Arriva l’ombra dell’impeachment per Donald Trump

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Sulla fuga di notizie dalla Casa bianca a Mosca interviene Putin: «Pronti a fornire la registrazione dell’incontro con Lavrov»

NEW YORK. La storia infinita della Casa bianca continua: il New York Times ha rivelato che a febbraio Donald Trump, durante un incontro privato nello studio ovale, ha chiesto all’ex direttore dell’Fbi James Comey, di porre fine all’indagine sull’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn.

«Spero che tu possa lasciarlo andare. È un bravo ragazzo», ha detto il presidente, secondo il memo di Comey, le cui parti sono state divulgate al quotidiano newyorchese da un suo collaboratore, dopo il licenziamento della settimana scorsa.

Ovviamente la Casa bianca ha negato la versione degli eventi riportata nel memo ma non è bastata una smentita per porre fine alle richieste crescenti di una testimonianza di Comey al Congresso.

Il presidente del Comitato di sorveglianza della Camera ha inviato una lettera all’Fbi per chiedere tutte le trascrizioni integrali delle conversazioni tra Trump e il loro ex capo.

Questo evento è sia la prima vera prova che Trump sta cercando di vanificare l’investigazione federale sul Russiagate, che un ennesimo capitolo della lotta feroce tra la stampa e la Casa bianca, dopo che Comey è stato il primo accusato della connivenza con i russi per avere compromesso l’elezione di Hillary Clinton, come la stessa Clinton ha denunciato più volte, riaprendo a pochi giorni dal voto un’indagine su di lei e i suoi server di posta, indagine chiusa dall’Fbi mesi prima.

Ora, però, nell’occhio del ciclone delle rivelazioni di Comey c’è il presidente Trump, che da candidato l’aveva applaudito. È una guerra di rivelazioni: Trevor Trimm di Freedom of the Press ha twittato il link alle istruzioni su come condividere anonimamente dei file ad una trentina di media, tweet rivolto «a chiunque sia in possesso dei memo di Comey».

«Siamo entrati in territorio di impeachment», ha detto alla Cnn John Dean, avvocato della Casa bianca di Nixon, intervistatissimo in questi giorni.

Il suo parere è condiviso dal repubblicano John McCain: il tentativo di Trump di influenzare l’indagine sui legami tra i suoi collaboratori e la Russia, se confermato, costituirebbe ostruzione alla giustizia: non è più una sensazione, ma un reato.

La notizia del memo di Comey ha provocato un autentica bufera alla Casa bianca: secondo due collaboratori di Trump che hanno parlato in anonimato, il presidente si è rivoltato contro la maggior parte dei suoi consiglieri, persino contro il genero Jared Kushner, chiamandoli incompetenti e urlando.

Non è stata l’ultima ondata di caos. Putin, in conferenza stampa congiunta con il premier Gentiloni, ha dichiarato che i russi hanno registrato il famigerato colloquio tra il loro ministro degli Esteri e Trump nel quale il presidente ha rivelato informazioni top secret.

«La Russia è pronta a fornire all’amministrazione americana la registrazione del colloquio», per dimostrare che non c’è niente da nascondere, ha detto Putin con tono scherzoso, per poi precisare che non è proprio una registrazione, ma una trascrizione.

Resta il fatto che per l’intelligence russa è una passeggiata arrivare a registrare dentro lo Studio Ovale. In realtà il nemico Putin che ora compare come ago delle sorti americane, non è un prodotto completamente alieno, essendo stato legittimato ad intervenire da Obama e stati maggiori riuniti, con cui aveva stabilito un coordinamento di intelligence, nel settembre 2015.

Ora questa super creatura è il perenne convitato di pietra alla mensa americana della nuova ingovernabile presidenza Trump, che fa acqua da tutte le parti rivelando la reale bilancia di potere tra le due potenze.

Putin ha mantenuto toni decisamente più seri di quelli di Trump e detto che gli Stati uniti sono vittime di «una schizofrenia politica. Non si spiega altrimenti il caso creato intorno al colloquio con Lavrov durante il quale non è stato rivelato alcun segreto».

«Se gli americani non lo capiscono sono stupidi, se invece capiscono e insistono sono pericolosi. Non dò giudizi sulla presidenza Trump – ha aggiunto Putin – Le valutazioni spettano ai suoi cittadini, non è affar nostro».

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