Laura Boldrini: «Ora denuncio chi mi insulta»

by Beppe Severgnini | 14 Agosto 2017 9:34

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È una donna, una mamma, una cittadina italiana e ricopre la terza carica dello Stato. Se non riuscirà a impedire quest’uso perverso dei social, rassegniamoci e preoccupiamoci: ci aspettano anni brutti.

«È ormai evidente che lasciar correre significa autorizzare i vigliacchi a continuare con i loro metodi e non opporre alcuna resistenza alla deriva di volgarità e violenza», scrive Boldrini. È così: e sfidiamo chiunque a sostenere il contrario. Non è questione di opinioni politiche. È questione di buon senso (prima) e di codice penale (dopo). In pubblico, in televisione o su un giornale è impensabile incitare alla violenza sessuale su una donna. Perché su Facebook avviene, senza conseguenze?

Laura Boldrini ha deciso di pubblicare alcuni dei messaggi orribili che ha ricevuto: sono la coda di un linciaggio che dura da anni. Andate a leggerli. È sgradevole, ma necessario. Se non capiamo quanto siamo caduti in basso — gli aggressori impuniti e le vittime rassegnate, gli spettatori scandalizzati e gli eterni astenuti, i media distratti e le piattaforme ignave — non possiamo pensare di risollevarci.

Volete una misura della nostra incoscienza? Gli autori di quei commenti sono così certi dell’impunità che non ricorrono all’anonimato o a uno pseudonimo. Si firmano con nome, cognome e fotografia. Il signor Alessio Sacchetti di Frascati, il 9 agosto, propone che Laura Boldrini venga sodomizzata in gruppo e poi buttata nell’acido. Sul suo profilo, foto di strade di campagna, cani affettuosi, automobili sportive. Sabrina Garau detta Gegia, di Nettuno, ha condiviso un fotomontaggio in cui la presidente della Camera viene presa alle spalle e violentata da un colosso dalla pelle nera. Commenta: «Magari glielo facessero veramente a quella schifosa troia della Boldrini…». Appena sotto scopriamo che ama film come «Heidi» e «Inside Out», legge «Le fate del sole» e «Il nettare dell’amore».

Queste persone, quasi certamente, non si rendono conto di ciò che fanno e dei rischi che corrono. Come possiamo convincerle? Ci abbiamo provato con il ragionamento, ci abbiamo provato con l’informazione, ci abbiamo provato con l’autoregolamentazione delle piattaforme: non è servito. Sta passando l’idea — pericolosissima — che i social siano l’inferno dove tutto è possibile. Anche augurare a una donna una violenza sessuale di gruppo, con un linguaggio immondo, indugiando sui dettagli.

Perché questo è un altro punto fondamentale: Laura Boldrini è una femmina. Certo: la sua carica istituzionale, la sua biografia (aver lavorato per l’Onu con i rifugiati) e le sue recenti prese di posizione (in difesa delle Ong impegnate nel Mediterraneo) l’hanno messa al centro della scena. E, in un Paese improvvisamente incattivito, le hanno procurato ostilità. Ma tra ostilità politica e linciaggio personale c’è una grossa differenza, ci sembra.

«Lo farò anche per incoraggiare tutti coloro — specialmente le nostre ragazze e i nostri ragazzi — che subiscono insulti e aggressioni verbali a uscire dal silenzio e denunciare chi usa internet come strumento di prevaricazione (…) Ai nostri figli dobbiamo dimostrare che in uno Stato di diritto chiunque venga aggredito può difendersi attraverso le leggi», conclude la presidente della Camera. È così. O meglio: speriamo che sia così.

Ora tocca alla polizia postale e, soprattutto, alla magistratura. Se le norme attuali non consentono d’intervenire rapidamente — ma ne dubitiamo — introduciamone di nuove. Se Facebook e le altre piattaforme non collaborano, obblighiamole a collaborare. In quanto alla rete, non preoccupiamoci. Su internet ormai sta la maggioranza degli italiani, e la maggioranza degli italiani lo capisce: così non si può andare avanti.

«Il calore e il sostegno che finora mi sono giunti da più parti, fuori e dentro la rete, mi hanno spinta a non temporeggiare oltre», conclude Laura Boldrini, cercando solidarietà. Possiamo non condividere una sola delle sue idee politiche. Possiamo trovarla più o meno simpatica. Ma oggi abbiamo il dovere di sostenerla in questa iniziativa. Domani potrebbe capitare a noi. Anzi, a qualcuno è già capitato. Ha dovuto ingioiare la rabbia e abbassare la testa .

FONTE: Beppe Severgnini, CORRIERE DELLA SERA[1]

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  1. CORRIERE DELLA SERA: http://www.corriere.it/

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/08/93933/