Pyongyang: altro lancio di missili. Seul fa un favore a Pechino e blocca il Thaad

by Simone Pieranni, il manifesto | 9 Giugno 2017 9:15

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Crisi coreana. Pechino aveva impostato tutti i suoi avvicinamenti a Pyongyang, sottolineando sempre come una soluzione non poteva che essere generale, prevedendo dunque un disimpegno nucleare da parte della Corea del Nord, unitamente alla rinuncia del dispiegamento del Thaad da parte degli Usa in Corea del Sud

Dopo che il neo presidente sud coreano Moon Jae-in aveva sostanzialmente bloccato lo sviluppo del Thaad, il sistema di difesa missilistico piazzato dagli Usa in Corea del sud, Kim Jong-un ha effettuato un altro lancio di missili, in risposta alle recenti nuove sanzioni delle Nazioni unite e in disprezzo di una situazione che dopo la decisione di Seul sembrava volgere al meglio.

A QUESTO PUNTO è lecito un po’ per tutti chiedersi a cosa miri Kim, in queste reiterate dimostrazioni di forza e di esuberanza, anche di fronte a uno scenario che pare poter mutare. La scelta di Moon, coerente con quanto detto in campagna elettorale a proposito della possibilità di «dire dei no» a Washington, è chiaramente un segnale molto rilevante nei confronti tanto della Cina quanto della Corea del Nord.

DI FRONTE AL NUOVO LANCIO di Pyongyang, però, il neo presidente sud coreano ha nuovamente chiesto una riunione del consiglio di sicurezza dell’Onu. Trump è impegnato in serie questioni interne e non si è fatto sentire, mentre Pechino ha reagito a entrambi gli eventi.

A proposito del lancio multiplo di missili anti-nave fatto ieri dalla Corea del Nord, la portavoce del ministero degli esteri cinese Hua Chunying, ha commentato che «nelle attuali circostanze i paesi preoccupati non dovrebbero provocarsi l’un l’altro o fare azioni che facciano salire la tensione. Tutti dovrebbero fare sforzi congiunti e lavorare alla stabilità della regione», aggiungendo che «le risoluzioni Onu vietano lo sviluppo di tecnologie missilistiche e le relative attività».

ANCHE IL CONSIGLIO UE si è schierato contro questo genere di attività aggiungendo 14 persone e 4 entità all’elenco delle persone e delle entità soggette a congelamento dei beni e a restrizioni di viaggio, recependo così la risoluzione 2.356 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. La risoluzione è stata adottata il 2 giugno scorso in risposta alle attività di sviluppo di missili balistici e di armi nucleari in corso in Corea del Nord.
Secondo una nota del Consiglio, Pyongyang «ha violato e disatteso in modo flagrante le precedenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite». La decisione del Consiglio porta il numero totale delle persone e delle entità soggette a misure restrittive rispettivamente a 53 e a 46, come inserite in elenco dalle Nazioni unite.

La nota precisa inoltre che l’Unione europea sta attuando tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite adottate in risposta ai programmi della Corea del Nord in materia di nucleare, di armi nucleari, di altre armi di distruzione di massa e di missili balistici.

IL BLOCCO DEL THAAD ha visto – naturalmente – anche una reazione cinese. Tutti gli analisti hanno interpretato la decisione di Seul come un «favore» proprio alla Cina.

Pechino aveva impostato tutti i suoi avvicinamenti a Pyongyang, sottolineando sempre come una soluzione non poteva che essere generale, prevedendo dunque un disimpegno nucleare da parte della Corea del Nord, unitamente alla rinuncia del dispiegamento del Thaad da parte degli Usa in Corea del Sud. Per questo ieri Pechino ha reagito ribadendo la sua posizione: il Thaad non è un progetto che può andare avanti. Per ora Seul ha bloccato tutto per varie ragioni: intanto perché il governo non era stato avvisato dell’arrivo di quattro nuovi missili intercettori.

IL NEO PRESIDENTE MOON ha quindi impedito l’installazione dei nuovi missili, richiedendo inoltre uno studio più generale su utilità del Thaad e il suo impatto ambientale che dovrà svolgersi nell’arco di un anno.
Non si tratta dunque del rifiuto completo del sistema di difesa antimissilistico, ma di un intoppo che probabilmente l’amministrazione americana non si aspettava di dover affrontare. Tanto meno ora con Trump impegnato nella lotta per la sua sopravvivenza.

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