Nasce un gruppo con il 17% del mercato europeo, secondo solo a Volkswagen Gli analisti ritengono che con l’accordo l’utile possa tornare entro il 2020
GINEVRA. Tra lo stand della Peugeot (il 6271 del sesto padiglione) e quello della Opel (il 2231 del secondo) ci sono quasi cinquecento metri. In mezzo centinaia di brand grandi e piccoli espongono le loro novità al Palexpo di Ginevra, certamente il più affascinante tra le decine di saloni dell’auto che annualmente si svolgono in tutto il mondo. Da ieri mattina alle 9,15, quando Carlo Tavares e Mary Barra hanno annunciato a Parigi che la Opel era diventata francese, la planimetria del salone, che è poi la fotografia dell’industria mondiale dell’auto, è diventata già vecchia prima ancora di finire nelle cartelle stampa dei visitatori. «Con i dipendenti di Operl/Vauxhall costruiremo un avvenire migliore », ha detto il nuovo proprietario Tavares. A doppio taglio la dichiarazione della manager americana: «Questa operazione è una vittoria per tutti gli azionisti ». Certamente lo è per quelli di General Motors: Opel, il braccio europeo del maggiore costruttore di Detroit ha perso miliardi in questi anni e sicuramente gli azionisti americani non vedevano l’ora di liberarsene.
Peugeot ha pagato 2,2 miliardi di euro: 1,3 per acquistare la società e 900 mila per rilevare la banca che garantisce le operazioni finanziarie di Gm Europa. Inoltre ha dovuto dare forti garanzie sul fondo pensioni da 10 miliardi dei dipendenti tedeschi.La Borsa ha premiato Peugeot mostrando di credere alla promessa di Tavares di «arrivare all’utile in Opel entro il 2020». Scommessa che si potrà realizzare probabilmente tagliando posti di lavoro. Incassata l’operazione Peugeot- Opel, assai più rapida del previsto, tutto il mondo dell’auto è entrato in fibrillazione. L’acquisto fa nascere in Europa un colosso che vale da solo il 17 per cento del mercato, subito dietro Volkswagen. L’aggregazione non muove la classifica mondiale di Peugeot: i francesi sono sempre dietro Fca anche acquisendo il milione e 200 mila auto della Opel. Ma nel mondo dei muri e del protezionismo, nella post-globaliazzazione dell’era Trump, conta di più essere tra i primi a casa propria che in vetta alla classifica mondiale. E’ un fatto che Gm si rintana sull’altra sponda dell’Atlantico proprio mentre Hollande esulta perché «nascerà un campione europeo dell’auto». Ed è simbolico che proprio un prodotto di quel nuovo “campione europeo”, la Peugeot 3008, venga nominata in queste ore auto dell’anno 2017.
Ciascuno, insomma, gioca il suo campionato. Questo agita i rumors tra gli stand di Ginevra. Rotto l’immobilismo degli ultimi anni, quando Sergio Marchionne gridava invano che sarebbero state necessarie le aggregazioni tra case per evitare di buttare miliardi in centinaia di stabilimenti che fanno tutti la stessa cosa senza alcuna sinergia, ora potrebbe essere arrivato il momento del grande risiko. Come in chimica, ogni molecola va alla caccia dell’elettrone che le manca. Dopo l’operazione di ieri è chiaro che a Gm manca la sponda europea. Così nelle ultime ore è nata la teoria dei due tempi: Mary Barra si libera di Opel per affidarla a Peugeot che ha dimostrato di conoscere molto meglio il mercato del vecchio continente. Tra qualche anno risanata Opel, la grande Peugeot potrebbe essere pronta per una fusione con General Motors creando il più grande gruppo dell’auto nel mondo. Ipotesi nate ieri mattina osservando gli sguardi di intesa tra Tavares e Barra nella conferenza stampa e anche alcune dichiarazioni dei protagonisti su quanto sia stata proficua la collaborazione industriale tra i due gruppi.
Gli analisti non attribuiscono invece molta importanza al fatto che Opel mantenga alcune azioni warrant di Peugeot. L’alternativa a questo scenario è quella che coinvolge direttamente Fca: Fiat-Chrysler potrebbe a sua volta rappresentare la nuova costola europea di General Motors. Ma la nuova fusione tra Torino e Detroit dovrebbe aspettare almeno il 2018, quando i conti del Lingotto saranno a posto.
Oggi toccherà a Sergio Marchionne dire in conferenza stampa se e come il suo gruppo entrerà nel grande risiko dell’automobile. Sarebbe paradossale che, dopo aver predicato per anni la necessità delle aggregazioni, il gruppo torinese ora fosse costretto a guardare le mosse degli altri.
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