Gurmehar Kaur, guerrigliera della pace: “A uccidere mio padre fu la guerra, non il Pakistan”

by RAIMONDO BULTRINI, la Repubblica | 3 Marzo 2017 16:10

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La polizia ha fatto fatica a contenere le decine di risse scoppiate nel campus Nord dell’Università di Delhi trasformata in una fortezza, con gli accessi bloccati e le stazioni del metrò chiuse. Studenti della destra indiana anti-pachistana contro quelli di sinistra e pacifisti si sono picchiati lasciando a terra diversi feriti anche gravi, con la polizia in difficoltà a separarli.

Raccolti sotto la sigla dell’Arvp, il braccio studentesco del Bjp di Narendra Modi al governo, i giovani ultraortodossi cantavano le strofe di Vande Mataram, ti adoro e saluto Madre, usato come inno contro gli “elementi antinazionalisti”, i “nemici dell’India”, meritevoli di essere cacciati dagli atenei. Ce l’hanno con una nuova generazione stanca di guerra e di tensioni che raccoglie tutti quelli che non credono nel mito del Pakistan come eterno nemico solo perché è un Paese islamico, nata da un nucleo duro di giovani simpatizzanti del Partito comunista.
La figura più rappresentativa di questi nuovi pacifisti dopo quella di Umar Khalid, laureando musulmano arrestato un anno fa per sedizione, è una ragazza di vent’anni dallo sguardo bello e severo al primo anno di letteratura inglese. Iscritta alla Delhi University, bastione delle destre, e non al “covo di ribelli” della Jawaharlal Nehru, Gurmehar Kaur ha prestato la sua espressione da guerrigliera della pace e la sua storia personale alla campagna degli studenti contro un odio ormai antico di 70 anni.
I suoi cartelli scritti a mano e postati online sono già un culto, ma a darle le credenziali giuste per rappresentare tanti coetanei e gente di tutte le età è il fatto di essere orfana di un soldato sikh, martire del sanguinoso conflitto di Kargil del 1999. «Il Pakistan non ha ucciso mio padre – ha detto scatenando le ire dei nazionalisti – la guerra lo ha ucciso».
Studentessa di letteratura inglese della Delhi University, lanciò il movimento “Studenti Contro Abvp” con un cartello subito virale: «Non ho paura di voi», diceva. «Ogni studente dell’India è con me». Presto sono cominciate le minacce di stupri e di morte e per qualche giorno Gurmehar è andata avanti lo stesso con altri post ad effetto. «Ce n’è voluto, ma mi sono lasciata dietro l’odio. Oggi sono un soldato come mio padre». «Combatto per la pace tra India e Pakistan».
La destra che ha la maggioranza nel governo Modi ha dovuto calibrare con toni perlopiù paternalisti gli attacchi personali alla figlia del martire, per non urtare l’opinione pubblica che tifa per lei. «Vorrei sapere chi le ha inquinato la mente», ha detto un ministro. Ma politici meno diplomatici come il governatore dell’Haryana sono andati pesanti: «Chi la sostiene è pro-Pakistan». La pressione si è fatta troppo pesante. Alla vigilia degli incidenti di ieri, Gurmehar ha gettato la spugna almeno per un po’. “Mi ritiro dalla campagna – ha twittato -Complimenti a tutti. Chiedo di essere lasciata in pace». Domani i suoi compagni tornano a protestare. Anche in suo nome.

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