USA. Gli immigrati fuggono verso il Canada

USA. Gli immigrati fuggono verso il Canada

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Già il primo segnale era stato eloquente. Il giorno stesso della vittoria di Donald Trump, il 9 novembre dello scorso anno, il sito dell’ufficio immigrazione del Canada era saltato, sommerso da un sovraccarico di accessi, provenienti perlopiù dagli Stati uniti. L’annuncio, ripetuto durante tutta la campagna elettorale da parte del candidato repubblicano, di voler cacciare milioni di immigrati irregolari, soprattutto ispanici, che risiedono spesso da decenni nel paese e di chiudere le frontiere anche di fronte ai rifugiati di guerra, era bastato a scatenare un’ondata di paura. Il varo del discusso muslim ban e l’inizio della caccia agli indocumentados, dopo l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, hanno fatto il resto. Mai, dai tempi della guerra d’indipendenza quando migliaia di lealisti alla corona britannica cercarono rifugio in Canada, l’afflusso dagli Stati uniti oltrefrontiera era stato così massiccio e continuo.

Malgrado le temperature polari e le intense nevicate che si sono registrate dall’inizio dell’anno, tra gennaio e febbraio migliaia di persone hanno cercato di entrare legalmente nel paese, e oltre 1.000 migranti irregolari sono stati bloccati alla frontiera dalla polizia federale canadese. Ancora più significativi i dati, resi pubblici solo nei giorni scorsi, relativi ai richiedenti asilo. In due mesi sono state presentate oltre 5.000 domande, più del doppio rispetto agli scorsi anni. Tra il 2011 e il 2015 erano stati trattati in media circa 17mila dossier relativi ai rifugiati l’anno, con l’eccezione del solo 2016 quando si era registrato un picco nelle richieste, ma relativo solo ai siriani.

Ora, invece, la maggior parte di quanti entrano nel paese provenienti dagli Stati uniti, e il cui numero, secondo le autorità di Ottawa, è destinato ad aumentare con l’arrivo della primavera, proviene da Sudan, Eritrea, Yemen, Chad e Turchia, oltre che dalla stessa Siria.

Quelli che accettano di parlare con i giornalisti – in Canada la vicenda sta suscitando grande interesse presso l’opinione pubblica – raccontano di temere per le norme che potranno essere varate in seguito dalla nuova presidenza o di sentirsi già minacciati da una probabile e rapida espulsione. Molti affrontano spese anche significative per mettere al riparo la famiglia dalla necessità di una nuova fuga. Sono disposti a pagare tra i 10 e 15mila dollari a dei passeurs che li conducono oltre frontiera o a sobbarcarsi dei lunghi viaggi in auto, ad esempio da New York a Plattsburgh, cittadina dell’estremo nord-ovest statunitense che dista solo qualche decina di chilometri dalla frontiera del Québec.

Proprio la provincia francofona del Canada, insieme a quelle della Columbia Britannica e di Manitoba è tra le zone più interessate da questo nuovo afflusso di migranti e rifugiati. Il Québec conta infatti ben 30 posti di frontiera, su un totale di 117 in tutto il Canada, lungo un confine di 800 chilometri che lo divide dagli Usa. «Questa è la più lunga frontiera demilitarizzata del mondo, a segnalarla c’è solo una piccola striscia di foresta di una decina di metri che è stata disboscata», racconta François Doré, un ex tenente della polizia del Québec in pensione che vive da queste parti. «Ogni giorno faccio la mia passeggiata su questi sentieri e posso dire che negli ultimi mesi è cambiato tutto. Gli ingressi illegali attraverso la campagna sono diventati quotidiani. Ci deve essere dietro una rete ben organizzata di passeurs, ma è anche l’effetto Trump che si fa sentire».

Nel frattempo, l’aumento degli ingressi nel paese sta iniziando a pesare anche nel dibattito pubblico. Se all’inizio dell’anno il primo ministro canadese, Justin Trudeau, si era detto pronto ad accogliere coloro che provenienti dai paesi musulmani erano stati banditi dagli Stati uniti, riscontrando un ampio sostegno tra i suoi concittadini, oggi, secondo un sondaggio realizzato negli ultimi giorni dalla Reuters, un canadese su due disapprova la politica del governo nei confronti di migranti e rifugiati e il 48% chiede che vengano espulsi, a fronte del 36% che si dice favorevole alla loro accoglienza. Per il momento Trudeau può comunque stare tranquillo: in Canada non sono previste elezioni fino al 2019.

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