Sciopero della fame nelle carceri in Israele. Marwan Barghouti in isolamento

Sciopero della fame nelle carceri in Israele. Marwan Barghouti in isolamento

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BETLEMME. Marwan Barghuti, promotore dello sciopero della fame che da ieri osservano circa 1500 detenuti palestinesi, è stato trasferito dal carcere di Hadarim e chiuso in isolamento in un altro penitenziario. Ufficialmente la sanzione fa seguito alla pubblicazione «non autorizzata» di un suo articolo sul New York Times che ha provocato forte irritazione nel governo israeliano. Barghouti ha scritto che gli arresti di massa condotti da Israele per decenni non sono riusciti ad indebolire i palestinesi. «Questo sciopero – ha scritto – dimostra una volta di più che il movimento dei prigionieri è la bussola che guida la nostra lotta per la libertà e la dignità…i prigionieri palestinesi stanno soffrendo torture, trattamenti degradanti e inumani e negligenza medica, alcuni sono stati uccisi in custodia». Immediata la replica del ministero degli esteri israeliano secondo il quale, i palestinesi in carcere «non sono prigionieri politici ma terroristi condannati ed assassini». Il ministro dell’intelligence Israel Katz ha scritto su twitter «Mentre i parenti degli (israeliani) uccisi ricordano e soffrono, c’è una sola soluzione: pena di morte per i terroristi». Per Israele anche Barghouti è un terrorista, condannato a cinque ergastoli per aver organizzato attentati contro civili. Accusa che al processo il dirigente di Fatah ha respinto. Per i palestinesi invece Barghouti è il nuovo Mandela.

L’inizio dello sciopero della fame, nel “Giorno del prigioniero”, al quale stanno prendendo parte detenuti di varie fazioni politiche e non solo quelli di Fatah – Hamas ha espresso sostegno al digiuno ad oltranza ma finora non ha ordinato ai suoi membri reclusi di parteciparvi – è stato segnato da manifestazioni di protesta in varie città della Cisgiordania, in particolare a Ramallah e a Betlemme. I soldati israeliani hanno arrestato cinque dimostranti palestinesi e ferito almeno 15. Secondo dati dell’ong Addameer, sono circa 6500 i prigionieri politici in Israele. Di essi, 478 scontano l’ergastolo. Altri 300 sono sotto ai 18 anni. Il presidente dell’Anp Abu Mazen ha espresso solidarietà ai detenuti e invocato un intervento internazionale in loro favore. Allo stesso tempo guarda con attenzione all’evoluzione delle proteste che potrebbero estendersi mettendolo di fronte al dilemma di reprimerle o assecondarle con conseguenze politiche in entrambi i casi. Questo mentre si prepara all’incontro con il presidente americano Trump.

 

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