Regno Unito: cresce Corbyn, May è senza maggioranza. Parlamento bloccato

Regno Unito: cresce Corbyn, May è senza maggioranza. Parlamento bloccato

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LONDRA. Al momento della chiusura delle urne, alle 23 di ieri sera ora italiana, gli exit poll commissionati da Bbc, Sky e Itv prefigurano quanto segue: dalle 30.450 dichiarazioni di voto emergerebbe una tellurica batosta per Theresa May, la premier, un parlamento «appeso» in cui non c’è la maggioranza assoluta necessaria di 326 seggi e la possibilità – non del tutto remota – di un’altra elezione non troppo distante nel futuro.
SU UNA TOTALITÀ DI 650 SEGGI, tanti sono quelli della Camera dei Comuni, i Tories si ritrovano con 314 seggi, (– 17) da 331 pur rimanendo il maggiore partito. Ma il Labour di Corbyn cresce di 34 seggi arrivando a 266, confermando la leadership trascinante sfoderata da Corbyn nella sua esemplare campagna elettorale, con 266 seggi (+ 34).

Il Snp, i nazionalisti scozzesi che nel 2015 aveva conquistato tutta la Scozia si ritrova ridimensionato probabilmente per un’incursione dei Tories che proprio in Scozia erano un animale raro: Snp 34 (- 22). I Libdem dello sbiadito Farron salgono di sei seggi a 14. Seguono i gallesi del Plaid Cymru invariati a 3 seggi, i Verdi a 1, sparisce l’unico seggio dell’Ukip 0 (-1) e Altri a 0. Sono risultati che, al momento di scrivere, vanno presi con delle molle meticolosamente impugnate coi guanti: ma sembrano confermare i sondaggi meno favorevoli nei confronti della campagna di Theresa May, che ha voluto a tutti i costi queste elezioni.

Tenendo dunque presente che lo spoglio finisce alle quattro di stamattina (ora italiana), e che le cose potrebbero comunque imboccare altre direzioni.

Anche perché, stando alle immediate reazioni degli addetti ai lavori di ambedue i maggiori partiti, questi exit poll non rispecchiano affatto le loro proiezioni. Tuttavia, a voler analizzare quello che abbiamo davanti, emerge quanto segue.

THERESA MAY, che nella migliore delle ipotesi consentite da questi dati finirebbe con una maggioranza ancora più esigua, ha perso la scommessa, ha inflitto al paese una elezione inutile.

JEREMY CORBYN, invece, ha potuto cementare la sua posizione alla leadership, reintroducendo nel lessico politico idee e programmi socialisti che erano stati espunti dalla dialettica politica nazionale. Si aprirebbe così uno scenario possibile di coalizione Labour/Snp (i Libdem ci hanno già provato nel 2010 con i Tories e sappiamo com’e finita). A meno che stamattina non ci si risvegli con un quadro capovolto, queste elezioni appaiono convocate per un opportunismo politico in un periodo i cui non c’era affatto desiderio di tornare alle urne a due anni appena di legislatura e Theresa May le ha perse pur vincendole.

QUESTO DATO APRE LA PORTA a una negoziazione con Bruxelles (i colloqui cominciano fra una decina di giorni).

Al momento la sterlina scende rispetto al dollaro e all’euro, fatto che rimbalza nella prima pagina del Financial Times (la cui posizione anti Brexit ha allontanato da May dopo la svolta euroscettica imboccata dalla premier).

Insomma, se tutto questo sarà confermato, si tratta di una scommessa perduta per May, che ha imposto al paese queste elezioni – convocate dopo aver detto che non lo avrebbe fatto – combattute male in una campagna sciatta e irta di errori e vinte inutilmente nel nome della Brexit.

Un appuntamento elettorale che potrebbe finire per «indebolire la mano» della premier e produrre un esito assai più soft di quanto minacciato dalla sua retorica patriottarda.

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