Geopolitiche. Il mondo visto dalla Cina

Geopolitiche. Il mondo visto dalla Cina

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PECHINO Qual è la direzione da seguire per andare dalla Cina all’America? L’Est, naturalmente. E invece no, bisogna dirigersi a Nord, attraverso l’Oceano Artico. È solo una questione di prospettiva, di mappe e in ultima analisi di geopolitica. La nuova geopolitica vista da Pechino.

L’idea è venuta al professore Hao Xiaoguang dell’Accademia delle scienze cinese, dove è titolare di Geofisica e geodesia, che significa «studio della forma semplificata della Terra». Una semplificazione sinocentrica nella fattispecie, che storicamente riconduce al termine «Zhongguo», Impero di mezzo, il nome in mandarino della Cina.

Hao Xiaoguang ha cominciato a lavorarci nel 2000 e all’inizio anche l’establishment scientifico cinese lo ha preso per eccentrico: in una delle sue mappe New York vista dalla Cina compare sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Però il professore spiegava che, passando dall’Artico dove i ghiacci si stanno riducendo, New York dista da Pechino 11 mila km invece dei 19 mila via Pacifico. Sosteneva che la cartografia tradizionale era frutto della supremazia occidentale e che bisognava rimettere le cose (il mondo) a posto. I suoi studi hanno prodotto quattro mappe che utilizzano come perno l’Oceano Artico per l’emisfero settentrionale e l’Oceano Antartico per quello meridionale. Nel 2010 lo Stockholm International Peace Research Institute ha inserito quella sul Polo Nord in un suo rapporto e da allora il professor Hao è diventato una celebrità a Pechino. Anche l’Esercito di liberazione popolare ha adottato il suo sistema per i piani di difesa nazionale: è stato calibrato sul nuovo modello Beidou, il rivale cinese del Gps, il Global positioning system. I generali hanno notato che anche la rotta di un missile intercontinentale cinese, solcando l’Artico, risparmierebbe 8 mila km.

«È una rivoluzione copernicana» made in China, dice Hao. E per il governo di Pechino le sue mappe rappresentano bene il risveglio geopolitico dell’Impero di mezzo e l’ambizione espressa dal presidente Xi Jinping di prendere la guida della ri-globalizzazione dell’economia mondiale. I cinesi puntano ad aprire una nuova Via della Seta stradale e marittima: un progetto lastricato di centinaia di miliardi di dollari di investimenti in Asia, in Africa, anche in Europa, con uno dei terminali marittimi che potrebbe essere in Adriatico. Gli avamposti sono già stati costituiti: il porto di Gwadar in Pakistan, concesso dal governo di Islamabad a quello di Pechino; una base a Gibuti, anche con installazioni militari a disposizione dei cinesi; il Pireo greco.

La visione cinese è sicuramente innovativa e ha dalla sua i grandi numeri: «Zhongguo» è la seconda economia del mondo, regina delle esportazioni con 500 miliardi di dollari di surplus commerciale all’anno. Peccato che nelle mappe anche le isole Paracel e Spratly siano considerate cinesi, nonostante l’opposizione di una serie di Paesi molto più vicini e la bocciatura da parte del Tribunale internazionale per la legge del mare.

Guido Santevecchi

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