Roma. Bengalese pestato dal branco perché ottiene una casa popolare

by Giuliano Santoro | 1 Luglio 2017 10:23

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ROMA. Si chiama Howlader Dulal l’uomo di origini bengalesi e cittadinanza italiana pestato a Roma, nel quartiere di Tor Bella Monaca, lo scorso 26 giugno. Dulal era andato nel quadrante popolare alla periferia sudorientale di Roma per individuare la casa popolare che gli era stata assegnata. Quattro giovani, attorno ai vent’anni, lo hanno aggredito in largo Mengaroni. Il luogo della violenza è una distesa di asfalto, più parcheggio che piazza, ed è anche uno dei punti d’accesso di Tor Bella Monaca. L’aggressione sarebbe avvenuta in un luogo tutt’altro che appartato: è da qui che prendono il via i palazzoni di «Tor Bella» ed è qui, negli spazi abbandonati di un prefabbricato, che dal 1993 opera il centro sociale «El Chentro», vero incubatore di attività sociali e progetti per il territorio.

HOWLADER DULAL ha cinquantadue anni. Vive a Roma nel 1991, quando probabilmente i suoi aggressori non erano neanche nati. È arrivato a Roma durante la prima ondata di migrazione dal Bangladesh. Le difficoltà di entrare in Inghilterra e le tensioni politiche nei paesi del golfo Persico avevano portato i migranti bengalesi ad abbandonare le rotte tradizionali e scegliere un paese a digiuno di movimenti migratori. Anche allora ci fu chi parlò di «invasione». Erano gli anni della legge Martelli e della sanatoria che ne seguì, quando circa 5mila permessi di soggiorno (quasi tutti nel territorio di Roma) vennero concessi a cittadini bengalesi.

Oggi i bengalesi residenti a Roma sono poco meno di 30 mila. Dulal ha un’occupazione molto comune tra i suo connazionali: lavora come cameriere in un ristorante. Le cucine, anche delle trattorie tipiche che ad un occhio superficiale trasudano romanità d’altri tempi, sono piene di lavoratori asiatici e soprattutto bengalesi, considerati nella mappa etnica del lavoro nella metropoli affidabili e poco inclini a far di testa propria. Ha due figli: uno è laureato, l’altro disabile, e risulta ottavo nella graduatoria delle case popolari del comune di Roma. L’uomo ha denunciato il pestaggio, rompendo un silenzio che troppo spesso circonda i bengalesi vittime di aggressione. Tanto sono considerati «innocui», i bengalesi romani, che i giovani delle organizzazioni di estrema destra erano soliti organizzare nottetempo veri e propri raid iniziatici notturni, agghiaccianti cacce all’uomo nelle periferie romane oggetto di un’indagine della procura: gli inquirenti negli anni scorsi hanno censito decine e decine di episodi.

«È SEMPRE DIFFICILE distinguere un attacco razzista organizzato da un gesto spontaneo soltanto alla larga riconducibile alle campagne xenofobe che da anni ci sono in questo quartiere», spiega al manifesto Andrea Priori, antropologo all’università di Tor Vergata e studioso della comunità bengalese a Roma che al fenomeno delle aggressioni ha dedicato un saggio. Da anni ormai le estreme destre, e in particolare Forza Nuova, cercano di insediarsi a Tor Bella Monaca. Meno di tre mesi fa, alcuni esercizi commerciali vennero marchiati con lugubri cartelli: «Boicotta i negozi stranieri, sostieni le attività commerciali italiane del tuo quartiere». L’iniziativa venne rivendicata da Azione Frontale, gruppuscolo nato da un pezzo di Forza Nuova. Il malcontento verso la politica si esprime in diversi modi. Qui il Movimento 5 Stelle ha raggiunto il picco nelle scorse elezioni comunali, quelle che hanno incoronato la sindaca Raggi: quasi l’80 per cento per i grillini da queste parti. La sindaca ha debuttato da queste parti: fece un blitz in diretta Facebook, precipitandosi assieme all’allora assessora all’ambiente Paola Muraro nel vicolo di Tor Bella Monaca dove i bambini si dilettavano a contare i ratti di passaggio. Diversi gruppi neofascisti romani hanno da mesi avviato una campagna per il diritto alla casa degli italiani. «Condanniamo la violenza – ha spiegato Mauro Antonini, responsabile laziale di CasaPound – Ma queste cose accadono perché gli italiani sono esasperati». Il gruppo neofascista lamenta «regolamenti antinazionali» nella distribuzione degli alloggi. Ma viene prontamente smentito dall’Unione Inquilini: i migranti assegnatari di alloggi popolari a Roma sono meno del 10%.

FONTE: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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