Terremoto a Ischia, due morti sono troppi

Terremoto a Ischia, due morti sono troppi

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ISCHIA. C’era quella gialla, quella arancione, quella azzurra, ora sono tutte grigie, il colore delle case crollate. Grigio il tavolo, grigio il cuscino, grigi i vestiti nell’armadio al numero nove di via Montecito. Dove Casamicciola si arrampica sulla montagna e ruba uno spicchio di panorama a Lacco Ameno c’era una casa e adesso ci sono macerie. Nessuna vittima, non qui. C’è l’agitazione dei soccorsi e c’è la polvere delle stragi intorno a questa piazza che i turisti e gli ischitani conoscono per una pizzeria e non certo per il devastante terremoto del 1883. Ma c’è un bilancio da tragedia contenuta. Due morti, in pochi metri: Lina Balestrieri travolta accanto alla sua Citroen da enormi calcinacci di una piccola chiesa, santa Maria dei suffragi, e Marilena Romanini schiacciata dal crollo dell’unica palazzina che è venuta giù completamente.La stessa dalla quale sono usciti salvi madre, padre e tre figli durante una lunga notte finita solo ieri all’una del pomeriggio, quando dalle macerie è venuto fuori Ciro, undici anni, tenuto in vita per sedici ore da un letto a castello. Questa parte dell’isola d’Ischia è conosciuta come “il purgatorio”.

Ciro lo vediamo nella sua stanza al secondo piano dell’ospedale Rizzoli di Lacco Ameno, ha ferite sulla spalla sinistra e una frattura al piede, sta bene. Gli altri feriti sono sedici, uno solo trasferito a Napoli al Cardarelli con una prognosi complicata. Dove c’era la casa della famiglia Toscano c’è un’automobile grigia coperta da pietre e mobili di compensato, un materasso, un cuscino che dev’essere stato rosa, una finestra, pali di ferro, il motore di un condizionatore, controsoffitto, soffitto, tegole e sopra le tegole tre carabinieri e tre vigili del fuoco. I vigili del fuoco nella notte hanno scavato una galleria, i medici hanno stabilizzato i ragazzi e gli hanno dato da bere. Ciro aveva la testa e un braccio liberi, ma il resto del corpo sotto le pietre. Per tirarli fuori c’è voluto più tempo, alla fine hanno dovuto tagliare il materasso che li ha salvati. La palazzina era di due piani, diventati tre.

NON C’È PIÙ LA CAMPAGNA a piazza Maio, dove si veniva per gli orti ma una casa dietro l’altra, una casa sopra l’altra, pensioni, alberghi, un centro shiatsu. Il terremoto è arrivato con un rombo, era già buio in cielo ed è saltata la luce. Alle 20.57 Ciro sente la scossa e raggiunge Matias, il fratello di sette anni, si stendono sul letto di sotto nella loro camera, al buio. La madre Alessia è in bagno e si salva uscendo dalla finestra, è incinta. Il padre Alessandro lo aiutano i vicini, il piccolo Pasquale di sette mesi lo tirano fuori i primi soccorritori nella notte. Matias e Ciro passano la notte abbracciati, parlano con i soccorritori.

IL SINDACO DI CASAMICCIOLA Giovan Battista Castagna è un ingegnere e spiega ai giornalisti che non c’è nessun abuso. O che gli abusi non c’entrano: «La casa di mia sorella, perfettamente in regola, neanche una finestra condonata, è distrutta». Dice il capo della protezione civile Angelo Borrelli che abusive o in regola le case erano costruite con «materiali scadenti». Edilizia povera, e prima ancora che povera veloce: il tetto da tirare su in una notte. Nelle fratture delle case vedi legno e pietroni di tufo che pendono. Senti architetti che ti spiegano che il problema è la sabbia di mare, che ha dentro il sale, o il cemento al risparmio. Ma a chi ha perso la casa e dev’essere allontanato a forza dalla zona rossa niente spiega perché la distruzione ha colpito solo qui, in poche decine di metri. Un terremoto di quartiere. Con l’epicentro da un’altra parte. L’onda, dicono i geologi dell’istituto nazionale, è arrivata dal mare al largo di Forio. Chi l’ha sentita mentre si preparava alla cena l’ha avvertita sotto i piedi, su e giù, sussultoria. «Come l’anno scorso», giura Alessandro, gestore dell’hotel Tusculum, tra i calcinacci. «L’abbiamo sentita sotto i piedi, è questa montagna qui che ha fatto il botto, altro che mare». L’anno scorso, 31 agosto, solo paura, alla stessa ora, come il 5 giugno del 2011. Avvertimenti continui.


LE CASE DEL TUFO VERDE strappato al terreno vulcanico che è la ricchezza dell’isola, le sue terme radioattive. Il fatalismo: «La chiesa che è crollata è stata ricostruita subito dopo il terremoto dell’Ottocento e ha resistito tutto questo tempo, che c’entra l’abusivismo?» chiede il sindaco Ferrandino. Ma la tettoia che è venuta giù è molto più recente. In quel terremoto morirono più di duemila persone. E c’era un ragazzo di diciassette anni che, anche lui, dovette resistere per ore sotto le macerie della pensione villa Verde. Era Benedetto Croce.

ENZO FERRANDINO, sindaco di Ischia porto, il comune più grande, lo trovi tra le macerie che rilascia interviste, vuole spiegare che la situazione sull’isola è tranquilla: abbiamo spiagge piene e alberghi con prenotazioni confermate, questo allarmismo servirà solo a rovinarci la stagione. Al porto di Ischia, però, come a Casamicciola, abbiamo visto le file di auto caricate in fretta, valigie e biciclette sul tetto. Andavano via. Ma l’isola è grande e la storia di questa sciagura di quartiere la sentiamo raccontare nei bar, pieni all’ora dell’aperitivo. L’eroismo dei vigili del fuoco, il coraggio di quei bambini.

LA TENDOPOLI allestita dalla protezione civile resta semivuota. I duemila sfollati di Casamicciola hanno quasi tutti trovato un letto in casa di parenti e amici. Un centinaio di persone potrebbero aver bisogno delle tende, dice il sindaco Castagna, mentre accetta dal vescovo l’offerta di una cucina da campo; al tramonto però vediamo solo tre bambini che corrono in un campo sportivo troppo grande per loro. Ci arriviamo attraversando la pineta e le fondamenta della caserma della Forestale, costruzione pubblica e abusiva, l’hanno dovuta fermare.

NELLA NOTTE tra lunedì a martedì anche l’ospedale Rizzoli era stato dichiarato inagibile, sgomberato. I pazienti sulle barelle nel parcheggio, un’infermeria improvvisata sulle scale. Alle due di notte, nella notte del terremoto, è arrivata una donna di Casamicciola in cinta per la terza volta, la paura le aveva fatto accelerare le contrazioni. Prima che i vigili del fuoco consentissero di ritornare dentro, per lei i medici hanno corso il rischio e hanno riaperto la sala parto. Alle due e quarantacinque del mattino è nata Angela. Sta molto bene.

FONTE: Andrea Fabozzi, IL MANIFESTO



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