Elezioni francesi. Le Pen-Macron: duello a Amiens
Due terribili film, che raccontano la spaccatura della società, il dialogo tra sordi e lo sfruttamento della disperazione, sono stati girati su uno stesso scenario ieri. Amien, capitale del dipartimento della Somme (Fronte nazionale in testa al primo turno), fabbrica Whirlpool (ex Indesit), 290 operai, che la proprietà statunitense ha intenzione di chiudere dal giugno 2018, per trasferire la produzione di asciuga biancheria a Lodz, in Polonia.
Macron è arrivato poco dopo sullo stesso parking, accolto da una marea di fischi, spintoni e urla «Marine presidente». Il regista François Ruffin (che ha realizzato il documentario Merci patron!, ed è stato una delle figure di spicco della Nuit Debout e ora è candidato locale per France Insoumise alle legislative) gli ha spiegato: «Lei paga il prezzo di non aver preso posizione». Macron ha detto agli operai: «C’è collera nel paese, perché c’è angoscia, ci sono decisioni che non si spiegano, bisogna assumersi la responsabilità ed è per questo che sono qui». E ha accusato di facile «demagogia» le promesse di Marine Le Pen: «Non vi prometto cose che non sono possibili – ha detto – mi sono impegnato ad applicare duramente le legge, non prendo l’impegno di nazionalizzare, di salvarvi con i soldi pubblici, non faccio promesse all’aria, vi dico solo che il risanamento della Francia prenderà tempo e tornerò per rendervene conto».EMMANUEL MACRON aveva previsto un incontro ad Amiens con i rappresentanti sindacali della Whirlpool. A fine mattinata, mentre il candidato di En Marche! era alla Camera sindacale, quindi lontano dal sito di produzione, la rivale Marine Le Pen è sbarcata a sorpresa sul parking della fabbrica. Una decisione presa all’improvviso. Dieci minuti di incontro con il picchetto operaio, qualche selfie, la promessa: «Con me la fabbrica non chiude», «a chiudere saranno le frontiere» e poi via di nuovo verso altri lidi.
Macron si è impegnato a non «omologare» un piano di chiusura che «non sia all’altezza» e a cercare un «acquirente» per rilanciare la fabbrica, che garantisca di mantenere «il maggior numero» di lavoratori.
AD AMIEN è andata in scena la spaccatura di fondo che lacera da tempo la Francia e che al ballottaggio è incarnata dai due candidati. Un operaio di Amiens ha chiesto a Macron: «Lei è per la mondializzazione?». «Ma siamo nella mondializzazione» ha risposto Macron. Marine Le Pen promette di isolare la Francia da questa configurazione dell’economia mondiale, di chiudere le frontiere non solo agli stranieri ma anche alle merci, mettendo tasse alle importazioni. Macron propone di rafforzare la Francia all’interno di una zona euro federalista, con a termine un bilancio comune e un ministro delle finanze, che potrà mettere in atto regole per evitare il dumping sociale interno alla zona e proteggere la produzione made in Europe, che crescerà in qualità (la Germania esporta con l’euro, ha 150 miliardi di attivo della bilancia commerciale).
MARINE LE PEN ieri ha fatto balenare agli operai della Whirlpool, angosciati di perdere il lavoro in una regione che offre poche alternative, che è possibile tornare al passato, proponendo la «preferenza nazionale» nelle assunzioni (tassa sui lavoratori stranieri) e chiudendo le frontiere. Macron ha ricordato agli operai che la messa in atto del protezionismo porterà «alla distruzione di migliaia di posti di lavoro» e che Marine Le Pen non fa che «un’utilizzo politico» della loro disperazione.
NICOLAS SARKOZY, ieri, ha invitato a votare Macron, perché l’elezione di Le Pen «comporterebbe conseguenze molto gravi per il paese e i francesi», ma la scelta del candidato di En Marche! «non equivale a un sostegno al suo progetto».Jean-Yves Camus, specialista dell’estrema destra, in un incontro alla Fondation Jean-Jaurès, sottolinea che Marine Le Pen, per evitare di mostrare le contraddizioni del suo programma, ha «ridotto all’osso» le sue proposte, «binarie: patrioti contro mondialisti, protezione intelligente contro i mercati, identità francese contro multiculturalismo». Le Pen deve tenere assieme elettorati diversi, quello della destra tradizionale, «più sensibile alla retorica identitaria» e quello popolare, contro «il capitale mondializzato, l’élite detestata». Macron viene accusato di essere il candidato dell’élite. Ma questa tesi, secondo il demografo Hervé Le Bras, è contradetta dall’analisi geografica del voto del primo turno: le grandi città hanno votato più Macron che Le Pen, anche se accumulano i problemi sociali caratteristici della «Francia dell’esclusione» che ha favorito, nelle zone periurbane, il voto per il Fronte nazionale. «Le cause socio-economiche non sono sufficienti per rendere conto del voto Le Pen e, di conseguenza, del suo opposto, il voto Macron», scrive su Le Monde. «Le città sono diventate i punti di contatto e di scambio con il mondo», gli abitanti vogliono quindi «preservare l’apertura della Francia al mondo e particolarmente all’Europa».
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