sette, dalle 9 del mattino alle 7 di sera. Il pagamento sarà in voucher: 200 euro alla settimana, che togliendo la pausa pranzo fanno 3 euro e 70 centesimi l’ora. Ma presto, se tutto andrà bene, arriverà un vero contratto e allora lo stipendio supererà i mille euro al mese…». Come sulla situazione nella vecchia base nella campagna veneziana: «Mi diventa subito lampante quale sia il problema più grande: uomini di Paesi, culture e religioni diverse, stipati come polli dentro stanze disadorne, possono trasformare quel posto in una bomba a orologeria».

Un’anomalia riassunta dalle cifre: su circa 10 mila profughi accolti in Veneto oltre 2 mila risultano affidati alle coop di Borile. «Chi protegge Ecofficina?» chiedeva a settembre il M5S con la parlamentare Silvia Benedetti e i consiglieri comunali della Bassa padovana Luca Martinello, Andrea Bernardini, Filippo Gallocchio, Francesco Roin e Lorella Giordan. Sollecitavano l’intervento di Autorità anti-corruzione e Corte dei Conti sulla regolarità delle gare nelle prefetture venete. Finora, senza risposta.

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