La Francia al ballottaggio. Macron, Le Pen o astensione

La Francia al ballottaggio. Macron, Le Pen o astensione

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PARIGI. François Hollande sarà a Berlino, la sera dell’8 maggio, giorno della capitolazione tedesca nel ’45, festivo in Francia, per una cena privata con la cancelliera Angela Merkel. Un simbolo, il giorno dopo il voto delle presidenziali, che tutti gli europei osservano con apprensione. Fino alla caricatura, lo scrutinio di oggi è anche un voto pro (o contro) l’Europa: Emmanuel Macron l’europeo, contro Marine Le Pen la nazionalista.

«Il nazionalismo è la guerra», diceva Mitterrand, frase più volte ripresa dal candidato En Marche!. Macron assicura di voler riformare l’Ue «assieme» a Merkel, Le Pen nella volgare prestazione del dibattito del 3 maggio, ha detto sprezzante al suo rivale che, «comunque vada, la Francia sarà diretta da una donna, o io o Merkel».

LA COSTRUZIONE EUROPEA è molto contestata in Francia. Tra i candidati al primo turno, 8 erano chiaramente schierati contro la Ue (ma 10 avevano votato contro o a Maastricht, come Fillon, oppure al referendum sul Trattato costituzionale del 2005, Hamon compreso, anche se il candidato socialista aveva presentato un programma preciso per la riforma della Ue e della zona euro, con l’aiuto dell’economista Thomas Piketty). Se si addizionano i voti degli otto anti-Ue, si arriva a sfiorare il 50% dei votanti (49,6%) che hanno espresso scetticismo e avversione alla Ue.

Questo rifiuto si è nutrito di passioni tristi, di manifestazione di odio, risentimento. I sondaggi danno Macron vincente (l’ultimo lo dà al 63%), ma il nuovo presidente avrà di fronte questo muro di avversione alla Ue, che per molti elettori si sta traducendo in un rigetto, anche violento e volgare, contro la sua stessa persona. Sono stati usati fino alla nausea termini tipici della tradizione dell’estrema destra francese – e non solo da esponenti di questa parte politica, contro «il banchiere», a cui tropo spesso è stato aggiunto il riferimento a «Rothschild», banca d’affari dove Macron ha lavorato qualche anno, ma nome che l’estrema destra utilizza fin dalla fine del XIX secolo per diffondere il veleno antisemita.

MACRON HA COMINCIATO a delineare una risposta, nella prospettiva di «riformare l’Europa». È la rinuncia che viene rimproverata a Hollande, tra le principali cause dell’impossibilità a ripresentarsi. Macron afferma che ci vuole «una nuova Unione europea, che protegga i cittadini e regoli la mondializzazione», una Ue che porti «dei risultati», che sia «più efficace», «più concreta», «meno burocratica».

Questa è la partita che si gioca da dopo-domani, se Macron vince. Avrà la forza di farlo? L’intenzione non manca, ma anche Hollande l’aveva e poi non ci ha neppure provato.

L’analisi delle alte sfere economiche è che la Francia manca di credibilità (deficit, debito), anche se grandi passi per recuperarla sono già stati fatti, l’economia francese è tra le più competitive al mondo. Ma lascia fuori troppe persone. Macron non avrà tempo per recuperare credibilità agli occhi di Schäuble, ministro dell’economia tedesco. Ma l’irruzione in forza dell’estrema destra, che anche se sconfitta otterrà consensi mai visti prima, può forzare il cambiamento.

Conterà non solo la percentuale di voti che andranno oggi a Macron, ma anche il peso dell’astensione (che potrebbe aumentare rispetto al primo turno, cosa inedita in una presidenziale, per di più è un lungo week end, lunedì è vacanza) e del voto bianco o nullo.

Milioni di indifferenti, di cittadini che scelgono il «né né», «né il banchiere né la fascista», «né estrema destra né estrema finanza», peseranno sul futuro. Il 57% del voto per Macron non è «di adesione» al suo programma, spiegano i sondaggi, ma è un voto «per difetto», «contro».

La campagna è stata inquinata fino all’ultimo da pesanti polemiche: nella notte tra venerdì e sabato, En Marche! ha denunciato «un’azione di pirateria massiccia e coordinata» su Internet, partita da hackers legati all’estrema destra Usa e persino ripresa da Wikileaks, con mail personali e documenti del movimento, mischiati a dei falsi. En Marche! intende sporgere denuncia.

Siti russi minacciano di fare altrettanto contro En Marche!, alimentando il clima deleterio in cui si conclude la campagna.

Con il voto di oggi la corsa non finisce. Mai come in questa tornata elettorale, conteranno i risultati delle imminenti legislative di giugno. L’esito è incerto, anche perché c’è un’enorme frammentazione. Con le regole in vigore, per passare al secondo turno nelle 577 circoscrizioni e attribuire il seggio, è sufficiente raccogliere al primo turno il 12,5% dei voti espressi. Si prevedono molte «triangolari», se non addirittura delle «quadrangolari», visto che il Fronte repubblicano non c’è più e molti candidati non si ritireranno per bloccare la strada all’estrema destra.

La lotta oggi è tra chi rappresenterà la principale forza di opposizione: il Fronte nazionale punta a questo ruolo, ma anche France Insoumise è in gara. I Républicains non hanno rinunciato ad ottenere la maggioranza relativa e piegare Macron fin da subito a una «coabitazione».

Solo il Ps sembra fuori gioco, spezzettato in correnti e rivalità personali, minacciato di essere fagocitato da En Marche!. Bisognerà aspettare la nuova Assemblée che uscirà dalle urne il 18 giugno per avere un’idea di come verrà governata la Francia nei prossimi anni.

Intanto, in una Francia dove è ancora in vigore lo stato d’emergenza, per garantire il voto e il dopo-voto (per far fronte ad eventuali disordini in serata), sono mobilitati 50mila tra poliziotti e militari.

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