L’arsenale di Kim. Dove può colpire?

L’arsenale di Kim. Dove può colpire?

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PECHINO Nella parata di Pyongyang per l’Anno 105 dalla nascita del fondatore Kim Il-sung, dietro i soldati che marciavano al passo dell’oca e i civili irreggimentati muniti di fiori di plastica, il regime nordcoreano ha esibito tutta la sua potenza missilistica. Il temuto test nucleare non c’è stato, forse solo rinviato. Ma nelle immagini della sfilata gli analisti militari hanno individuato lanciatori mobili per vettori a medio e lungo raggio e nuovi tipi di missili balistici intercontinentali (Icbm). Un arsenale inquietante, che quando sarà operativo darà a Kim Jong-un la possibilità di un’aggressione a sorpresa o un «secondo attacco»: la rappresaglia in caso di «azione preventiva» da parte di americani e sudcoreani. Ipotesi di guerra senza quartiere.

Sulla piazza Kim Il-sung, montato su un grande camion, è sfilato il Pukkuksong-1, missile balistico sviluppato per il lancio da un sottomarino (Slbm). È la prima volta che i nordcoreani mostrano in pubblico questo ordigno, noto in sigla come KN-11. Con un raggio d’azione valutato in oltre 1.000 chilometri il Pukkuksong-1 può colpire il territorio giapponese. Dopo diversi test falliti, la Marina di Pyongyang è riuscita a lanciarne uno con successo ad agosto del 2016: volò per circa 480 chilometri finendo in mare nella zona di identificazione aerea di Tokyo.

Secondo l’intelligence occidentale i tecnici del Nord allora usarono un angolo di tiro molto alto per ridurre la gittata. Nella parata sono stati contati sei di questi missili marini; al momento i nordcoreani hanno un solo sottomarino capace di lanciarli. Ma Kim ha voluto far capire di puntare su questa arma insidiosa che sfugge ai radar nella fase precedente al lancio. Un sottomarino spedito al largo della penisola coreana potrebbe scatenare un attacco al di fuori del raggio di visione del Thaad, sistema antimissile che gli Usa stanno schierando a sud di Seul.

Un altro segnale aggressivo è stato dato con i Pukkuksong-2, variante terrestre di quelli sottomarini. Ieri hanno fatto tremare le strade di Pyongyang chiusi nei loro contenitori fissati su lanciatori dotati di cingoli. Questi missili sono alimentati da combustibile solido, che riduce i tempi di preparazione per il lancio rendendo difficile l’individuazione da parte dei satelliti. Ordigni come i Pukkuksong-2 servono alla strategia di un possibile «attacco a freddo». A febbraio i nordcoreani ne hanno provato uno proprio mentre Donald Trump incontrava il premier giapponese in Florida.

Da una terrazza, Kim Jong-un, in gessato scuro, ha sorriso entusiasta al passaggio di una formazione di «Musudan», vettori a medio raggio capaci di colpire la base Usa di Guam. Dall’inizio del 2016 sono stati osservati 37 lanci sperimentali: ogni test, riuscito o fallito, affina la tecnologia bellica. Kim ha applaudito un trasportatore con quattro missili antinave, significativi ora che gli Stati Uniti hanno inviato la flottiglia della portaerei Carl Vinson verso la penisola. La parata è stata completata da due lunghi contenitori che secondo gli analisti potrebbero essere l’involucro di missili intercontinentali. Serviranno settimane di studio delle immagini per cercare di dare una valutazione di questo armamentario, tra operatività e propaganda.

Sappiamo però che i missili intercontinentali con testate nucleari sono l’obiettivo finale di Kim Jong-un. Si calcola che nell’arsenale siano già pronte almeno 20 testate atomiche e che la produzione continui a un ritmo di 4 o 5 all’anno. Pyongyang sostiene di aver risolto anche il problema della miniaturizzazione.

Nel discorso di Capodanno, il Rispettato Maresciallo ha detto che «i preparativi per il lancio del primo missile balistico intercontinentale capace di colpire le città degli Stati Uniti sono all’ultimo stadio». Trump rispose con un tweet: «Non accadrà». Ma KT McFarland, numero due del National Security Council della Casa Bianca, dice che se non si troverà una soluzione «la Nord Corea sarà in grado di colpire gli Usa con un missile intercontinentale entro la fine del mandato del presidente», vale a dire prima del gennaio 2021. C’è ancora tempo, ma non molto, per disinnescare in qualche modo Kim.

Guido Santevecchi



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