Frontex chiude la porta e i porti: «Niente porti europei per i migranti»

by Leo Lancari | 13 Luglio 2017 9:30

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Da una parte ci sono gli annunci soddisfatti con i quali spesso il governo italiano, e in particolare il Viminale, saluta le conclusioni dei vertici europei in cui si discute di immigrazione. Dall’altra i risultati concreti realmente ottenuti negli stessi vertici. E spesso, per non dire sempre, le due cose non coincidono.
E’ successo così anche due giorni fa a Varsavia. Nella sede di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, si è tenuto l’incontro sollecitato a Tallinn dal ministro degli Interni Marco Minniti per riscrivere il piano operativo della missione Triton in modo da consentire lo sbarco dei migranti anche in altri porti europei. Più di quattro ore di colloquio tra il prefetto Giovanni Pinto, che guidava la delegazione italiana, e il direttore dell’Agenzia europea Fabrice Leggeri, al termine del quale dal Viminale è stata espressa «molta soddisfazione» per i risultati raggiunti. Quali siano i risultati, però, non si sa.

Lo stesso Leggeri, intervenendo ieri mattina in Commissione Libe del parlamento europeo, ha chiarito infatti che la nostra richiesta più importante, vale a dire l’apertura degli scali, è irrealizzabile. «Non c’è la disponibilità da parte degli altri Stati ad accogliere gli sbarchi nei loro porti» ha detto Leggeri, aggiungendo che comunque si tratta di «una decisione politica che dipende dagli Stati membri», mentre Frontex si occupa di risolvere eventuali problemi tecnici e giuridici. Successivi quindi, pare di capire, a un eventuale via libera che deve invece arrivare dai governi. Stando così le cose, viene da chiedersi perché il Viminale abbia tanto insistito nel chiedere l’incontro di Varsavia.

Praticamente la stessa cosa si è ripetuta ieri a Trieste. Protagonista questa volta il premier Paolo Gentiloni che a margine del vertice sui Balcani occidentali ha incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron. Più la prima, per la verità, visto che il secondo è arrivato abbondantemente in ritardo e ha partecipato all’incontro solo per una decina di minuti. Come sempre non sono mancati la solidarietà e gli elogi all’Italia per lo sforzo (vero, ovviamente) che il nostro paese compie ogni giorno prima salvando in mare e poi accogliendo i migranti. Ma, da quanto si è potuto capire, questo sarebbe tutto quello che ancora una volta Gentiloni sarebbe riuscito a ottenere. Macron ha infatti ripetuto che un conto sono i rifugiati, e un altro sono i migranti economici: i primi vanno accolti, i secondi respinti a casa loro. «Sono due categorie diverse» ha detto il presidente francese, sottolineando di non voler «cedere allo spirito di confusione imperante». Anche ammesso che il ragionamento tenga (chi fugge per fame non ha forse diritto anche lui a essere accolto?) la stragrande maggioranza dei disperati che sbarca lungo le nostre coste appartiene alla categoria dei migranti economici. Macron ci ha quindi confermato che dovremo continuare a brigarcela da soli.

Un problema per Gentiloni, che nella crisi dei migranti vede un’altra delle numerose mine a cui il governo deve fare attenzione se vuole resistere fino al 2018. Anche perché è sempre più evidente che dall’Europa non arriverà nessuna vera apertura almeno fino a dopo le elezioni tedesche. Non a caso anche il gruppo di lavoro che dovrà riscrivere il mandato operativo della missione Triton, promesso martedì a Varsavia da Frontex, non presenterà le sue conclusioni prima di settembre, quando la cancelliera avrà ormai messo al sicuro il risultato elettorale.
Alla fine come al solito a pagare saranno i più deboli, cioè i migranti e chi li aiuta davvero. Sarebbe infatti pronto il codice per le navi delle Ong attive nel Mediterraneo. Le nuove regole, 11 in tutto, impongono tra le altre cose il divieto assoluto di entrare in acque libiche, che possono essere raggiunte «solo se c’è un evidente pericolo per la vita umana in mare». Ma anche di telefonare o mandare segnali luminosi per facilitare le partenze dei barconi e il divieto di trasferire i migranti salvati a bordo di altre navi. Duro il commento di Amnesty international. «Impedire alle Ong di operare in acque libiche – ha detto l’organizzazione – rischia di mettere in pericolo migliaia di vite».

FONTE: Leo Lancari, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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