Disarmo nucleare: l’Italia ratifichi il Trattato

Disarmo nucleare: l’Italia ratifichi il Trattato

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Il trattato appena approvato da 122 paesi delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari è sicuramente un importante impulso morale e giuridico (anche per la straordinaria mobilitazione della società civile) nella direzione del disarmo nucleare. Va ricordato che 70 paesi non hanno partecipato ai negoziati e tra questi tutte le potenze nucleari e i paesi della Nato (con l’eccezione dell’Olanda, che però poi alla fine ha votato contro). Se almeno 50 paesi, a partire dal prossimo 20 settembre, ratificassero il trattato, allora entrerà in vigore.

E se il trattato entrasse in vigore quali effetti avrà? Difficile dirlo. Purtroppo non c’è da essere ottimisti. Il trattato, come quello sulla non proliferazione del 1970, non è detto che produca risultati concreti. Quante risoluzioni del Consiglio di sicurezza (a partire da quella che impone ad Israele di ritirarsi dai territori occupati nel 1967) e trattati delle Nazioni Unite sono rimaste disattesi e inapplicati? Dal 1970 (quando entrò in vigore il Trattato di non proliferazione-Tnp), gli ordigni nucleari sono passati da 30mila a 70mila. E negli anni ’80 ci fu una clamorosa corsa al riarmo nucleare. Paradossalmente il trattato di non proliferazione coincise con l’inizio della più clamorosa produzione di armi nucleari negli ultimi 50 anni. Un altro esempio è quello del trattato Onu sul commercio delle armi entrato in vigore tre anni fa e che non ha impedito all’Italia di violare la legge 185 e di vendere armi all’Arabia Saudita (in guerra in Yemen) e al Qatar («sostenitore del terrorismo» per Trump).

Vedremo cosa farà l’Italia, che non ha partecipato ai negoziati. Il gruppo di Sinistra Italiana-Possibile chiederà nei prossimi giorni al governo italiano come intenda procedere. Intanto si è adeguata ai voleri della Nato. In questi decenni, poi, i governi che si sono succeduti si sono sempre rifiutati di fornirci qualsivoglia informazione sugli ordigni nucleari presenti in Italia. Lo sanno tutti che ci sono missili nucleari nei depositi di Aviano e di Ghedi, pronti per essere montati sui caccia americani, ma tutti negano. È un segreto militare, dicono. In realtà è un segreto di Pulcinella. Tra l’altro a fine luglio ci saranno delle mozioni parlamentari alla Camera e al Senato che chiedono al governo di non essere disponibile ad installare sugli F35 i «mini ordigni» nucleari detti B61. Vediamo cosa risponderà la ministra Pinotti.

Da un punto di vista morale, politico, culturale, giuridico l’accordo raggiunto dai 122 paesi è un fatto di grande rilevanza. Un successo della società civile. Dal punto di vista concreto, chissà. Figuriamoci se le potenze nucleari si faranno condizionare da questo trattato, come non si sono fatte influenzare dal Tnp.

Da Bush senior (e anche da Clinton) in poi le Nazioni Unite sono state messe fuori gioco, emarginate a favore dell’unilateralismo, della Nato e del solito instabile gioco delle grandi potenze. Norberto Bobbio, evocando l’inesistenza di un ruolo dell’Onu negli anni della guerra fredda, diede ad un suo libro di saggi sul disarmo il titolo Il terzo assente. Basterà questo trattato a fare dell’Onu un «terzo presente» tra le grandi potenze nucleari?

Ce lo auguriamo. Ma quello di cui ci sarebbe bisogno è quella che Carlo Cassola (di cui ricorre il centenario della nascita) in un libretto del 1983 definì «rivoluzione disarmista»: però concreta, fatta di smantellamento degli arsenali e di riduzione delle spese militari. Intanto chiediamo che l’Italia ratifichi e rispetti il trattato. E poi speriamo che dia l’impulso politico e morale alla «rivoluzione disarmista», di cui – a fronte di 1.700 miliardi di dollari spesi ogni anno in armi – il nostro pianeta avrebbe drammaticamente bisogno.

FONTE: Giulio Marcon, IL MANIFESTO



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