Per bloccare i migranti Minniti resuscita il vecchio accordo con Gheddafi

by Carlo Lania, il manifesto | 10 Gennaio 2017 9:25

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Pur di fermare le partenze dei migranti dalla Libia l’Italia è pronta a resuscitare l’accordo siglato nel 2008 dal governo Berlusconi con Muhammar Gheddafi. Ad affermarlo sono state ieri fonti del governo di Tripoli al termine dell’incontro che il ministro degli Interni Marco Minniti ha avuto in Libia con il leader al Serraj e il ministro degli Esteri Taher Siyala. Il vertice è servito a mettere a punto accordi bilaterali per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione e al terrorismo in cambio – se le notizie diffuse da Tripoli saranno confermate – di investimenti italiani in infrastrutture (all’epoca si parlò di 5 miliardi di euro, cifra che sembrerebbe confermata oggi) ma anche di soldi per rganizzare voli che riportino i migranti nel paese di origine.

Era stato lo stesso Minniti ad annunciare nei giorni scorsi l’intenzione di recarsi nel paese nordafricano per discutere con il premier Serraj come fare per mettere fine alle partenze dei barconi. «Dalla Libia arriva il 95% dei migranti ed è chiaro che il fenomeno va affrontato lì» aveva detto. Nessuno però si sarebbe immaginato che si sarebbe arrivati a rispolverare un accordo che aveva avuto come unico risultato quello di deviare quanti fuggono da guerre e miserie verso nuove rotte. Ora l’Italia sembra decisa a riprovarci. In particolare si chiede a Tripoli non solo di impedire ai barconi di prendere il mare, ma soprattutto di intensificare i controlli alle frontiere sud del paese impedendo gli ingressi dal Niger, paese che oggi rappresenta un vero crocevia per le centinaia di migliaia di disperati che cercano di raggiungere l’Europa Per questo, come era stato promesso a Gheddafi, l’Italia sarebbe pronta a fornire un sistema radar.

Resta da vedere se il piano potrà attuarsi. Al momento Serraj controlla infatti solo una parte della Tripolitania e difficilmente sarà in grado di garantire l’impermeabilità del confini meridionali del paese. Si sta avviando invece verso la fine l’addestramento della Guardia costiera libica da parte della missione europea Sophia. Conclusa la prima fase, che prevedeva l’addrestramento in mare di 78 ufficiali e sottufficiali libici, sta per avviarsi la seconda all’interno di basi situate in Italia, Grecia e Malta. Per arrivare entro primavera alla fase finale che consiste nella formazione dei libici a bordo delle navi che con le quali dovranno operare: otto motovedette già destinate nel 2011 dall’Itaia alla Libia e fermate dalla rivolta contro Gheddafi. Si tratta di pattugliatori italiani che sono stati adattati alle nuove esigenze e che l’Italia consegnerà nelle prossime settimane.

Il Mediterraneo del resto sarà al centro delle azioni politiche e militari dei prossimi mesi. «E’ giunto il momento di imprimere una svolta alla missione europea contro gli scafisti», ha detto domenica la ministra della Difesa Roberta Pinotti. «E’ venuto il momento di passare a una fase due in Libia, sostenere la Guardia marina libica perché ci siano controlli in acque africane. Dobbiamo riuscire a farlo in acque libiche». Un annuncio a dir poco frettoloso. Il passaggio della missione europea dal controllo delle acque internazionali davanti alla Libia (che ha permesso fino a oggi il salvataggio di migliaia di migranti) alla cosiddetta fase «2Bravo» che prevede l’ingresso nelle acque territoriali libiche servono infatti una richiesta da parte del governo di Tripoli e una risoluzione dell’Onu che autorizzi l’intervento. Condizioni senza le quali ogni cosa è considerata come un atto di guerra. Che tutto questo avvenga in tempi relativamente brevi è però tutt’altro che scontato. A causa delle resistenze russe sono serviti mesi perché il Consiglio di sicurezza arrivasse ad approvare una risoluzione che autorizzasse la prima fase della missione europea.

Difficile quindi che un intervento ancora più a ridosso delle coste libiche, con tutti i rischi che potrebbe comportare, riuscirà ad avere il via libera in tempi rapidi. Anche se, contrariamente al passato, quest’anno l’Italia fa parte del Consiglio di sicurezza come membro non permanente. Non a caso ieri il ministro degli Esteri Angelino Alfano, che oggi parteciperà a New York proprio a una riunione del Consiglio di sicurezza, ha ricordato come «nel Mediterraneo si giocano i destini del mondo». Obiettivo è sempre lo stesso: esternalizzare le frontiere europee, mettendo così fine agli sbarchi. «Come si sono spesi soldi per l’accordo con la Turchia per fermare i migranti – ha detto Alfano – occorre mettere a disposizione parecchi soldi europei per fermare le partenze mettendosi d’accordo con i paesi africani di origine e di transito».

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