Equitalia fa un maquillage, ma le tasse salgono

Equitalia fa un maquillage, ma le tasse salgono

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Chiude Equitalia. E a sentire Renzi e i renziani parrebbe che in Italia non si pagheranno più le tasse. Invece si tratta dell’ennesima Araba Fenice. Della promessa da storytelling che racconta solo la parte bella della favola.
Perché se è vero che da oggi Equitalia non esiste più, lo è altrettanto che cambia solo nome e gli stessi 200 sportelli da lunedì si chiameranno Agenzia delle Entrate-Riscossione. Nel week end lavoreranno gli addetti al cambio del logo per farsi trovare pronti lunedì mattina. Unica eccezione la Sicilia dove rimarrà tutto come ora: con Riscossione Sicilia che continuerà a funzionare, nonostante scandali e richieste di cancellazioni.
Come avviene sempre in Italia per perfezionare il cambio è arrivato un decreto del presidente del Consiglio in extremis, pubblicato giovedì in Gazzetta Ufficiale. Fissa lo Statuto del nuovo ente e specifica meglio i suoi poteri. L’Agenzia – ed è questa la differenza fondamentale – non è una Spa come era Equitalia, ma un ente pubblico economico.
Il presidente, che è il Direttore di Agenzia delle entrate «rappresenta e dirige l’Agenzia delle entrate Riscossione, esercitando i poteri di gestione e in particolare presiede il Comitato di gestione; propone ed esegue le deliberazioni del Comitato; dirige le strutture organizzative dell’Agenzia e le relative attività; dispone gli impegni di spesa». Un potere notevole tutto riunito nella persona di Ernesto Maria Ruffini, renziano della prima ora che ha appena sostituito all’Agenzia delle Entrate la sgradita Rosella Orlandi che paga la sua contrarietà a molte mosse volute dall’ex presidente del Consiglio: in primis l’aumento a 3mila euro della soglia sull’uso dei cotanti motivata denunciando il rischio di favorire evasione e riciclaggio.
Ruffini viene proprio da Equitalia e ora potrà fare il bello e il cattivo tempo su tutte le questioni inerenti la riscossione delle tasse, potendo quasi infischiarsene del potere di vigilanza attribuito al Mef guidato da Pier Carlo Padoan, sfruttando l’autonomia per gestire sia la “rottamazione” delle vecchie cartelle Equitalia che il condono mascherato della voluntary disclosure bis. Il nuovo ente sfrutterà un più stretto coordinamento con il braccio operativo del fisco, anche nell’ottica di un più rapido scambio di dati con l’Inps. «Con la nascita dell’Agenzia, arrivano in tutti i 200 sportelli della vecchia Equitalia, i nuovi strumenti digitali salva fila», annuncia Ruffini. Così – viene spiegato – «sarà possibile comprimere i tempi di attesa, avere un servizio migliore e più diretto e tra poche settimane anche potersi rivolgere attraverso una app con cui interagire allo sportello più vicino prenotando la visita e la fascia oraria». Tutto in pieno stile renziano.
La «vecchia» Equitalia nacque bipartisan nel 2007: il ministro delle Finanze è Vincenzo Visco, ma le basi sono poste dalla riforma della riscossione voluta dal suo predecessore Giulio Tremonti. L’idea era quella di semplificare un sistema di riscossione frammentato e poco efficiente, composto da 38 società partecipate. Ma la società inciampa subito nel fenomeno delle «cartelle pazze»: la colpa degli errori è degli enti che hanno avviato la richiesta, Equitalia si limita ad eseguire, ma il clima diventa subito rovente. Anche perchè sono gli anni nei quali la lotta all’evasione si fa con strumenti sempre più invasivi. Tra questi il «fermo amministrativo» degli autoveicoli di chi non paga, le cosiddette «ganasce fiscali». La polemica sale fino al punto che devono essere sospese. La crisi economica esaspera il confronto tra Equitalia e i contribuenti: arrivano suicidi mentre i lavoratori hanno paura a fare il proprio dovere e lo denunciano. Così si arriva a oggi.
Il cambio di nome non avviene però in una giornata propizia per annunci trionfali in fatto di tasse. Proprio ieri infatti l’Istat ha certficato come nel primo trimestre del 2017 sia salita leggermente la pressione fiscale: è al 38,9 per cento del Pil, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma naturalmente questo Renzi e i renziani lo hanno omesso.FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO



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