L’ascesa di Sinwar al vertice di Hamas, segnala che le “Brigate Ezzedin al Qassam”, il braccio armato, sono sempre più influenti nel movimento islamico. Numero due peraltro sarà Khalil al Haya, un altro fautore della linea dura. Originario di Khan Yunis, tra i fondatori dell’ala militare, rimasto nell’ombra per anni, Sinwar nel 2011 era stato liberato da Israele dopo due decenni passati dietro le sbarre (perché condannato a quattro ergastoli per aver partecipato, secondo i giudici israeliani, all’uccisione di due soldati) nel quadro dell’avvenuto scambio tra un migliaio di prigionieri politici palestinesi e il caporale israeliano Ghilad Shalit, rimasto per cinque anni prigioniero di Hamas nella Striscia. Sostenitore del pugno di ferro, da leader però potrebbe dover dedicare la sua attenzione ai problemi, gravissimi, che affronta la popolazione dopo tre offensive militari israeliane costate migliaia di morti e feriti e distruzioni immense. Ibrahim al Madhoun, un analista di Gaza che ha incontrato Sinwar due mesi fa, sostiene che il nuovo capo di Hamas è più interessato a migliorare le condizioni di vita a Gaza che a riprendere il conflitto con Israele. Inoltre sarebbe favorevole alla riconciliazione con l’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen, annunciata più volte ma mai avvenuta su terreno.
Da parte sua Israele descrive Sinwar come un leader “inflessibile” che potrebbe portare Hamas a un nuovo scontro militare. Per ora però ci sono soltanto gli avvertimenti del ministro israeliano della difesa, Lieberman, che non ha mai nascosto l’intenzione di rovesciare con la forza l’autorità di Hamas a Gaza.