Liberato Del Grande: «Ancora non so perché in Turchia mi hanno fermato»

Liberato Del Grande: «Ancora non so perché in Turchia mi hanno fermato»

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Dopo 14 giorni passati chiuso in centro di espulsione turco, finalmente Gabriele Del Grande può tornare a sorridere. Il giornalista toscano da ieri è di nuovo libero. Le autorità turche lo hanno avvisato alle dieci di domenica sera che avevano deciso di rimetterlo in libertà e ieri mattina, come previsto, è stato espulso. L’arrivo in giornata all’aeroporto di Bologna dove ad attenderlo ha trovato la moglie Alexandra D’Onofrio, la sua famiglia e il ministro degli Esteri Angelino Alfano. «Missione compiuta», ha commentato il titolare della Farnesina una volta che il blogger ha rimesso piede in Italia.

Baci, abbracci e legittima soddisfazione per l’esito positivo della vicenda, anche se i punti da chiarire su quanto accaduto il 9 aprile scorso nella regione di Hatay, quando Del Grande è stato fermato mentre intervistava alcuni profughi siriani per il suo libro, è un capitolo ancora tutto da scrivere. «Non ho ancora capito perché mi hanno fermato», ha detto ieri il giornalista raccontando di essere stato bloccato da alcuni agenti in borghese. Impossibile capire se fossero della polizia o militari. Quello che è certo è che contro di lui non è stata usata violenza. «La più grande difficoltà è stata la privazione della mia libertà, nessuno mi ha mai mancato di rispetto», ha confermato Del Grande. «Sono stato vittima di una violenza istituzionale, considero illegale quello che mi è successo».

La parola adesso passa ai due avvocati che in questi quattordici giorni lo hanno assistito , il legale turco Taner Kilic e la collega italiana Alessandra Ballerini. Il primo, che ha potuto incontrare Del Grande giovedì nel centro di espulsione di Mugla insieme al console italiano a Smirne Luigi Iannuzzi, fin da subito ha dichiarato che non esistevano ragioni per un suo trattenimento. A loro spetta adesso il compito di fare chiarezza sulle ragioni del fermo e del trattenimento del giornalista. Negli interrogatori quotidiani ai quali è stato sottoposto nel primo centro da Hatay, e successivamente a Mugla, al giornalista sarebbero state rivolte sempre domande relative al suo lavoro, come ha confermato lui stesso ieri. Interrogatori motivati forse dal sospetto che Del Grande potesse ave aver incontrato presunti terroristi, o semplicemente perché stava lavorando senza i necessari permessi in un’area vicina al confine con la Siria. Oppure, più semplicemente. perché da mesi in Turchia i giornalisti sono nel mirino del regime e più di 150 di loro si trovano in carcere. Del Grande ha voluti ricordarli nel giorno della sua liberazione. «Io fortunatamente sono tornato a casa – ha detto – ma in Turchia ci sono in carcere giornalisti che si trovano in condizioni molto peggiori della mia».

In questi giorni l’attenzione intorno alla vicenda del blogger toscano è stata massima, con la Farnesina che non ha mai smesso di restare i contatto con le autorità turche. Alfano ha definito una «follia» le voci circolate circa il pagamento di un riscatto per la liberazione di Del Grande. «E’ stato un arresto, non un sequestro», ha detto il ministro al quale va riconosciuto il merito di essersi speso in prima persona per la liberazione del giornalista. «Anche nei momenti di massima tensione – ha spiegato Alfano – abbiamo mantenuto i contatti con il governo turco e abbiamo sempre valorizzato le cose che ci uniscono».

Soddisfazione unanime è stata espressa per la liberazione di Del Grande. «Siamo contenti e sollevati», ha detto il presidente di Amnesty international Italia, Antonio Marchesi. «Speriamo inoltre che la sua vicenda contribuisca a porre maggiore attenzione nei confronti della situazione dei diritti umani, e soprattutto della violazione della libertà i informazione in un paese nel quale oltre 100 giornalisti dono in carcere a causa della loro attività». Soddisfatto per la liberazione di Del Grande anche il presidente della commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi, che ha seguito fin dall’inizio la vicenda. «Ancora una volta – ha detto – determinante è tato il ruolo delle donne, anzi di due donne: la compagna di Del Grande, Alexandra D’Onofrio, e il legale Alessandra Ballerini. Quando si manifesta una possibile tragedia, assistiamo alla straordinaria capacità delle donne di fare del proprio dolore privato una grande risorsa di mobilitazione pubblica. In questo caso – ha concluso Manconi – non si può però dimenticare l’ottimo lavoro svolto dal ministro degli Esteri».

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