Beppe Grillo non ci sta a passare per garantista

Beppe Grillo non ci sta a passare per garantista

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«Chi ha una condotta, un comportamento politico o sociale riprovevole, a prescindere dall’esito di un procedimento penale, sarà sanzionato, nei casi più gravi cacciato»

Il Movimento 5 Stelle continua ad arrovellarsi attorno a regole, codici e tribunali più o meno metaforici. Intanto per la questione del codice sui procedimenti giudiziari. Perché, nonostante i richiami alla Costituzione, Beppe Grillo non ci sta proprio a passare per un garantista. Ecco dunque che, all’indomani del polverone sulle giurie popolari contro i giornalisti e incassata a stragrande maggioranza la ratifica della normativa interna sui procedimenti giudiziari, torna sul tema per allontanare ogni sospetto di aver allentato la sorveglianza verso i propri eletti.

Un messaggio che pare destinato ai militanti confusi e agli attacchi che vengono dai dissidenti. Per il leader M5S le nuove regole «garantiscono ai cittadini che chi tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene messo fuori dalla porta». «Non aspettiamo il terzo grado di giudizio – prosegue Grillo – Nel Movimento 5 Stelle già al primo grado si prevede l’espulsione. Se nel Pd si applicasse lo stesso nostro Codice, non resterebbe quasi più nessuno». Per di più, spiega, «i nostri eletti che hanno una condotta o un comportamento politico o sociale riprovevole ed eticamente censurabile, a prescindere dall’esito di un procedimento penale, vengono sanzionati e nei casi più gravi cacciati».

Con un post scriptum, il cofondatore del M5S si spiega meglio con Enrico Mentana che aveva considerato diffamatorio il post del giorno precedente sui Tg «venditori di bufale». Grillo sostiene si trattasse solo di una «denuncia politica» e invita Mentana a proseguire il suo lavoro. Il direttore del Tg La 7 accetta le spiegazioni e decide di ritirare la querela. Qualcun altro, per la legge del contrappasso, intende portare il leader in tribunale. Perché la battaglia degli espulsi che ha indotto i vertici del M5S a dotarsi di nuove regole, prosegue. Il nuovo codice è stato votato via Internet a maggioranza bulgara (il 91 per cento ha espresso parere favorevole), ma da meno di un terzo dei 120 mila iscritti al sito.

Continuano dunque le anomalie procedurali. Secondo Lorenzo Borrè, l’avvocato che ha curato i ricorsi che fecero decadere il vecchio regolamento e il Non Statuto ci sono ancora estremi per inchiodare Grillo al rispetto della legge. Borrè punta il dito accusatorio anche contro il codice etico. «Impugneremo il nuovo regolamento, le modifiche al non statuto e il codice etico – annuncia all’Adnkronos – La votazione di ieri è da considerarsi nulla anche per la mancanza di quorum». Più in generale, spiega, guardando al regolamento e al non statuto votati ad ottobre, «sono una quindicina i motivi di impugnazioni, ottimi e abbondanti».

Grillo ci tiene a dimostrare il suo anti-garantismo anche parlando di migranti. Così, il giro di vite annunciato dal ministro dell’interno Marco Minniti viene considerato sul blog come una misura propagandistica e tutt’altro che efficace. Al contrario, per Grillo la stretta repressiva fatta di nuovi Cie «rallenterebbe solo le espulsioni degli immigrati irregolari». Bisognerebbe, prosegue il post, «assumere migliaia di laureati in discipline giuridiche che possano identificare al più presto chi ha diritto all’asilo e chi no. Gli irregolari identificati dopo questo processo vanno subito rimpatriati, altro che riaprire i Cie che piacciono a Mafia capitale».

Visto che qualche parlamentare pentastellato aveva espresso dei dubbi circa la tolleranza zero sventolata da Grillo sui migranti, dal blog si provvede a ricordare che quando un voto online si espresse contro il reato di immigrazione clandestina, l’obiettivo non era altro che «rendere più snelle le espulsioni, diminuire i costi a carico dei cittadini e facilitare il duro lavoro di magistrati e forze dell’ordine», visto che «già nel 2008 le forze di Polizia denunciavano l’inefficienza di questa norma propagandistica voluta dalla Lega che nel 2010 ha bloccato l’espulsione dell’89% dei clandestini come ricordavano i sindacati di polizia».

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