Proteste e arresti a Mosca. Per Alexei Navalny 15 giorni di carcere

Proteste e arresti a Mosca. Per Alexei Navalny 15 giorni di carcere

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La sensazione è che siano stati tutti colti di sorpresa. Le proteste «anti corruzione» che hanno caratterizzato il week end russo (non solo a Mosca ma in molte parti del paese) e che hanno portato all’arresto di centinaia di persone compreso l’ideatore delle manifestazioni, Alexei Navalny, sembrano essere state un avvenimento inaspettato tanto dalla dirigenza russa quanto dallo stesso «dissidente».

Per il giornalista del Guardian Alech Luhn, fermato insieme ad alcuni manifestanti, gli arresti a Mosca sarebbero stati nell’ordine di un migliaio e avrebbero coinvolto per lo più giovani. Luhn ha avuto la possibilità di parlare con alcuni dei ragazzi arrestati e tutti sono stati concordi nel motivare la loro presenza in piazza come sfogo contro la corruzione del paese.

SECONDO IL CREMLINO le manifestazioni sarebbero state una «provocazione» e la repressione che ne sarebbe seguita una logica conseguenza di «manifestazioni non autorizzate». L’uomo che viene descritto come il rappresentante delle proteste contro il Cremlino è Alexei Navalny. 41 anni, nato e laureato a Mosca è da tempo impegnato a denunciare la corruzione dei vertici del paese, identificando il male assoluto nella figura del premier Medvedev; in pochi forse pensavano che la sua attività, sviluppata negli ultimi tempi soprattutto on line, potesse dare vita a manifestazioni di piazza di questo tipo.

DOPO GLI ARRESTI e le azioni della polizia russa, gran parte dei paesi europei e gli Usa hanno chiesto l’immediato rilascio degli arrestati compreso Navalny, condannato a 15 giorni di carcere e a una muta di circa 300 euro.

Ma quanto rimane da capire si trova presumibilmente sul fondo di una società che appare in difficoltà e che comincia a dimostrare un sentimento di sfiducia nei confronti della guida padronale di Vladimir Putin. Il dato di quanto accaduto nel week end infatti è duplice: da un lato ci sono stati molti giovani che hanno partecipato alle proteste; dall’altro è innegabile che le manifestazioni si siano diffuse non solo nelle grandi città ma anche nella periferia del paese.

ALEXEI NAVALNY, nel frattempo, è già diventato un eroe delle cronache mainstream occidentali; ma nel corso della sua carriera politica è stato capace di creare divisioni anche all’interno di un variegato, per quanto talvolta nascosto, fronte anti Putin. Le sue posizioni nel tempo hanno provocato più di un sopracciglio alzato anche tra i membri del suo ex partito, il raggruppamento liberale Yabloko, dal quale è stato espulso nel 2007, nonché da parte di altri attivisti come l’ambientalista Evgenya Chirikova. Navalny contribuì a creare ulteriori spaccature quando prese parte a una manifestazione dichiaratamente ultra-nazionalista nel 2011 e in seguito a sue affermazioni di stampo razzista contro gli immigrati e in particolare contro i georgiani. Nel 2008 quando ci fu il conflitto con la Georgia Navalny adottò una posizione fortemente nazionalista appoggiando le operazioni militari russe (mentre si è schierato contro Putin nel caso della crisi ucraina).

Le sue esternazioni sia nei confronti dei migranti, sia sulla necessità di politiche ultraliberiste, hanno aperto anche uno squarcio nella sinistra russa anti putiniana, divisa tra la necessità di appoggiare una persona capace di catalizzare attenzione e la sensazione di non poterne condividere granché i contenuti politici. A Navalny viene riconosciuta una capacità di mobilitazione, grazie all’utilizzo di parole semplici, come lo slogan «ladri e cialtroni» indirizzata ai politici russi. La sua strategia ha unito abilità economica a fiuto politico: nel tentativo di smascherare la corruzione ha provveduto via via a inserirsi in consigli di amministrazioni e board di aziende russe.

POI NEL 2013 è stato condannato a 5 anni di carcere a Kirov. Nonostante questo – e a seguito di una cauzione – Navalny fu in grado di partecipare alle elezioni, ottenendo a sorpresa il 27% dei voti nella corsa all’incarico di sindaco di Mosca nel 2013. A febbraio di quest’anno è arrivata la conferma della condanna, con pena sospesa, per appropriazione indebita al termine di un processo che lui stesso ha definito «politico». È l’accusa che – dichiarata nulla dalla corte europea – potrebbe impedirgli di correre alle presidenziali del 2018. Una candidatura annunciata e che secondo i rumors sarebbe temuta dallo stesso Putin. Del resto già nelle elezioni del 2011 Navalny e la sua campagna avrebbero contribuito al risultato sotto le attese del partito di Putin. Dato che i media lo ignorano Navalny ha saputo muoversi con grande abilità sui social media, attirando le attenzioni dei giovani in preda, in Russia come altrove, di quel sentimento dell’antipolitica visto come antidoto a una crisi della rappresentanza che pare non risparmiare nessun paese.

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