Elezioni in Francia. Il “no” del ribelle Mélenchon ai socialisti

Elezioni in Francia. Il “no” del ribelle Mélenchon ai socialisti

Loading

PARIGI. «Nessuna alleanza possibile, i socialisti paghino il prezzo politico di ciò che hanno fatto in 5 anni di governo». Più chiaro di così: Jean-Luc Mélenchon è il disturbatore a sinistra delle presidenziali. Dopo essersi presentato già nel 2012, l’ex socialista (fuoriuscito dal partito 8 anni fa), ci riprova con un nuovo movimento, la “France insoumise”, la Francia indomita. «Faccio politica con la ragione e con il cuore» dice nel suo ufficio dove si vedono i tetti di Parigi e la basilica del Sacro Cuore eretta dopo la repressione della Comune. «Per noi rivoluzionari è stata a lungo un simbolo da abbattere, ma in fondo non è così male » scherza “Méluche”, come lo chiamano i giovani militanti. Secondo i sondaggi potrebbe superare il candidato del Ps nel primo turno delle presidenziali di aprile. Nato in Marocco nel 1951, è un grande oratore, i suoi libri- pamphlet sono bestseller, ha aperto un canale YouTube che vanta oltre 100mila abbonati e ha promesso un comizio in diretta tra Lione e Parigi sdoppiandosi grazie a un ologramma. Si riconosce nei populismi di sinistra dell’America Latina, è ancora un chavista convinto nonostante la situazione drammatica del Venezuela. «L’unico errore di Chávez – dice – è stato non essere riuscito a liberare il Paese dalla dipendenza dal petrolio ».

Cosa ha pensato del confronto tra i candidati alle primarie della sinistra?
«Mi sono annoiato molto. Ed ho avuto la conferma di aver fatto bene a non partecipare. Chiunque sarà il vincitore sarà destinato a schiantarsi contro un muro. L’unico che poteva avere un minimo di coerenza in campagna elettorale forse era proprio François Hollande ».
Sembra quasi soddisfatto di questa situazione.
«La socialdemocrazia ha cercato di sostituire la rivoluzione con le riforme, puntando tutto sulla crescita economia e dimenticando la redistribuzione della ricchezza. E’ un movimento cominciato con Bill Clinton negli anni Novanta, proseguito in Europa con Tony Blair, Gerhard Schroeder e altri, e che ora si sta fracassando ovunque, dall’Italia, alla Grecia, alla Spagna».
Anche lei è stato socialista.
«E’ vero, ma ho avuto l’onestà di prendere atto del fallimento di questa visione che nel migliore dei casi si sovrappone al liberalismo ».
Potrebbe venire a patti con il vincitore delle primarie?
«Sarebbe una scemenza. Perché dovrei allearmi con chi ha sostenuto Hollande? Manuel Valls è stato il suo premier, Arnaud Montebourg e Benoît Hamon sono stati i suoi ministri ».
E’ un suicidio collettivo: con tutti questi candidati, la sinistra è condannata a essere esclusa dal ballottaggio.
«Nel 2012 eravamo già 5 candidati per la sinistra, senza che ciò abbia impedito a Hollande di vincere l’elezione. Questa volta saremo lo stesso numero, forse anche meno perché non è sicuro che Yannick Jadot (candidato dei Verdi, ndr.) riuscirà a presentarsi. Se la sinistra rischia di essere eliminata al primo turno la colpa non è mia, ma di Hollande e del governo Valls».
E se alla fine fosse Emmanuel Macron a prendere più voti a sinistra?
«Non accetto che venga definito come un candidato di sinistra. C’è una parte di bluff che uscirà allo scoperto molto presto. E alla fine prenderà voti soprattutto a destra, per esempio dai sostenitori di Alain Juppé che non vogliono votare per François Fillon».
Sulla possibile uscita dall’euro lei fa come Marine Le Pen, alimentando l’ambiguità?
«Semmai è lei che mi copia perché sta nel panico: non ha più un centro di gravità. Io non propongo di uscire dall’euro ma di cambiare i rapporti di forza. Se sarò eletto, il mio primo obiettivo sarà andare da Angela Merkel per rinegoziare i Trattati che ci costringono a seguire politiche di austerità. Tutti sanno, anche se non lo dicono, che il debito pubblico della Francia, come di altri Paesi, non potrà mai essere rimborsato. Dunque smettiamola con questa dannosa ipocrisia». Crede che la Germania potrebbe accettare la sua idea? «Io penso che Merkel sia una persona ragionevole con cui si può parlare. Se poi non ci sarà dialogo possibile, faremo scattare il piano B: lo illustrerò nell’anniversario del Trattato di Roma, con un vertice alternativo nella capitale italiana. In caso di piano B, la Francia si riprenderà le sue libertà. E a quel punto tutto può accadere».

SEGUI SU LA REPUBBLICA



Related Articles

Turchia. Il governo caccia i sindaci Hdp, commissariato anche Diyarbakir

Loading

Il governo sostituisce i co-leader eletti il 31 marzo, stessa politica usata nel 2015 e 2016 contro 95 municipalità curde. L’accusa: legami con il Pkk

Impeachment per Dilma, tensioni in Brasile

Loading

Nella notte il voto del Congresso, in vantaggio i contrari alla presidente. Città paralizzate dai cortei

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment