Francia. Macron pigliatutto, ma vince l’astensione

by Anna Maria Merlo | 13 Giugno 2017 9:18

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Sinistra a pezzi, Ps in brandelli, superato da France Insoumise (in voti, ma non in seggi il 18 giugno), Pcf quasi assente, come i Verdi. Plihon di Attac: “i cittadini si sono aggrappati a Macron nella speranza di un cambiamento, è pura illusione, l’austerità sarà aggravata”

PARIGI. Il voto del primo turno, per Macron è una promessa di maggioranza assoluta domenica prossima: non solo La République En Marche (Rem), partito del presidente nato poco più di un anno fa, è arrivato in testa, ma 513 candidati saranno presenti al ballottaggio del 18 giugno, buona parte con la prospettiva di vincere. Rem potrebbe superare i 400 seggi e non avere neppure bisogno degli alleati del MoDem. La maggioranza dei candidati sono dei novizi in politica. Il successo è oscurato dalla fortissima astensione, il vero primo partito di Francia, al 51,3%. È un fenomeno che va accentuandosi dal 2002, dalla scelta di ridurre da sette a cinque anni la durata del mandato presidenziale, che sta riducendo le legislative a un momento di conferma del voto per l’Eliseo.

LA SINISTRA NEL SUO INSIEME fa il peggior risultato della sua storia dal ’58, dall’inizio della V Repubblica e la delusione in termini di suffragi ottenuti sarà aggravata domenica prossima quando questi si tradurranno in seggi. Il Ps, che aveva la maggioranza, esce distrutto, con il 9,5%. Benoît Hamon, candidato alle presidenziali, è spazzato via al primo turno e come lui molte personalità, tra cui il segretario del partito, Jean-Christophe Cambadelis. Il Ps è superato, in numero dei voti (ma non lo sarà in seggi) da France Insoumise, che ottiene l’11%. «Siamo la forza centrale» afferma Jean-Luc Mélenchon, che è in testa a Marsiglia centro, dove il deputato uscente, il socialista Patrick Mennucci, è fuori. Il Pcf è quasi sparito (2,7%) e Europa-Ecologia (che nel 2012 aveva 17 seggi) al massimo avrà un deputato.

A DESTRA LA SITUAZIONE non è molto migliore, anche se Les Républicains (Lr), con il 21,5%, possono sperare ancora almeno in un centinaio di seggi, cioè la metà di quelli dell’Assemblea uscente. Il Fronte nazionale (Fn) si allontana dal risultato delle presidenziali, crolla al 13,2%. Marine Le Pen potrebbe trovarsi quasi da sola a rappresentare l’estrema destra nella nuova Assemblea. Tutti i partiti sono rimessi in causa, da un vento che spazza via il passato.

Rem, come il métro delle 5 del pomeriggio, come Malraux aveva definito il gollismo, cioè tutti dentro. Basta guardare la carta del voto: tutte le regioni, tutte le zone – urbane, periurbane, rurali – hanno in maggioranza in testa un candidato Rem. Parigi e la banlieue sembrano conciliate nel voto, quartieri borghesi con zone popolari. Eppure, manca qualcosa: lo slancio popolare non c’è.

MACRON HA VISTO il pericolo dell’anomalia democratica, di un partito che con il 32% del 50% dei voti (15,3% dei voti espressi) arraffa tutto o quasi. Ieri, Rem ha assicurato che ci sarà una riforma del modo di scrutinio, che ci sarà una «dose di proporzionale», la modifica arriverà nel 2018, assieme a una riduzione del numero dei deputati a meno di 400, manovra complicata perché implica una revisione delle circoscrizioni (oggi 577).

«È UNA GROSSA SCONFITTA per la sinistra in generale, per la sinistra della sinistra, che non ha avuto la capacità di unirsi per pesare nel dibattito politico – afferma l’economista Dominique Plihon di Attac – adesso il movimento sociale non può più aspettare che i partiti si uniscano. Nei mesi prossimi verranno prese delle iniziative per cercare di rovesciare il rapporto di forze, di riflettere sulla vittoria schiacciante di Macron, ma anche sulla distanza enorme tra cittadini e politica. Non è perché ci sono dei giovani che il rinnovamento è all’ordine del giorno, il potere è concentrato, l’Assemblea ha poco potere. La crisi democratica è molto profonda. Ci sono due fronti: sul lavoro, con la nuova Loi Travail in gestazione e quello delle libertà e della democrazia. I cittadini si renderanno conto presto dei rischi».

ANGELA MERKEL si è congratulata con Macron, per «un voto forte, a favore delle riforme». Per Martin Schulz, dell’Spd, c’è la speranza di poter «riformare l’Europa», quando ci sarà «un nuovo governo tedesco». Plihon aggiunge: «L’Spd in Germania è debole, come tutti i socialdemocratici europei. La politica tedesca non cambierà. Macron in realtà non ha nessun progetto serio per l’Europa, se non continuare la stessa politica, ancora più liberista di prima. Purtroppo la sinistra è assente dal dibattito, è un vero problema, finora non siamo riusciti a mettere a punto un’altra strategia». Macron rappresenta però anche una speranza, l’apertura contro la chiusura, una dose di ottimismo. «Certo – dice Plihon – la crisi politica e di senso è tale che la gente si è aggrappata a Macron per credere nel cambiamento, nel rinnovamento delle pratiche politiche, grazie a deputati giovani, non professionisti. Ma credo che sia una pura illusione. Si renderanno presto conto che non c’è cambiamento, ma al contrario un irrigidimento delle politiche di austerità. Macron sta utilizzando a fondo le istituzioni della V Repubblica, senza dare nessuna prospettiva di cambiamento sociale, economico, democratico».

FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[1]

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