by Guido Caldiron, il manifesto | 24 Maggio 2017 11:02
«Una rabbia oscura e costante» (A dark and constant rage). Fin dal titolo il rapporto[1] sulle attività della destra radicale e violenta negli Stati Uniti diffuso dall’Anti-Defamation League non lascia spazio a interpretazioni tranquillizzanti.
Infatti, per gli analisti della più antica tra le organizzazioni anti-razziste americane, «il terrorismo di estrema destra rappresenta oggi nel nostro paese una minaccia altrettanto grave, se non ancor più grave di quello di matrice islamica radicale».
Una considerazione nettamente in controtendenza rispetto alle parole d’ordine dell’amministrazione Trump, che conclude un autentico catalogo dell’orrore, vale a dire una ricostruzione delle azioni del terrorismo razzista compiute sul suolo americano nel corso degli ultimi 25 anni e fino ad oggi.
Se l’arco temporale preso in esame comprende l’attentato di Oklahoma City del 1995, il più grave massacro compiuto nel paese prima dell’11 settembre, e la strage della chiesa afroamericana di Charleston, in South Carolina, compiuta nel 2015 da un giovane suprematista bianco, il quadro descritto si compone di attentati contro le cliniche e i medici che praticano l’aborto, di violenze, spesso mortali, di cui sono state vittime afroamericani o ispanici, di incendi e esplosioni che hanno avuto come obiettivi sinagoghe e soprattutto luoghi di culto e centri culturali musulmani.
Una lista lunghissima e impressionante di fatti di sangue e di minacce sventate spesso solo all’ultimo momento. Come nel caso della gang dei sedicenti Crusaders, i «crociati», bloccati dalle forze dell’ordine lo scorso ottobre mentre si accingevano addirittura a far saltare in aria un complesso residenziale di Garden City, in Kansas che ospita decine di famiglie somale fuggite dalla guerra.
Se i gruppi violenti anti-musulmani hanno conosciuto una crescita spettacolare nell’ultimo decennio, il documento redatto dall’Adl indica anche il persistere di una nebulosa riconducibile al neonazismo, al suprematismo bianco e al circuito degli skinheads razzisti, questi ultimi spesso responsabili di omicidi razzisti, e il rafforzarsi dell’area dei gruppi paramilitari, come le Milizie, nate negli anni Novanta e riapparse durante la presidenza di Obama nell’ambito del revival della destra estrema sponsorizzato dai Repubblicani, e i cosiddetti «sovereign citizens» che non riconoscono le leggi e le autorità federali, e con le quali si considerano in guerra. Preparandosi a tale scopo a raccogliere armi e esplosivi in gran quantità.
«Quando segnaliamo la gravità della situazione, ci viene spesso risposto che questi gruppi non rappresentano che una frangia ultraminoritaria della società americana. Il punto è che in un paese di 350 milioni di abitanti, anche una piccola minoranza equivale ad un gran numero di persone. Spero che questo rapporto possa far capire che quella della destra radicale è una minaccia seria», spiega Mark Pitcavage che guida il Centro di studi sull’estremismo dell’Adl e ha diretto il pool di ricercatori che hanno redatto il rapporto.
Le parole di Pitcavage hanno un obiettivo preciso: stigmatizzare le scelte operate dai presidenti che si sono succeduti alla testa del paese dall’attacco alle Twin Towers e che hanno progressivamente indebolito, quando non smantellato del tutto, i settori dell’intelligence destinati ad investigare sul terrorismo di matrice razzista, riconvertendo mezzi e uomini sul solo controllo degli ambienti islamici.
Ancor più in là dei suoi predecessori intende inoltre spingersi Donald Trump, la cui amministrazione ha annunciato di voler ribattezzare il programma governativo per il Contrasto all’estremismo violento, Cve, in Countering Islamic Extremism.
E questo, malgrado nei primi mesi della nuova presidenza, come ha fatto notare Daryl Johnson, già specialista della destra radicale per il Dipartimento dell’Homeland Security, commentando il rapporto dell’Adl, «grazie alla retorica incendiaria di Trump su immigrati e musulmani, i gruppi anti-governativi e razzisti, hanno potuto sentirsi incoraggiati a passare all’azione, immaginando che le istituzioni possano chiudere in qualche modo un occhio sui loro crimini».
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