Fortezza Europa: creato un Fondo per l’Africa, 200 milioni per fermare i migranti
Mezzi, tecnologie e addestramento delle forze di sicurezza di Libia, Niger e Tunisia in cambio dell’impegno da parte dei tre paesi africani a fermare le partenze dei migranti. La logica del «do ut des», avviata con l’accordo firmato un anno fa tra Unione europea e Turchia, comincia a estendersi concretamente anche in Africa. L’iniziativa, però, questa volta è del governo italiano che pur di riuscire a mettere un argine agli sbarchi di migranti sulle nostre coste ha creato un nuovo Fondo per l’Africa nel quale per ora sono stati stanziati 200 milioni di euro, soldi che vanno a sommarsi ai 430 milioni già previsti per la Cooperazione.
Ad annunciare l’iniziativa è sotto ieri Angelino Alfano «Noi diamo una mano nel finanziare sviluppo e attività di controllo, ma in cambio chiediamo una mano per diminuire le partenze» ha spiegato il ministro degli Esteri annunciando l’intenzione di arrivare in futuro ad accordi simili anche con Nigeria, Senegal, Egitto ed Etiopia.
Per il governo Gentiloni è sempre più urgente riuscire chiudere la rotta del Mediterraneo centrale attraversata dai migranti. Per questo i tre paesi africani destinatari dei finanziamenti risultano fondamentali. Dalla Tunisia partono molti dei barconi diretti in Sicilia, mentre il Niger è uno snodo centrale per chiunque tenti di imbarcarsi dalla Libia. Chiudere le frontiere di questi Stati significa creare un grosso ostacolo ai migranti. Come poi i governi locali adempiranno allo scopo è qualcosa che non sembra interessare Roma. «Loro dovranno dirci di cosa hanno bisogno e noi lo finanzieremo, gli daremo una mano nel controllo delle frontiere», ha aggiunto Alfano.
Certo, sulla carta il rispetto di diritti umani di quanti fuggono da dittature o miseria continua a essere fondamentale ma difficilmente eventuali controlli, sempre ammesso che ci saranno, metteranno in luce violazioni che già oggi sono all’ordine del giorno.
L’iniziativa della Farnesina arriva quando mancano ormai poche ore al vertice dei capi di stato e di governo che si terrà domani a Malta e durante il quale verranno decise le strategie europee per fermare il flusso di migranti. «Non c’è una soluzione tutta italiana al problema dei flussi migratori irregolari, occorre fare squadra con l’Unione europea, le agenzie specializzate dell’Onu e le Ong», ha proseguito Alfano. Per Bruxelles come per Roma l’obiettivo è lo stesso: coinvolgere – sempre in cambio di soldi e attrezzature – il governo libico di Fayez al Serraj nel contrasto all’immigrazione. Nelle scorse settimane il ministro degli Interni Marco Minniti si è recato in Libia per parlare con Serraj annunciando subito dopo di aver raggiunto un accordo che ora l’Unione europea vorrebbe replicare. Peccato, però, che da Tripoli non sia finora arrivata nessuna conferma dell’esistenza di una simile intesa e che solo due giorni fa la stessa Marina libica si è detta contraria a operazioni nelle proprie acque territoriali per fermare e portare indietro i barconi dopo la loro partenza. «Noi non siamo i gendarmi dell’Europa nel Mediterraneo», ha detto un portavoce, il generale Ayoub Omar Qassem.
Serraj, da ieri a Bruxelles, incontrerà oggi la rappresentante della politica estera della Ue Federica Mogherini per chiarire la fattibilità del piano europeo. E’ possibile che il leader libico si limiti a chiedere maggiori finanziamenti, visto che per ora l’Ue ha stanziato 200 milioni di euro. Oppure, ed è più probabile, sul tavolo c’è la fragilità del governo Serraj e di conseguenza l’impossibilità – al di là di inutili proclami – di garantire la fattibilità del piano di contrasto dei migranti. Così come, al di là delle rassicurazioni, è impossibile garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti in un paese dove pestaggi, stupri e violenze sono all’ordine del giorno.
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