Jugend Rettet. Giro di vite sul lavoro umanitario

Jugend Rettet. Giro di vite sul lavoro umanitario

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Ong. È da un ventennio almeno che si assiste a forme di pressione sulle organizzazioni non governative da parte di diversi livelli istituzionali – europei, nazionali e internazionali – affinché il Diritto internazionale dei diritti umani venga ricondotto all’interno delle compatibilità politiche di stati e governi

Sono cominciati i controlli straordinari sulle Ong che non hanno firmato il codice imposto dal Ministero degli interni. Ieri a Lampedusa la nave dell’organizzazione umanitaria tedesca Jugend Rettet, è stata fermata nel porto e sono stati identificati due cittadini siriani.

Si concretizza così il giro di vite annunciato; ma che conseguenza avrà questa scelta politica, dove porterà nel lungo periodo, a chi realmente giova? Bisogna inquadrare il codice di comportamento all’interno di una deriva che parte da lontano.

È da un ventennio almeno che si assiste a forme di pressione sulle organizzazioni non governative da parte di diversi livelli istituzionali – europei, nazionali e internazionali – affinché il Diritto internazionale dei diritti umani venga ricondotto all’interno delle compatibilità politiche che stati e governi intendono di volta in volta perseguire per la gestione degli aiuti umanitari.

È dalla «guerra umanitaria» del Kosovo, infatti, che comincia questa tendenza che ha come obiettivo quello di far perdere progressivamente alle Ong le loro caratteristiche di base quali l’indipendenza e la neutralità, valori fondativi in coerenza anche con le Convenzioni internazionali che regolano queste attività. Chi non ricorda la progressiva sostituzione delle organizzazioni civili con i militari durante la campagna afgana seguita all’11 settembre o la scorta dei carabinieri alla Croce rossa italiana berlusconalizzata in Iraq?

La progressiva manomissione dell’indipendenza e della neutralità del lavoro umanitario, ha dunque come scopo superiore quello di derubricare il valore universale delle Convenzioni Onu , e dunque di tutti gli accordi multilaterali, a partire dalla disarticolazione del suo anello più debole ed esposto mediaticamente: l’aiuto umanitario appunto.

Non a caso oggi molte Ong non ritengono praticabili certi luoghi proprio perché la commistione civile militare azzera la percezione di neutralità e indipendenza che una volta permetteva loro di accedere ad ogni situazione ed aiutare ogni popolazione senza alcun problema di sicurezza.

Dunque per calcoli estremamente miopi, quali in un mondo fortemente interconnesso e letteralmente surriscaldato in tutti i sensi, sono quelli che si fanno a livello nazionale, milioni di persone oggi non possono ricevere l’auto cui avrebbero diritto, e lo sanno. Nello specifico delle questioni migratorie, oltre alla chiara violazione di norme internazionali che (ma per quanto?) ancora reggono, come la legge del mare, proviamo a pensare a cosa potrebbe accadere se nei prossimi giorni una nave carica di persone salvate in mare non potesse attraccare in uno dei nostri porti.

Basterebbero le immagini di questa ingiustizia trasmesse in giro per il mondo ad aizzare il fanatismo antieuropeo e antioccidentale che già si nutre abbondantemente delle promesse mancate e di un modello di sviluppo sempre più diseguale.

E allora, si crea più insicurezza per lo spazio nazionale ed europeo respingendoli in mare e impedendo alle Ong di salvare le vite migranti, o accogliendoli come esseri umani? E ancora, un Continente che invecchia , come potrà evolvere se non sciogliendo e ricoagulando al suo interno altre culture, altri punti di vista, altre voci narranti?

Se si prova ad alzare lo sguardo dalle questioni domestiche di corto periodo, quelle stesse che attendono che l’estate passi per non parlare più né dei fuochi né dell’acqua che manca, ebbene ci si accorge che farsi dettare l’agenda politica dalle destre xenofobe fa il paio con il pasticciaccio brutto di Fincantieri o del disfacimento europeo sui ricollocamenti a opera dei Paesi del gruppo di Visegrad.

Invitiamo, dunque, i nostri governanti ad alzare lo sguardo e cercare di vedere, non con i loro occhi ma con quelli di chi verrà, il futuro di un mondo sempre più tondo che loro pensano sia ancora una tavola piatta.

FONTE: Raffaele K. Salinari, IL MANIFESTO



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