Barcellona controcorrente «Stop ai turisti, sì ai rifugiati»
«No al turismo di massa, Barcellona non è in vendita», «Basta scuse, accogliamo ora i rifugiati». Due slogan, due manifestazioni , una città che da sempre va fieramente controcorrente. Centinaia di migliaia di persone — 160 mila per la polizia, 500 mila secondo gli organizzatori — hanno partecipato sabato alla marcia di solidarietà che ha attraversato il centro della capitale catalana, reclamando il rispetto degli impegni presi dal governo di Madrid. In base all’accordo europeo raggiunto nel settembre 2015, la Spagna avrebbe dovuto aprire le frontiere a 17.337 persone; ne ha accolte finora appena 1.034. Pure la Catalogna, che ne ospita 471, aveva però promesso di accettarne 4.500. E sono in buona (anzi, cattiva) compagnia: secondo i dati diffusi dalla Commissione a inizio mese i Paesi Ue si sono suddivisi solo il 7% dei 160 mila richiedenti asilo arrivati in Grecia, Italia e Turchia.
La voglia di marcare la propria differenza da Madrid è un «vizio» storico di Barcellona, dai tempi della guerra civile degli anni Trenta al recente referendum separatista. Ma se da un lato la piazza catalana spalanca le braccia ai derelitti del mondo, perché «nessuno è illegale», dall’altro si chiude verso chi arriva dalla «ricca» Europa, magari su volo low-cost, in cerca della movida della Rambla. Solo tre settimane fa, il più famoso «paseo» della città si è colorato di ben altri slogan e striscioni. Migliaia di persone hanno sfilato per «ri-conquistare le nostre strade», contro l’«invasione guiri», come son chiamati in Spagna i turisti. Affitti sempre più cari, antichi caffè sfrattati per far posto ai megastore dell’abbigliamento, ristoranti specializzati in paella de-congelata e sangria annacquata. I motivi per ribellarsi sono tanti e a volte anche molto diversi: c’era chi urlava contro la costruzione dell’ennesimo hotel di lusso e chi difendeva il mercato di quartiere. Ma c’è un nemico comune: la «turistificación». La sindaca Ada Colau gongola. Ex attivista anti-sfratti, alleata di Sinistra Unita e Podemos, si è fatta paladina di entrambe le battaglie. «È molto importante che in un’Europa incerta dove cresce la xenofobia, Barcellona diventi la capitale della speranza», ha detto mettendosi alla testa della manifestazione pro-rifugiati. Con parole altrettanto decise ha dichiarato guerra al «turismo selvaggio». Dopo aver imposto uno stop a nuovi hotel in centro (in città ne aprono 10-12 all’anno), il Comune sta studiando un sostanzioso aumento delle «imposte per i cittadini temporanei», ossia per quei 34 milioni di turisti (contro 1,6 milioni di cittadini permanenti) che ogni anno scelgono di visitare Sagrada Familia e Palazzo Güell. «Barcellona non sarà una nuova Venezia», ha avvertito la alcalde Colau.
Sara Gandolfi
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