Francia. Il radicale Hamon vince le primarie e conquista la sinistra

Francia. Il radicale Hamon vince le primarie e conquista la sinistra

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Nelle primarie del partito socialista francese per la corsa all’Eliseo Benoît Hamon, il sostenitore del reddito universale, si impone di larga misura (58% contro 42%) sul centrista Manuel Valls. Sarà lui a sfidare il gaullista François Fillon e Marine Le Pen del Fronte nazionale. Nella sua intervista al Corriere , Hamon si schiera con l’Italia nella polemica con il commissario europeo Moscovici sul rispetto dei conti pubblici e prefigura un asse progressista «da Varoufakis in Grecia a Pablo Iglesias in Spagna a Martin Schulz in Germania. Questa sera — annuncia — la sinistra alza la testa e guarda al futuro»

PARIGI «Non mi davano neanche una chance a queste primarie, e le ho vinte. Adesso sarei un candidato debole per l’Eliseo? Sono convinto del contrario. La legittimità democratica delle primarie è più preziosa di riunire migliaia di persone in una sala (riferimento al rivale di centrosinistra Emmanuel Macron, ndr ). Una sinistra che era passiva e arrabbiata finalmente si è risvegliata». Poche ore prima dei risultati definitivi, Benoît Hamon parla al Corriere da vincitore.

Quale sarà la sua posizione sull’Europa, a cominciare dai contrasti di questi giorni tra Italia e commissario Moscovici su conti pubblici e spese per il terremoto?

«Sono totalmente solidale con l’Italia. La Commissione, e commissari europei che pure hanno avuto responsabilità politiche, sembrano ossessionati dall’applicazione di criteri contabili peraltro perfettamente arbitrari. Bruxelles, che in passato è stata di manica più larga con la Francia, applica le regole con una severità assurda, quando bisognerebbe ricorrere al deficit per fare fronte a catastrofi impreviste, o per finanziare la transizione ecologica ed energetica, o per operazioni militari come quella francese in Mali».

Se lei arrivasse all’Eliseo, che cosa farebbe per rilanciare l’Unione?

«La Francia deve prendersi le sue responsabilità europee e anche mediterranee. I temi che ci riguardano tutti nell’Europa del Sud sono l’indebolimento dello Stato sociale a causa delle politiche di austerità e della crisi del 2008, la questione dell’immigrazione, le conseguenze del riscaldamento climatico. Partirei dalla proposta di Jacques Delors di un trattato dell’Energia come quello sul Carbone e l’Acciaio, e la costruzione di una Difesa europea. E ovviamente bisogna finirla con l’applicazione cieca del 3% e del rigore budgetario, e pensare semmai alla messa in comune del debito».

La sua vittoria contro Valls, che mesi fa era parte di un trio riformista europeo con Renzi in Italia e Sanchez in Spagna, comporta una nuova difficoltà della sinistra a cooperare in Europa?

«Ma il trio Valls-Renzi-Sanchez, quali progressi ha portato all’Europa? Qualcuno ha aiutato Renzi quando si è trovato isolato di fronte a Bruxelles? La mancanza di cooperazione tra i dirigenti della sinistra europea salta agli occhi. Quando si dice che entro il 2050 ci potrebbero essere un miliardo di rifugiati a causa del cambiamento climatico, che cosa ha da dire la sinistra? Dobbiamo ripartire da queste questioni di fondo».

Quali sono i suoi interlocutori?

«I partiti socialdemocratici conoscono sconfitte ovunque. Questo non vuol dire che la socialdemocrazia sia morta, ma la sua missione storica — offrire progresso sociale e conquiste democratiche — non è più percorribile se non coinvolge anche il resto della sinistra. Sui problemi ecologici e sociali va ricostruita un’alleanza da Varoufakis in Grecia a Pablo Iglesias in Spagna a dirigenti della socialdemocrazia classica come Martin Schulz in Germania».

Lei viene bollato come esponente della «sinistra Corbyn», utopista e senza cultura di governo. Cita Sanders, ma Sanders ha perso. Che cosa risponde?

«In base a questo schema superficiale, esisterebbero una sinistra di trasformazione che rifiuta di governare, e una sinistra di governo che rifiuta di trasformare. Ma dopo cinque anni di sinistra, in Francia, che cosa resta di diverso e di migliore rispetto a un quinquennio di destra? Dobbiamo reagire alla rivoluzione digitale sul lavoro, magari con la mia proposta di un reddito universale. Ma da troppo tempo sembra proibito pensare a soluzioni nuove. Quel che mi interessa di Corbyn, di Tsipras, di Sanders o anche del mio successo, è la mobilitazione dei giovani attivi. Il realismo non può essere la scusa per rinunciare. Perché allora non si è realisti, si è rassegnati».

Lo scandalo Fillon riapre i giochi per l’Eliseo, magari a suo vantaggio?

«Diciamo che io non avrò le preoccupazioni che ha lui in questo momento. Poi sono stupito da quelli che nel suo partito già vogliono farlo fuori, anche se ha vinto le sue primarie con 4 milioni di voti».

Il partito socialista invece la sosterrà in modo compatto?

«Una grande maggioranza credo di sì, anche se sarà difficile. Alcuni pensano che le primarie siano una bella cosa, a patto di vincerle. Ma farò il possibile per riunire tutta la sinistra».

Stefano Montefiori

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