Medici senza Frontiere: «Se ci costringono ad accettare il codice lasciamo i soccorsi»

by Adriana Pollice | 5 Agosto 2017 8:36

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«Non abbiamo nessuna intenzione di aprire un braccio di ferro con lo stato, abbiamo salvato 69mila persone e tutti i nostri interventi sono stati coordinati dalla Guardia Costiera. Quindi se ci costringeranno ad accettare il codice che non abbiamo firmato, Medici senza Frontiere abbandonerà il soccorso dei migranti in mare»: Loris De Filippi, presidente di Msf, chiarisce la posizione dell’organizzazione. Sulle Ong che hanno rifiutato di sottoscrivere le regole di comportamento stilate dal Viminale è aumentata la pressione ad accettarle, dopo il sequestro della Iuventa tre giorni fa.

LA VOS PRUDENCE, nave ammiraglia di Msf, ieri ha salvato 129 persone al largo delle coste libiche: «Non ci sfugge il tentativo mediatico di collegare il procedimento penale con il rifiuto dell’accordo – prosegue – . Se qualcuno ha violato le regole è giusto che paghi. Non so cosa abbiano fatto quei ragazzi tedeschi, magari hanno peccato d’inesperienza». E sull’uso di infiltrati (come avvenuto contro Iuventa): «Nessuno può escludere che anche sulle nostre navi possa esserci polizia sotto copertura. È importante fare attenzione nel reclutamento del personale, noi stiamo molto attenti». Sotto accusa della procura di Trapani i trasbordi da un’imbarcazione di soccorso a un’altra: «In mare – spiega De Filippi – quando arrivano barche cariche di centinaia di persone, le Ong intervengono e, coordinate dalla Guardia costiera, procedono al trasbordo in modo che le persone salvate “riempano” la nave più grossa». Sulla polizia a bordo nessun passo indietro: «Vogliono obbligarci ad accogliere persone armate? Smetteremo di salvare la gente in mare, ma sarebbe una grave sconfitta per tutti. Su uomini armati a bordo e trasbordi non possiamo transigere. Vogliono il braccio di ferro? Ci metteremo da parte».

IERI IUVENTA è arrivata sotto scorta nel porto di Trapani: «La Ong respinge ogni accusa. L’unica finalità della Jugend Rettet è salvare vite umane. I ragazzi che erano a bordo hanno già spiegato che non c’entrano nulla con il reato che viene loro contestato» spiega Leonardo Marino, legale dell’organizzazione non governativa tedesca. Nessun di loro risulta indagato. Su richiesta della procura sono stati prelevati anche pc, smartphone e documenti. Il reato ipotizzato è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al momento contro ignoti. «Presto sarà pronto il ricorso per ottenere il dissequestro del materiale e della nave – conclude il legale -. Non si può, per pochi episodi da accertare, cancellare quanto di positivo è stato fatto». Un breve messaggio è stato diffuso anche dalla Jugend Rettet: «Nella zona Search and rescue negli ultimi due giorni sono stati recuperati otto cadaveri di migranti. Il sequestro della nostra nave ci impedisce di aiutare».

Sul caso della Ong tedesca è intervenuto Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) per la rotta del Mediterraneo Centrale: «Sta alla giustizia italiana pronunciarsi». Ma sulle condizioni dei migranti in Libia ha aggiunto: «Non ci sono campi o “centri per migranti”, solo prigioni. Alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti e vi sussistono condizioni orribili. Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri».

UN RUOLO fondamentale nella costruzione dell’inchiesta l’ha giocato la Vos Hestia: sulla nave che fa capo a Save the children si è imbarcato l’infiltrato dello Sco che ha prodotto il dossier di accusa, sullo stesso natante c’erano i due membri della Imi security service che si sono offerti come testimoni alla procura. Ieri Save the children ha spiegato la sua posizione: «Non eravamo a conoscenza della presenza a bordo di un agente di polizia sotto copertura» né controllavano i due uomini della security ma ribadisce «la volontà di continuare a collaborare con le altre organizzazioni».

UNA PRECISAZIONE è arrivata anche dalla tedesca Sea Eye, l’ultima Ong in ordine di tempo ad aver dato la propria disponibilità ad accettare il codice stilato dal Viminale. La firma però non c’è ancora: «C’è l’impegno a siglarlo poiché intendiamo continuare il soccorso marittimo e siamo d’accordo su tutte le regole tranne una: attestare l’idoneità tecnica della nave e del suo equipaggiamento». La Ong non si era presentata all’incontro del 31 luglio convocato dal Viminale, con il sequestro di Iuventa la posizione si è ammorbidita.

FONTE: Adriana Pollice, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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